Cagliari

Crisi del Porto Canale. Caminera Noa: “Ennesimo atto di sudditanza della Regione al Governo italiano”

Gli attivisti: “Una presa in giro nei confronti dei lavoratori sardi”

Crisi del Porto Canale. Caminera Noa: “Ennesimo atto di sudditanza della Regione al Governo italiano”

Di: Antonio Caria


“Si dice che il Porto Canale di Cagliari sia in grave difficoltà anche perché, rispetto a quando è nato, i tempi e il contesto economico, negli anni, siano via via cambiati: oggi il mercato se lo spartiscono quattro grandi gruppi, penalizzando le realtà più piccole: se prima arrivavano 3 navi al giorno oggi se ne vedono massimo 2 alla settimana”.

Lo rimarcano, in un comunicato, gli attivisti di Caminera Noa, che aggiungono: “Anche per questo, dopo che già da aprile c'era stato sentore di cambiamenti nefasti, il 17 giugno 210 operai sono stati inseriti nella procedura di licenziamento collettivo dalla Cagliari international container terminal (Cict), l’azienda che dal 2003 gestisce lo scalo sardo e che fa parte della Contiship Italia”.

A loro modo di vedere “Non si comprende però come mai la Contiship continui a sostenere che, riguardo il Porto Canale, il problema sia riconducibile al fatto che il transhipment (trasbordo) sia un settore in crisi, e nel contempo annunci di continuare a sviluppare il terminal di Tangeri, definendolo "centrale" nel Mediterraneo, palesando così le vere intenzioni della strategia aziendale: eliminare la Cict una concorrente temibile, a scapito del Porto Canale di Cagliari e di tutta la Sardegna.Una contraddizione che maschera un chiarissimo conflitto di interessi”.

“Inoltre – ribadiscono gli attivisti – la crisi si è fatta sentire maggiormente con l'uscita di Hapag Lloyd, un'azienda tedesca che era uno dei clienti più importanti di Porto Canale, ma che da aprile ha preferito il porto di Livorno”. 

“Le conseguenze della crisi del Porto Canale – aggiungono – non coinvolgerà solo i dipendenti della Cict, infatti nell’indotto che gira intorno allo scalo operano altri 140 operai, più 350 persone che si occupano dei contratti di spedizione, gestione dell'entrata delle navi in porto, pratiche doganali, pulizie ecc.Se il Porto Canale si bloccasse completamente 600 persone si troverebbero disoccupate”.

“Così i lavoratori – sottolineano da Caminera Noa – hanno organizzato assemblee e sit-in, ci sono stati degli incontri infruttuosi con il governo colonialista di Roma, troppo occupato a fare leggi repressive, anche nei confronti di alcune classi di lavoratori, e tutto ciò succedeva nella totale indifferenza da parte di tutta la politica Regionale, la precedente con la Giunta Pigliaru e l'attuale con la Giunta Solinas”.

“Alla fine – questa la loro denuncia – è arrivata comunque la mannaia del "piano di risanamento della Cict", mentre i lavoratori avevano chiesto un piano di rilancio o almeno la cassa integrazione di 12 mesi, ma per l’avvio della Cig occorre la risposta positiva della stessa Cict”.

“Ora che i buoi sono scappati – scrivono gli attivisti – e che tutti sanno cosa sta succedendo a Roma, l'Assessore regionale al Lavoro lunedì 26 agosto ha fatto un incontro tra sindacati dei lavoratori del Porto Canale e Regione, che ha prodotto, come unico risultato, l'organizzazione di un  un sit-in a Roma il 29 agosto e nel caso in cui, “non ci dovessero essere interlocutori nei ministeri” gli uscenti  Luigi Di Maio e Danilo Toninelli (come se non si sapesse già che le cose stanno così!), i rappresentanti dei lavoratori e la Giunta si rivolgeranno al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella”.

“Caminera Noa – concludono – ritiene che questa pantomima, sia una presa in giro nei confronti dei lavoratori sardi e l'ennesimo atto di sudditanza che la Regione Sardegna mostra nei confronti del Governo italiano, considerando che, riguardo Trasporti e Lavoro la Regione ha competenza concorrente (o ripartita perché suddivisa fra Stato e Regione) e competenza di integrazione ed attuazione ( che consente alla Regione di emanare norme che colmano eventuali lacune delle leggi statali o di adattare tali leggi alle sue particolari esigenze), perciò anche se non ha competenza primaria, può comunque proporre soluzioni, attivare programmi ed coprire vuoti legislativi”.

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