Dortmund

Accadde oggi. Il 4 luglio 2006 Grosso e Del Piero stendevano la Germania

Germania Italia 0-2. Riviviamo momenti, sensazioni e protagonisti di quella notte magica

Accadde oggi. Il 4 luglio 2006 Grosso e Del Piero stendevano la Germania

Di: Giammaria Lavena


Quattordici anni sono ormai trascorsi da quella sera. Italia - Germania storicamente è molto più che una partita di calcio: un confronto fra culture, una battaglia di nervi, un fenomeno di massa. Corsi e ricorsi storici hanno visto, fino a quella notte, gli azzurri imporsi sempre sugli "acerrimi nemici". Notti europee e mondiali, sfide epiche rimaste negli annali e nella memoria di chi le ha vissute e le ricorda ancora.

"El partido del siglo" è una definizione entrata nel immaginario collettivo come appunto la partita più emozionante del secolo passato: era il 17 giugno del 1970 e allo stadio Azteca di Città del Messico, l'Italia trionfava sulla Germania Ovest per 4-3, in una semifinale mondiale senza precedenti, per contesto e protagonisti.

Sei campionati mondiali e quattro europei. E' questo il biglietto da visita alla vigilia della sfida fra Germania (padrona di casa in quell'edizione), e Italia, il 4 luglio del 2006. Si gioca a Dortmund, in un "Westfalenstadion" gremito, la posta in gioco è altissima. Gli azzurri arrivano all'appuntamento dopo una scalata entusiasmante, culminata col secco 3-0 rifilato all'Ucraina di Andriy Shevchenko. Sono giorni frenetici per la nazianale, e per il movimento calcistico italiano più in generale. Lo shock del caso "Calciopoli" coincide con l'avvio della spedizione azzurra, sulle spalle dei giocatori e del c.t. Marcello Lippi una grande responsabilità: riabilitare l'immagine del calcio italiano.

Ci sono tutti i presupposti per assistere ad un'altra sfida leggendaria: da una parte i tedeschi arrivano spinti dall'entusiasmo del pubblico di casa, e possono contare su grandi giocatori, su tutti Klose, Ballack e Podolski; dall'altra gli azzurri si presentano all'appuntamento forti di una consapevolezza crescente, un reparto difensivo fino ad allora impeccabile, ed un attacco ricco di fuoriclasse: a campioni affermati come Totti, Del Piero ed Inzaghi, si affiancano centravanti nel pieno della maturità come Toni, Gilardino e Iaquinta.

In un clima misto di tensione ed entusiasmo, ha inizio il match. Sugli spalti evidente la superiorità numerica dei tedeschi, ma sono tanti gli italiani (in gran parte immigrati residenti in Germania) accorsi a supportare i ragazzi quella sera. Per l'occasione Lippi schiera un 4-4-1-1, con Zambrotta Materazzi Cannavaro e Grosso davanti a Buffon, al centro Pirlo e Gattuso coadiuvati da Camoranesi e Perrotta, Totti a supporto di Toni, unica punta.

La partita è fin da subito molto intensa, le squadre in campo sono ben messe e gli attaccanti fanno fatica a rendersi pericolosi. E' l'Italia che alla mezz'ora si fa avanti con Toni, ma senza successo. Coi minuti esce fuori la Germania, che costringe Buffon a qualche intervento importante, ma i primi 45 minuti scorrono senza troppe emozioni, si va a riposo in sostanziale equilibrio. Nel secondo tempo i tedeschi, forse scossi dal c.t. Klinsamann durante l'intervallo, entrano in campo più decisi: prima Klose e poi Podolski mettono in seria difficoltà la retroguardia azzurra. L'Italia palleggia e gestisce, senza affondare, in attesa del momento giusto per colpire. A una ventina di minuti dal termine dei 90' i tecnici effettuano i primi cambi, fra le file azzurre esce Luca Toni, rilevato da Gilardino. E' Perrotta nel finale, imbucato da Totti, a rendersi pericoloso dalle parti di Lehmann, senza riuscire però a concludere. Termina 0-0, si andrà ai tempi supplementari.

Il fattore psicologico gioca un ruolo sempre più importante: i tedeschi speravano di poter chiudere il match nei tempi regolamentari. La responsabilità di vincere una partita, giocata in casa, contro i rivali di sempre, si fa sentire crescentemente; inizia ad aleggiare lo spettro di un'ennesima beffa. Dal canto loro gli azzurri, col passare dei minuti, prendono sempre più confidenza col campo, la squadra è ben organizzata e si presenta ai tempi supplementari con certezze sempre più radicate.

Rinizia la partita, e fin da subito si capisce qual è la squadra che proverà a vincerla nei trenta minuti restanti. Al 1' Gilardino, ricevuta palla, si incunea in area e sterza di colpo cogliendo la difesa impreparata, calcia sul primo palo, e, a Lehmann battuto, la palla si infrange sul legno: è la scossa che serviva alla squadra. Passano solo sessanta secondi quando, dopo un angolo di Pirlo, la difesa tedesca respinge corto, sulla palla si avventa Zambrotta che scarica una sassata a botta sicura, ma è la traversa stavolta a negare la gioia ai ragazzi di Lippi. Nel frattempo al 103' è entrato anche Alex Del Piero. E' sul finale del primo tempo supplementare, quando la Germania sembrava subire il gioco avversario, che Podolski spreca una grande occasione, colpendo male da posizione ottimale. 

In un clima surreale si va al break, gli schemi sono saltati e tutto può succedere, la stanchezza accumulata sulle gambe e la tensione aprono a scenari imprevedibili. Dopo una manciata di secondi si riprende, con gli ultimi 15 minuti, che, per molteplici episodi, entreranno nella storia del calcio. Il primo si verifica al 6' col solito Podolski, che anticipa Cannavaro e raccoglie tutte le forze rimaste per colpire di testa: visto a rallenty sembrerebbe essere il preludio al gol che manderebbe i tedeschi in paradiso, a velocità naturale c'è giusto il tempo per ammirare la prodezza di Buffon, che con un riflesso sovrumano smanaccia sopra la traversa. E' una sentenza, un'infusione di coraggio, un segnale chiaro per gli avversari: "No, qua non si passa".

Da questo episodio si giunge inevitabilmente a quello che, per lo sport italiano, è uno dei momenti più rappresentativi della storia recente: al 118' Pirlo ha ancora la freschezza per calciare dalla distanza, costringendo il portiere tedesco a deviare la conclusione in angolo. Dalla bandierina va Del Piero, sguardo in area e palla al centro, la difesa respinge e la palla arriva sui piedi di Pirlo; per tutti gli uomini sul campo è un'azione confusa, frenetica. Per il regista azzurro no. Ferma il tempo per un attimo, controlla, ragiona, visualizza con gli occhi dietro la testa. Il 21 attira su di sé le maglie tedesche, al momento giusto trova il varco invisibile e, libero in area, riceve palla Fabio Grosso. Il terzino, nel momento più delicato della sua carriera, nella partita più importante della sua vita, trova la conclusione perfetta, la palla segue una traiettoria magica e si infila sotto il sette. Esplode la gioia azzurra, Grosso, dopo aver realizzato, corre all'impazzata in lacrime, facendo segno di "no" con la testa e il dito, in quella che rimarrà l'immagine più iconica della spedizione azzurra in Germania. Assalito dai compagni si lascia andare a terra, lo stadio è ammutolito.

I secondi successivi scorrono con i padroni di casa che tentano invano l'assalto, al 120' Cannavaro recupera palla in gran stile e avvia il contropiede azzurro, la palla giunge a Gilardino, che attende e con la coda dell'occhio serve l'accorrente Del Piero. Il 7 azzurro si ritrova defilato in area davanti a Lehmann, e col suo marchio di fabbrica trafigge il portiere tedesco: 0-2, apoteosi. In campo esplode la festa, negli spalti i tedeschi in lacrime, nelle piazze d'Italia milioni di tifosi in giubilo.

In una calda notte di mezza estate l'Italia trionfa ancora sulla Germania, e strappa il ticket per la finale. A distanza di anni sono tanti i ricordi di quella sera. Immagini, sensazioni e aneddoti di quei momenti rimarranno per sempre scolpiti nella memoria. 

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