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La saponificatrice di Correggio: storia della serial killer Leonarda Cianciulli

Appassionata di magia, amava cucinare dolci e creare saponette utilizzando i cadaveri delle persone che uccideva

La saponificatrice di Correggio: storia della serial killer Leonarda Cianciulli

Di: Alessandra Leo


La storia. Gli inquietanti particolari sulla storia di Leonarda Canciulli, conosciuta come la “saponificatrice di Correggio”  sono stati resi noti al pubblico grazie al memoriale scritto proprio dalla donna stessa, su cui sono sorti però numerosi dubbi in merito all’autenticità.

La Cianciulli infatti era arrivata solo fino alla terza elementare e risulta difficile credere sia stata in grado di scrivere un’autobiografia di oltre 700 pagine. Forse gli avvocati che la difendevano durante il processo utilizzarono lo scritto per alleggerire la posizione dell’imputata? In ogni caso si tratta di uno dei fatti di cronaca nera italiana che più ha suscitato attenzione, fascino, mistero, rabbia e brividi.

Perché Leonarda Cianciulli era la classica casalinga, “brava” madre di famiglia, che si poteva avere come vicina di casa, con cui scambiare quattro chiacchiere in giardino o al mercato, di cui chiunque si sarebbe fidato, eppure ciò che ha fatto fa letteralmente accapponare la pelle, ma partiamo dall’inizio.

La vita prima degli omicidi. Leonarda Cianciulli nacque in un piccolo paese dell’Irpinia, Montella, nel 1894, dall’unione di un allevatore e di una vedova, anche se secondo alcune fonti sua madre la concepì tramite una violenza sessuale e per questo fu considerata sempre una “figlia indesiderata”.

La sua infanzia non fu certo facile e felice: da bambina, come racconta lei stessa nel memoriale, soffriva di epilessia e tentò per ben due volte di suicidarsi, anche se i familiari e i vicini di casa riuscirono sempre ad impedirglielo.

Nel 1917, a 23 anni, si sposò con un uomo che la sua famiglia non accettava in quanto avrebbe voluto un matrimonio “più conveniente” con un parente stretto. Per questo motivo, sua madre, secondo la Cianciulli, la maledisse il giorno della vigilia delle nozze, data in cui le due troncarono ogni rapporto e in cui si pensa ci possa essere una stretta connessione con il futuro da serial killer di Leonarda.

I tanto amati figli. La maledizione di sua madre, secondo la donna, avrebbe portato alla morte prematura ben 13 figli, di cui tre aborti spontanei e 10 morti in culla.

Solo grazie all’intervento di una maga locale, sempre secondo il memoriale, Leonarda riuscì ad avere altri quattro figli, tre maschi e una femmina, a cui si legò in modo morboso, quasi per proteggerli dalle maledizioni della madre.

Nel 1930, in seguito al terremoto di Volture, la famiglia si trasferì da Lauria, dove la donna era conosciuta come ribelle, incline alla millanteria e alla truffa (finì addirittura in carcere per aver raggirato una contadina del posto facendosi consegnare denaro e beni preziosi) a Correggio, in provincia di Reggio Emilia, dove era molto benvoluta.

Amava preparare dolci che offriva soprattutto a tre donne che spesso ospitava in casa: si trattava di persone sole, non più giovani e insoddisfatte della propria vita.

Legatissima al figlio primogenito, quando scoppiò la guerra iniziò ad avere terrore che venisse chiamato al fronte e quindi decise, in particolare dopo l’apparizione in sogno di sua madre che “chiedeva sangue”, che dovesse assolutamente fare qualcosa per impedirlo. Avvicinandosi sempre più alla magia, si auto convinse che i sacrifici umani avrebbero impedito la chiamata al fronte del figlio prediletto.

Gli omicidi. Dal 1939 al 1940 misteriosamente sparirono nel nulla le tre donne che Leonarda invitava a casa e nel 1941, grazie alla cognata di una delle tre che denunciò la scomparsa al questore, iniziarono le indagini.

Nessuno sospettava di una donna alta 1,50 che pesava 50 chili, neanche quando le indagini sui rapporti interpersonali delle tre donne sparite portarono, dopo tanti giri, alla Cianciulli.

Le donne erano state uccise tutte da Leonarda e fu lei stessa a confessarlo, svelando i particolari poco alla volta e facendo letteralmente accapponare la pelle a tutti i presenti durante la confessione.

Soprattutto furono i dettagli a far rabbrividire: la Cianciulli disse che fece sparire il cadavere della prima donna tramite saponificazione e di averne gettato i resti nel canale di Correggio, mentre si era letteralmente divorata le altre due. Fece anche una battuta rivolta al giudice che lasciò tutti a bocca aperta: “Se vuole essere mangiato anche lei, sono pronta a divorarlo..”.

La prima vittima. La prima a finire nel calderone maledetto della Cianciulli fu la più anziana delle tre, Faustina. Inguaribile romantica e analfabeta, a 70 anni credette a Leonarda quando le disse che le aveva trovato marito a Pola.

Con l’inganno e facendosi giurare che non avrebbe detto nulla, l’attirò a casa sua e la convinse a firmare una lettera da mandare alle amiche una volta arrivata a destinazione, e una delega per gestire tutti i suoi beni in sua assenza. Immediatamente dopo, uccise l’anziana a colpi di ascia per poi sezionare il cadavere e raccogliere il sangue in un catino.

Come la Cianciulli scrive nel suo memoriale: “Gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica che avevo comprato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi e che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno, lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, impastando il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe e io” (Giuseppe era uno dei figli di Leonarda).

La seconda vittima. La seconda donna che finì nelle grinfie della Cianciulli fu Francesca, maestra d’asilo a cui Leonarda promise un “più allettante” posto in collegio a Piacenza.

Come da copione, si fece giurare di non riferire nulla e invitò Francesca a casa sua per farle firmare delle cartoline che la donna avrebbe spedito ad amici e parenti una volta arrivata a destinazione, oltre la documentazione per poter disporre dei suoi beni, che puntualmente vendeva per tenersi il ricavato, e poi la uccise come aveva fatto con Faustina.

Mandò il figlio Giuseppe a Piacenza a spedire le cartoline al posto di Francesca ma, si scoprì solo in seguito, la donna non aveva tenuto la bocca chiusa come Leonarda le aveva fatto giurare, infatti aveva parlato della “novità lavorativa” con una vicina di casa. Eppure nessuno la cercò: la donna scomparsa finì nel dimenticatoio e venne aggiunta alle centinaia di persone che in quegli anni sparivano a causa della guerra.

La terza vittima. La terza donna assassinata dalla Cianciulli fu Virgina, ex soprano di successo che vantava un curriculum di tutto rispetto, avendo recitato in opere di Mozart, Puccini e Verdi.

A lei Leonarda promise un irrinunciabile posto di lavoro a Firenze e si ripeté lo stesso copione delle prime due vittime. Anche stavolta la promessa di non dire nulla a nessuna fu infranta dalla vittima poco prima di recarsi verso il luogo del delitto.

La terza vittima fu, da ciò che riporta il memoriale dell’assassina, la preferita di Leonarda, il corpo ideale per il malefico progetto che la donna aveva in mente: “Finì nel pentolone, come le altre due, ma la sua carne era grassa e bianca: quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce”.

Tutti i dolci e le saponette che che l'assassina preparava con i resti delle sue vittime furono offerti e graditi a vari conoscenti della donna: tutti si complimentavano con lei per le prelibatezze che preparava e qualcuno le disse che in quel particolare periodo i pasticcini e le torte da lei preparati fossero addirittura più buoni del solito.

Il processo. Leonarda Cianciulli terminò di confessare ogni suo omicidio nel 1946 a Reggio Emilia e, mentre l’accusa collegava i crimini esclusivamente ad una grande avidità di denaro e beni materiali, lei era determinata a far credere di aver ucciso le tre donne perché era l’unico modo per non perdere i propri figli, visto che la madre le aveva chiesto di versare sangue in sogno”.

Qualcuno, in tribunale, non credette che la donna, così minuta, avesse agito da sola, e per provarlo, durante il processo venne condotta di nascosto in obitorio dove riuscì a smembrare un cadavere in appena 12 minuti con seghe e coltelli, dimostrando quindi che i tre crimini li avesse tranquillamente svolti tutti in solitaria.

Ritenuta colpevole dei tre omicidi, del furto delle proprietà delle vittime e del vilipendio dei cadaveri, con un referto di seminfermità mentale , venne condannata a tre anni di manicomio criminale e a 30 di carcere, non considerando la premeditazione un’aggravante visto che la giurisprudenza di allora la riteneva incompatibile con la seminfermità mentale.

Che mi importa se la legge mi condanna? Che mi importa dei 30 anni in prigione? Io ho fatto tutto questo per i miei figli, solo una brava madre come me può comprendere. Se qualcuno di voi dovesse perdere 13 figli come è successo a me, farebbe la stessa cosa che ho fatto io” disse.

La Cianciulli, una volta entrata in manicomio, non è più uscita. Morì lì nel 1970 per apoplessia cerebrale e venne sepolta in una tomba per poveri nel cimitero di Pozzuoli, dove finì nell’ossario comune cinque anni dopo, visto che nessuno ne aveva mai reclamato la sepoltura.

Una suora del carcere la ricordò così, in modo dolce amaro: “Malgrado gli scarsi mezzi di cui disponevamo preparava dolci gustosissimi, che però nessuna detenuta mai si azzardava a mangiare. Credevano che contenessero qualche sostanza magica”.

Dal 1949, gli strumenti utilizzati dalla Cianciulli per uccidere e far sparire i corpi delle vittime sono conservati al Museo criminologico di Roma.

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