Roma, 29 ago. (Adnkronos Salute) - Cresce il numero di medici specializzati che sceglie di entrare ai corsi di formazione per la medicina di famiglia. Tra gli iscritti al concorso del 2022 rappresentavano il 5%, ma è una percentuale sottostimata, perché spesso l'iscrizione specialistica nell'Albo delle Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo) non è tempestiva. Inoltre "abbiamo ragione di ritenere che stia crescendo anche una quota di medici già impiegati in altri settori che decidono di entrare nella medicina di famiglia", spiega all'Adnkronos Salute Silvestro Scotti, segretario generale del maggior sindacato di medicina generale, la Fimmg.

Secondo Scotti, sarebbe utile introdurre possibilità di carriera, per i medici, più aperte tra territorio e ospedale, anche perché è frequente che ormai i giovani medici mantengano aperta la doppia possibilità: il 32% degli iscritti al concorso per la medicina generale del 2022 aveva partecipato anche al bando per la borsa di specialistica.

"E' in atto un fenomeno che definirei di 'controtendenza' - continua- con la crescita di medici già specializzati che scelgono la nostra professione. Non si tratta di grandi numeri ma di una tendenza molto indicativa". Un fenomeno che probabilmente "è legato anche al fatto che l'ospedale e la dipendenza dal Ssn, in questa fase, sembrano essere meno attrattivi che in passato. Credo si cerchi, scegliendo la medicina generale, anche una maggiore autonomia organizzativa, professionale. Questo anche considerando l'aumento della componente femminile della professione e la ricerca di un'organizzazione dei tempi più autonoma, rispetto ai tempi ospedalieri che sono più limitanti per gli impegni familiari".

Elementi che alcuni casi specifici sembrerebbero avallare. "Ci sono storie personali - aggiunge Scotti - che vanno in questa direzione come quello di una collega anestesista in un importante ospedale che ha fatto il concorso di medicina generale. Questo perché si pensa a una professione più gestibile in autonomia".

Tutto questo evidenzia come "probabilmente, dovrebbe essere rivista tutta la formazione post laurea per creare una situazione più dinamica, più fluida tra le diverse aree professionali".

Insomma fare in modo che tra le carriere non ci siano recinti insormontabili, "permettendo ai professionisti prospettive di cambiamento nel corso della propria vita professionale. E fare quindi in modo che si possano riconoscere le competenze maturate, sul territorio o in ospedale, tra le figure. Con una maggiore possibilità di evoluzione dei percorsi professionali. Anche sul piano pratico - conclude il segretario Fimmg - questo permetterebbe al medico dell'ospedale che vive il territorio di capire meglio come funzionano le cure primarie e viceversa. L'integrazione tra i due 'mondi' dovrebbe essere potenziata su diversi piani, anche per quanto riguarda le carriere".