Gruppo Folk "Quartiere Villanova" | Cagliari


STORIA DELL'ASSOCIAZIONE

Il Gruppo Folk “Quartiere Villanova” di Cagliari prende il nome da uno dei più antichi quartieri della città, che ha tenuto fino ai giorni nostri le più antiche tradizioni cagliaritane. Si costituisce nel 1976 come aggregazione di giovani accomunati dalla stessa grande passione per folklore e da una precisa volontà di recupero delle proprie radici. Con tale convincimento venne impostata un’analisi approfondita sugli usi, costumi e tradizioni popolari della città e del suo hinterland, dando vita nel 1980 con alla riproposizione della celebrazione del matrimonio secondo l’antico rituale in costume cagliaritano.

L’attività folklorica trova il suo momento di massima realizzazione nei balli di piazza e nelle sagre paesane dove convergono, ancora oggi, espressioni proprie della tradizione religiosa e sociale della Sardegna in una atmosfera di fedele riproposizione storica. Il gruppo di ballo alterna negli spettacoli l’uso dei ricchi costumi della Cagliari del ‘700-’800 proponendo il repertorio rigorosamente tradizionale delle antiche danze dell’Isola, accompagnate dal suono arcaico delle “launeddas” e dell’organetto diatonico. Il Gruppo folklorico è inoltre membro della I.O.F.A. (International Orgazization of Folk Arts) e del F.I.T.P.(Federazione Italiana Tradizioni Popolari) patrocinati entrambi dall’ UNESCO; pertanto il suo impegno è richiesto per rappresentare l’Italia e la Sardegna nelle più importanti rassegne di folklore, sia livello regionale che nazionale ed internazionale.


ABBIGLIAMENTO FEMMINILE

L’abbigliamento femminile si articola in tre fogge. Quello di “Sa panettera” (colei che fa il pane) è l’abbigliamento delle popolane cagliaritane. Nonostante l’estrazione popolare, è sorprendente la cura e la raffinatezza del suo abbigliamento, quasi un’antitesi tra l’essere e l’apparire. L’ostentata sontuosità dell’abito che indossa rivela l’importanza di questa figura d’imprenditrice nell’economia cittadina. Sull’ampia gonna di raso di seta azzurro (fardetta) poggia un delicato grembiule di tulle ricamato (deventali). Sulla camicia di cotone e il giubbino di raso nero (gipponi) viene drappeggiato uno scialle di tulle ricamato o di seta (muncadori a perra) che, incrociato sul petto, è adornato di preziosi gioielli tipici della tradizione orafa campidanese. Dai lobi delle orecchie pendono orecchini in perle scaramazze arrecadas a mura, le dita delle mani sono ornate di numerosi anelli, regalo dello sposo assieme agli altri gioielli, come corredo nuziale. Una scriminatura divide i capelli trattenuti da una cuffia di seta (cambusciu) sulla quale poggia una mantiglia rosso porpora ornata da una gala di pizzo a fuselli in filo d’argento (mantiglia arrand’e pratta).

Su Bistiri ‘e Andiana si indossava per le occasioni del quotidiano: funzioni religiose, visite o altre attività svolte fuori dalle mura domestiche. Prende il nome dal tessuto di cotone stampato utilizzato per confezionare la gonna (gunnedda de andiana). Il grembiule e il giubbino di quest’abito possono avere gradazioni cromatiche e tessuti differenti; di colore scuro o chiaro, di seta o di cotone secondo l’età e il gusto di chi lo indossa. Uno scialle s’incrocia sul petto. L’acconciatura prevede che i capelli siano raccolti in un gran fazzoletto di stoffa di forma triangolare (su turbanti), su cui poggia un fazzoletto di filo al quale è sovrapposto uno scialle che può essere in Tibet di lana con o senza ricamo floreale monocromatico o ancora dalle tinte scure con importante bordo colorato. Adornano la figura numerosi e vistosi gioielli.

Su Bistiri de seda ha la gonna in seta, di qualunque colore. Foderata in tessuto rigido poggia sulle svariate sottogonne che conferiscono alla figura la classica forma a campana. Sulla testa la cuffia, il fazzoletto e uno scialle di seta damascata con frangia. L’oreficeria completa l’eleganza di questo abito: il vistoso pendente del collo su pendentiffu, la spilla sa broscia.


ABBIGLIAMENTO MASCHILE

L’abbigliamento maschile presentato dall’associazione è quello di Su Carradori, colui che con il suo carro di buoi trasportava derrate alimentari e persone per la città. Ancora oggi su carradori, in occasione della Festa di Sant’Efisio, accompagna il cocchio dorato col simulacro. Sostanzialmente molto simile agli altri costumi cagliaritani presenta una vistosa differenza per il farsetto (sa facchina): con o senza maniche, di panno scarlatto profilato da spighetta nera, quest’ultima di seta o di velluto. Quindici metri di questa guarnizione sono cuciti intorno ai profili esterni ed alle cuciture a formare una serie di linee parallele. Le ragas, il gonnellino in panno a pieghe, è stretto alla vita con la cintura in velluto. Indossa poi una giacca nera sulla testa, un berretto scarlatto di forma troncoconica, somigliante al fez di uso comune nell’area mediterranea.

Un’altra figura è quella di Su Carrettoneri. Camicia e calzoni sono bianchi, di tela neri sono il gonnellino ed il corpetto in panno o velluto a doppio petto. Unica nota di colore, segna la vita una fusciacca rossa sa fascadroxa. Sul capo poggia una berritta di panno nero. E’ importante sottolineare che l’abbigliamento maschile prevedeva anche l’utilizzo di una sopravveste senza maniche di pelle, su collettu, finemente decorato con fregi e allacciato da ganci d’argento.

L’abito festivo di Su Piscadori è composto da una camicia di cotone, chiusa da bottoni in filigrana. Indossa un gilet in tessuto di seta operato o ricamato chiuso sul davanti con una fitta bottoniera in filigrana. I pantaloni sono di panno rosso a tubo stretti in vita da una fusciacca, di colori e materiali differenti, che avvolge più volte la vita facendo ricadere su un fianco le sue frange. La giacca, a doppio petto, decorata da una duplice fila di piccolissimi bottoni, è di pesante panno nero o blu. Infine un alto berretto di panno rosso è calzato sulla testa. A completare l’abbigliamento il lungo soprabito (sereniccu) color caffè, ornato di passamanerie e dotato di ampio cappuccio.


CURIOSITA'

Le danze dell’associazione sono accompagnate di norma dalle launeddas e dall’organetto diatonico. Le launeddas sono uno strumento musicale a fiato policalamo ad ancia battente, originario della Sardegna. È uno strumento di origini antichissime in grado di produrre polifonia, è suonato con la tecnica della respirazione circolare ed è costruito utilizzando diversi tipi di canne. Lo strumento è formato da tre canne che possono avere diverse misure e spessore, e terminano con la cabitzina dove è ricavata l'ancia.

La fisarmonica diatonica - conosciuta col nome popolare di organetto - è uno strumento a mantice e si può definire il padre della fisarmonica, proprio perché nato prima di quest'ultima, fornito di bottoni suona contemporaneamente la melodia e l'accompagnamento.

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