Gruppo Folk "Pro Loco" | Meana Sardo


STORIA DELL'ASSOCIAZIONE

Il Gruppo Folk "Pro Loco" Meana Sardo è stato costituito nel 2009 assieme alla Pro Loco, grazie all’entusiasmo di numerosi giovani del paese che con orgoglio portano avanti la tradizione del ballo sardo meanese.


ABBIGLIAMENTO FEMMINILE

L’abito tradizionale di Meana si mantiene integro come vuole la tradizione ottocentesca, sia per l’abito femminile che per l’abito maschile. "Sa unnedda de obalci” è confezionata nel pesante tessuto di lana (orbace) prodotto in loco e tinto con erbe naturali da cui si ricavano le diverse varianti di colore: ruggine, granata, rosso scarlatto, ma anche marron e nero per la variante vedovile. È confezionata nella classica forma a campana, data dall’unione di dieci gheroni di forma trapezoidale che formano dieci pieghe. Vengono raccolti nel punto vita posteriore da una fitta plissettatura, "sa tentura", con fili policromi in seta. Il davanti è un pannello liscio.

Completa la gonna “Sa cinta de obalci”, confezionata sempre in orbace nelle tonalità della gonna. Di forma trapezoidale è molto ampia e di lunghezza pari a un terzo della della gonna. È bordata da un’alta fascia di seta nelle diverse tonalità del celeste, fermata con una lavorazione ad ago in filo di seta a punto erba o punto catenella. Gli esemplari più recenti si presentano anche con la fascia in fantasia floreale. È arricciata in vita fermato da un cordolo in broccato di seta blu o verde. Viene chiusa da una catena d’argento detta “sa ganceria” a maglia semplice negli esemplari giornalieri e finemente lavorata in quelli festivi. Pendono dalle estremità due nappine realizzate a mano con fili di seta policromi.

"Sa camisa" è confezionata in lino prodotto in loco di manifattura assai semplice ma molto arcaica. Fa parte delle cosiddette camicie lunghe, ossia unite nella parte inferiore da un tessuto più grosso che anticamente era il lino, sostituito in seguito dalla tela di cotone. Presenta sul collo due aperture davanti e dietro per il classico doppio uso. Trattiene la fitta plissettatura del collo un abile ricamo di precisione ad ago e si chiude con due asole dove vengono inseriti i bottoni in lamina d’argento. Lo stesso tipo di ricamo è presente sui polsini chiusi con bottoncini di filo fatti a mano.

"Sa palabascia”, negli esemplari festivo e nuziale il tessuto è il broccato di seta blu, verde o porpora. Nella foggia giornaliera e da lutto viene invece usata la seta operata. Di dimensioni ridotte, privo di maniche, lascia scorgere le ampie maniche della camicia in lino. Si chiude in avanti con “su coldonittu” ritorto a mano che ritroviamo anche pendente dai bottoni delle camicie. Viene bordato con nastri di seta plissettati e attaccati a mano rifiniti a punto erba. Tre ricami a raggiera sono presenti anche sul lato posteriore chiusi con tre coccardine all’altezza delle spalle e una centrale.

“Su cippone de is festasa”, di misura assai ridotta quasi a voler mettere in evidenza il punto vita. Le maniche sono lunghe e strette e si evidenziano delle brevi aperture in corrispondenza dei polsi. Gli elementi anteriori sono anch’essi ridotti, in modo da mettere in evidenza l’ampio petto femminile come da tradizione arcaica. Il tessuto principe per la confezione è il broccato con base in seta in diverse tonalità; quelli più antichi ricordano il porpora, il blu scuro e il verde. L’interno è foderato in broccatello di raso è bordato in seta rossa in tutti i profili e nastri di chiusura. Negli esemplari più lussuosi chiude l’indumento una gancera in argento.

“Su cippone de ogna dia” Il tessuto utilizzato per la sua confezione è il panno di lana rosso scarlatto. Presenta dei piccoli tagli sull’orlo inferiore, rifiniti con dei ricami ad ago dai colori alternati blu e giallo. Sui lembi anteriori sono presenti nove occhielli fatti a mano e anch’essi rifiniti con fili alternati blu e giallo. I lembi anteriori come i polsi sono rifiniti con una striscia di seta nera. Viene generalmente indossato aperto, ma si può chiudere con un cordoncino nero. Nei ceti sociali più poveri era utilizzato anche in occasione nuziale.

“Su cippone e ildone”, è confezionato in panno di lana verde scuro, indossato a partire dal 1900 dalle donne più anziane. Il modello è molto corto e stretto nel busto e nelle maniche si presenta senza tagli posteriori e senza occhielli, bordato unicamente da una striscia di seta verde sui lembi anteriori e nella parte inferiore. E’ foderato da una stoffa in cotone marron scuro. Viene utilizzato solo ed esclusivamente con “su muncadore de tabacchinu”. Gli altri elementi sono gonna e grembiule, di  colore rosso rimangono invariati.

Il costume da vedova, "su dolu", è interamente nero fatta eccezione della camicia che rimane del colore naturale del lino.

Completa l’abito di Meana “su pannisceddu”, una lunga benda di lino prodotto in loco al telaio. Di forma rettangolare, la sua lunghezza può arrivare negli esemplari più antichi anche ai due metri e mezzo. E' larga poco più di una spanna(30cm). È color lino naturale che diventa bianco con il passare del tempo. Si tinge di nero per il lutto stretto e marron per il mezzo lutto. Si indossa sopra due fazzoletti: "su trubanti", usato per raccogliere la capigliatura, e "su muncadore de trempa", indossato sopra "su trubanti" e fatto passare sotto il mento, utilizzato soprattutto per proteggere la benda dal diretto contatto con il collo. Può essere indossato con i lembi ricadenti sulle spalle, o ripiegati in bella foggia fermati da semplici spilli. Nell’abito nuziale, a partire dalla fine dell’Ottocento, veniva indossato come copricapo un velo di tulle ricamato in sostituzione alla classica benda. L’abito di Meana non presenta gioielli ornamentali fatta eccezione di quelli che hanno il solo carattere funzionale.


ABBIGLIAMENTO MASCHILE

L’abito maschile è anche questo confezionato secondo la tradizione ottocentesca. La camicia, è in lino di forma arcaica molto semplice che la rende adatta alle diverse corporature. Presenta una grande apertura anteriore rifinita con asole nel lungo collo dotato di “s’arrepuntu”, ricamo che si presenta anche sui polsi e lungo la spalla. Viene chiusa con bottoni in lamina d’argento. È rappresentata anche la variante in tela tipica dell’evoluzione paesana, con ricami sulla parte anteriore paralleli ai lati dell’abbotonatura che in questo caso è di tipo moderno.

Sopra la camicia si indossa “su croppetto”, il gilè confezionato in velluto nero dal taglio antico chiuso da una doppia fila di sette bottoni a foglia o a cuore in lamina d’argento. “Su cipponeddu” è realizzato in pesante velluto nero, giacchino corto di uso giornaliero privo di colletto e cappuccio rifinito con semplice impuntura. Presenta due brevi aperture sull’avambraccio che lasciano intravedere la camicia. È un capo utilizzato nella foggia giornaliera sopra il gilè. Nell’esemplare festivo e nuziale invece viene indossato "su cappottinu", confezionato in orbace nero con cappuccio, ornato da inserti di velluto in tinta sui polsi nelle fessure delle tasche e sui lembi anteriori, valorizzati da una fitta lavorazione manuale a trapunto; privo di punti di chiusura si scorge la fodera nella parte anteriore color porpora.

Su "calzone de obalci” è anch’esso in orbace nero molto corto, presenta una semplice plissettatura uguale davanti e dietro, due piccole tasche laterali rifinite con velluto nero. Si indossa sopra "s’araga", il lungo calzone confezionato in pesante diagonale di cotone o di lino di forma arcaica. A trattenere su calzone lungo la gamba si indossano "is calzasa", rigorosamente in orbace nero con profili e risvolti in velluto. Completa l’abito maschile "sa berritta", il copricapo generalmente di forma allungata. E'
confezionata in orbace, in panno o nella più caratteristica maglia di lana. Si indossava ripiegata a metà, il modo di disporla sul capo non era mai casuale ma rispondeva a fogge tipiche che variavano anche a seconda dell’esercizio di particolari mestieri.

La cintura in cuoio, “sa brentera”, indossata nel punto vita,  ha funzione di porta polvere da sparo, si unisce ad essa un’altra cintura di forma circolare, “cartucciera”. Viene indossata talvolta l’antica cintura ricamata tipica nuorese, ma solo in ambiti nuziali e dai ceti sciali più abbienti.


CURIOSITA'

Meana Sardo (dalla parola "mediana" = “che sta al centro”), è un comune della provincia di Nuoro, nella regione della Barbagia di Belvì. Il suo territorio si sviluppa con una morfologia aspra prevalentemente collinare e montuosa, ai margini del versante sud-ovest del massiccio del Gennargentu.

Di notevole interesse artistico il tempio cinquecentesco dedicato al patrono, San Bartolomeo Apostolo, dove si intrecciano forme gotico-aragonesi e rinascimentali e, a 6 km dal paese, a 739 metri s.l.m., si erge il nuraghe quadrilobato Nolza.

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