E' stato presentato a Ovodda il libro "Poesias" di Isidoro Poddie. 

Il figlio, Renato, dopo un'introduzione riguardante la biografia dell'autore, ci propone alcune significative poesie scritte dal padre. 

 

Isidoro Poddie nasce a Tonara il 22 febbraio del 1915, terzo di sei figli; interrompe gli studi alla terza elementare; fin da giovanissimo comincia a lavorare con il padre e i fratelli in campagna, come segantino.

Viene congedato dal servizio militare nel gennaio del 36tre mesi dopo viene richiamato dal Distretto Militare di Iglesias per presentarsi alla chiamata autunnale del '36. Nel novebre dello stesso anno muore il padre. Nel Gennaio del '37 viene sbarcato da Napoli a Cadice per combattere come soldato semplice. Il regime fascista imponeva a tutti i militari la partecipazionea tutte le iniziative di guerra chi si rifiutava veniva arrestato o mandato al confino. Furono circa centomila i "volontar forzati" che il fascismo mandò aa combattere nella guerra civile Spagnola.

Isidoro Poddie nel giugno del’39, appena terminata la guerra, rientra a Tonara e riprende il suo lavoro come segantino, si sposa nel ‘46; dal ‘56 spesse volte viene ricoverato per problemi cardiaci, anche se non abbandona mai completamente il lavoro.

Nel periodo di riposo legge tantissimo in particolare poesie, romanzi italiani e stranieri; muore il 12 marzo 1962, all’età di 47 anni.

 

Approccio alla poetica

L’impatto del giovane Isidoro con la guerra è stato traumatico, così come per la maggior parte dei tonaresi che vi parteciparono.

Il poeta ne parla in diversi componimenti ma in particolare nella lirica Dae gherra a mama dedicata alla madre, scritta nell’agosto del ’37, dove descrive gli orrori, i lamenti, le sofferenze, il pianto, la disumanità della guerra. Particolarmente efficaci i seguenti versi:

 

Bramo a tirare sa serra,

no ando però a gherrare,

bramo sa serra a tirare,

però a gherrare non l’amo,

sa serra a tirare bramo,

non l’amo sa gherra pèro,

pro sos chi gherrant ispèro,

sa paghe bella e robusta…

 

Vile idea disumana

pelea tant’imbecile

disumana idea vile

tant’imbecile pelea

disumana vile idea

pelea imbecile tanta

ragiona in paghe santa

lassae su fagher sa gherra.

 

In Littera a frade meu, scritta nel mese febbraio del ’38, l’autore decanta la bellezza della città di Teruel prima della guerra e la distruzione dal ferro e dal fuoco del capoluogo aragonese.

 

Ite pecau, frade, ti so nende,

a bier totu cantu custu logu