Gruppo Folk "Is Meurreddus" | Iglesias


STORIA DELL'ASSOCIAZIONE

Il Gruppo Folk “Is Meurreddus” è nato a Iglesias 38 anni fa. Con la sua denominazione, ha sempre inteso conservare la memoria storica della tipicità degli abiti tradizionali della città e dell'area sulcitana in generale.

Il gruppo rappresenta Iglesias nelle sagre più importanti della Sardegna, quali quelle di Nuoro, Cagliari, Sassari, Muravera, Selargius. Ogni anno, come da tradizione, organizza insieme alla Pro Loco. la rassegna di gruppi internazionali “Ballo in Villa di Chiesa”.

Nel 1986 ricevette dall'Ente Provinciale per il Turismo di Nuoro l'attestato d'onore per " il notevole successo e viva simpatia".


ABBIGLIAMENTO FEMMINILE

"Is Nostradas" sono gli abiti della borghesia-nobiltà e si compongono di una gonna ampia a piegoni di seta, broccato, velluto, taffetà e stoffe damascate denominata "su Manteu". Il corpetto (“su gipponi”) di color amaranto o di raso rosso con ricami o applicazioni colorate molto eleganti, sul quale viene incrociata "sa Perra", delicato fazzoletto di seta, triangolare con frangia elaborata. Nelle maniche del corpetto bottoni d'oro o d'argento, a forma di melagrana o di mammella.

Sul capo una bellissima cuffia di raso rossa, una mantiglia bianca (o fazzoletto) "su Munkadori Bianku" di tulle o di mussola, finemente ricamato, annodato sul seno, con sopra la celebre "Mantilla" di raso azzurro e bianco (nero e bianco per le vedove). Il grembiule (“su panneddu” o “deventali”) nero o di altro color scuro, anche ricamato da una parte, di broccato o di seta o di pizzo, lungo per le donne e corto per le signorine. Una caratteristica camicia, con ampie maniche con "is Polanias", e una elegante sottogonna completano il corredo. Sono elementi particolari un ventaglio e un fazzolettino bianco ricamato.

L’abito di gala de “is Massajas antigas”, le ricche contadine o proprietarie terriere è composto dalla gonna di orbace o di lana pettinata, rossa o verde scuro, interamente plissettata a mano, denominata “Sa Mesu Grana”, di probabile origine greco–bizantina come il copricapo. Il corpetto di rossa è “Su Pannu Gottu”, ha maniche di broccato antico o dorato, impreziosito da numerosi bottoni d’oro. Un fazzoletto triangolare di seta fascia il seno mentre sul capo vengono indossati una caratteristica cuffia di raso azzurro, un fazzoletto di tulle ricamato e sopra un’ampia mantelletta di orbace o di panno bianco o celestino. Il grembiule è nero o a disegni dai colori tenui, le scarpette nere o di broccato.

“Is Massajas antigas”, quotidianamente, indossavano un grande fazzoletto arabescato a colori tenui o vivaci, detto “muccadori”. Di solito era messo sul capo come una mantiglia oppure annodato sotto il mento, sulla testa o dietro il collo. D’inverno, quando si usava “su panneddu de tanat”, sotto di questa mantella di orbace si metteva il fazzoletto arabescato, facendo arrotolare le estremità e legandole sul capo; prendeva allora il nome di “s’antocca”.

Lo scialle delle contadine e delle popolane iglesienti (poi diffusosi anche fra le nostradas e le ricche massaie), compare tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 e sostituisce “su panneddu”. I motivi sono diversi, particolarmente caratteristici: fiori, pampini, grappoli d’uva, spighe di grano, elementi tutti della cultura rurale.


ABBIGLIAMENTO MASCHILE

Gli uomini (“is meurreddus” per il colore nero dell’abito) usano un costume, differente da quello degli altri sardi. Le brache (“is craccionis de tanad”) a campana, di orbace, lunghe fin sotto le ginocchia vengono indossate su calzoni bianchi di lino o di tela. Coprono le scarpe e le gambe con “is craccias” o “crazzas” di orbace. La cintura è di cuoio lavorato artisticamente o una fascia di seta su cui stava la daga o uno spadino dalle linee eleganti.

Indossano un corpetto di panno nero, blu notte oppure azzurro con bottoni d’oro o d’argento (nell’ abito dei vedovi) di due tipi. “Is tundus”, simili a quelli femminili, più piccoli, e “is larus”, di forma piatta con un fiore o una spiga al centro.

Sul capo “sa berritta” di panno nero con una bandana arabescata rossa che si può usare anche sulla cintura. Anticamente era usato, dai ricchi proprietari, in occasione delle nozze o delle ricorrenze solenni “su sombreri”, capello di feltro nero o grigio a larghe falde, con una retina di seta nera. Altri elementi del corredo maschile sono “su serenikku”, elegante giaccone con cappuccio; “su gabbanu”, cappotto con cappuccio; “s’esti de peddi”, un’elegante giubbetta con o senza cappuccio. La camicia bianca è tipicamente iberica, come l’abito, con ampio colletto e maniche abbastanza larghe e inamidate.


CURIOSITA'

Il territorio di Iglesias fu frequentato sin dal Neolitico antico, come attestano gli insediamenti all’aperto estesi sui colli che circondano la città. Fenici, Cartaginesi e Romani, attratti dalle ricchezze minerarie, occuparono le zone costiere. Al periodo tardo bizantino o giudicale appartengono i ruderi di numerose chiese. Nella valle del Cixerri, che andava progressivamente popolandosi di villaggi sparsi, Ugolino della Gherardesca, Conte dei Donoratico e Signore della sesta parte del Cagliaritano, fondò Villa di Chiesa, menzionata per la prima volta in un documento del 1272.

Il territorio, ricco di piombo argentifero, e perciò conosciuto anche con il nome di Argentaria, vide rifiorire l’attività mineraria. In breve volgere di tempo Villa di Chiesa si sviluppò, manifestando l’esigenza di uno statuto che regolasse sia la vita cittadina, sia l’attività estrattiva delle miniere vicine: il Breve di Villa di Chiesa.

Nel giugno del 1323 le milizie iberiche sbarcarono a Palma di Sulcis puntando direttamente su Villa di Chiesa che, dopo un lungo assedio, il 7 Febbraio 1324, fu costretta alla resa. Aveva così inizio il periodo della dominazione catalano-aragonese.

Fuori le mura si segnalano la chiesa del Santo Salvatore (VII Sec.), di Sant’Antonio Abate (X Sec.). Entro le mura troviamo numerosi edifici di culto, come San Saturno (oggi Madonna delle Grazie), la cattedrale di Santa Chiara, San Francesco, chiesa della Purissima ecc.

Nel XVIII secolo, quando l’Isola entrò a far parte del Regno di Sardegna, rinacque l’interesse per l’attività mineraria e la città visse un’importante rivoluzione industriale, che ha lasciato i più grandi esempi di archeologia mineraria di tutta Italia, come Porto Flavia, la miniera di Monteponi, Sa Macchina Beccia e numerosi altri.

Tra i prodotti tipicamente ed esclusivamente iglesienti, troviamo la pastiglia, dolce di mandorle, e su mustratzeddu, focaccia di pomodoro.

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