Il Corriere della Sera, con il giornalista Marco Imarisio, analizza i discorsi del leader del Cremlino e fa un compendio delle parole da lui più utilizzare nelle ultime tre settimane.  “Ogni volta fa terra bruciata. Quasi sempre con le stesse parole, che non cambiano mai, e non lasciano spazio a compromessi o speranze”.

DENAZIFICAZIONE “Lo declina in tanti modi diversi, e lo usa sempre. Secondo Putin, l’Ucraina è una nazione governata da nazisti, che attentano alla vita della popolazione filorussa del Donbass, quindi va depurata, denazificata. È un modo per cercare una legittimità storica all’invasione in corso”.

BANDA DI DROGATI “Nella cosmogonia di Putin, non esiste insulto peggiore. Neppure «pedik», il termine dispregiativo riservato agli omosessuali che il presidente utilizza spesso. Quando il 25 febbraio, dopo la prima notte di bombardamenti, si rivolge ai militari delle forze armate ucraine invitandoli a prendere il potere, perché «con voi sarebbe più facile trovare un accordo che con questa banda di tossicodipendenti e neonazisti», sta mettendo Volodymyr Zelensky e il governo di Kiev al livello più basso della sua personalissima scala evolutiva. Il disprezzo di Putin per i tossicodipendenti si riflette sui metodi disumani usati nei loro confronti in Russia, dove peraltro l’eroina è una piaga sociale. Il metadone è quasi illegale, e le terapie si ispirano alle cure psichiatriche del primo Novecento”.

PULIZIA “Si tratta di un nuovo arrivo. E non riguarda l’Ucraina. Mercoledì sera Putin ha parlato delle necessità di fare pulizia a casa propria, distinguendo i veri patrioti dai bastardi e dai traditori. Ieri mattina il suo fedele portavoce, Dmitrij Peskov, ha rifinito il messaggio. «Molti stanno mostrando la loro essenza: sono traditori. Svaniscono dalle nostre vite. Alcuni lasciano il lavoro, alcuni lasciano il servizio attivo, alcuni lasciano il Paese e si trasferiscono all’estero. Alcuni commettono reati e vengono puniti dai tribunali. È così che la Russia viene purificata». Mosche, etc. I presunti traditori, ovvero coloro che cercano di lasciare la Russia, non sono persone. Vengono definiti come moscerini, da sputare e schiacciare come quando entrano in gola. Si chiama disumanizzazione del nemico. Putin la usa da sempre. Boris Berezosvky, l’oligarca ribelle che fuggì a Londra, dove si suicidò nel 2013, era «un verme», l’imprenditore dissidente Michail Khodorkovsky invece «un agnellino capace solo di belare». Mai esseri umani. Sono nemici, quindi animali o insetti”.

REGIME BANDERISTA “Putin ripete spesso che Kiev si trova sotto «un regime banderista». È uno degli insulti più comuni che riserva ai governanti ucraini, ripetuto il 25 febbraio, il 3 marzo e altre volte, e uno dei più misconosciuti da noi. Deriva da Stepan Bandera, fondatore dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini, collaborazionista, criminale di guerra, complice del massacro di migliaia di ebrei polacchi e di decine di soldati dell’Armata rossa. A Putin non sfugge certamente il fatto che Bandera fu assassinato nel 1959 a Monaco di Baviera da un agente del KGB russo. Anzi.”

DIFESA “Può sembrare sorprendente, per il resto del mondo che lo considera come l’aggressore. Ma è il vocabolo più utilizzato da Putin durante le sue apparizioni pubbliche, almeno così ha stimato il Levada Center, uno dei pochi centri studi indipendenti russi. Perché «giustifica» la cosiddetta operazione militare speciale e tutto quel che ne consegue. Dietro questa parola si cela un punto fondamentale della strategia di Putin. Le minoranze russe fuori dai confini nazionali diventano un pretesto per rivendicare l’unità della nazione. Anche se la guerra del 2014 nel Donbass non è mai stata spiegata a dovere, perché il Cremlino sosteneva di non essere coinvolto, il sottotesto era ben chiaro. Difendere i russi. Anche se nessuno li minaccia. E mantenere così la Russia in uno stato di eccitazione patriottica permanente.”

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