Varsavia

“Green Pass? No grazie, andiamo a vivere in Polonia”

I due giovani si raccontano anonimamente confermando la paura di esporsi con idee differenti rispetto alla maggior parte della popolazione

“Green Pass? No grazie, andiamo a vivere in Polonia”

Di: Ilaria Cardia


Chiara e Francesco (utilizzeremo due nomi di fantasia) si raccontano e spiegano come è cambiata la loro vita negli ultimi mesi. 

Incominciamo con la domanda al centro del tema, perché avete scelto di non vaccinarvi?

Francesco: “Il motivo più importante, sicuramente non molto condiviso dal resto delle persone, è che uno Stato non può avere le prerogative per imporre qualcosa (in questo caso il vaccino) in tali modi.”

Quindi se non fosse stato imposto lo avreste fatto?

“Nella prima fase della vaccinazione esisteva la libertà di scelta (per me apparente). Mi fece molta paura la proposta di un vaccino come strumento di riscatto e ritorno alla normalità, quando la normalità e un certo livello di dignità e diritti umani, il cittadino, li deve poter godere a prescindere da qualsiasi condizione. Quindi, questa paura, mi fece desistere quando ancora la gente era libera di poter scegliere. Da quando poi è entrata in vigore l’obbligatorietà è diventato ancora più importante opporsi alla vaccinazione e a tutte le misure d’incoraggiamento. In definitiva, io non mi oppongo perché esso è obbligatorio ma piuttosto perché le forme dell’obbligatorietà non sono accettabili in uno stato di diritto.           Chiara è pienamente d’accordo con Francesco e aggiunge: “Ho perso totalmente la fiducia nelle istituzioni. Troppa confusione nell’informazione e nelle notizie. Purtroppo, più passa il tempo e più me ne convinco perché è sempre peggio: ogni misura adottata pare il recupero messo in atto per rimediare alla precedente.” Francesco tiene a specificare che: “Il problema inizia prima dei vaccini. Tutti quelli contrari ai modi adottati per la campagna vaccinale sono gli stessi che criticavano il modo di affrontare il problema Covid. Esse sono persone come noi due, ossia (mi permetto di dire) persone con una certa sensibilità etica che si sono spaventate nel momento in cui gli è stato detto che la normalità è negoziabile. Cioè la libertà non può essere messa in pausa oppure che sia negoziabile in attesa o in cambio di qualcosa. Tutto questo è orribile ed è iniziato prima dei vaccini.”

Qual è stato il punto di rottura con l’Italia?

Per Chiara: “Quando in Italia ho perso la possibilità di fare le cose più concrete e che appartengono ai miei diritti come, ad esempio, lavorare e costruire il mio futuro. Non accetto che mi venga posta una condizione sull’articolo uno della costituzione. Nella mia scelta ha inciso molto la violazione della libertà. Ho capito che dovevo andar via quando anche le piccole cose sono state messe in discussione. Per di più non sempre si riesce a incontrare persone che abbiano lo stesso pensiero e tutto questo mi ha portato a decidere di cambiare aria.”

Parli di persone, esse hanno avuto lo stesso peso delle nuove linee del governo nella tua scelta?

“Si! Raramente mi sono sentita capita. Ho visto troppe persone pensarla come me per poi sapere successivamente che avevano deciso di vaccinarsi.” Francesco interviene: “Forse è stata indotta o forse c’è un po’ di predisposizione alla base, ma nella popolazione l’argomento Covid è il solo e supremo nella quotidianità e questo non è così facile da trovare altrove. Qui in Polonia la responsabilità è affidata al singolo cittadino e non alla collettività. Mi spiego meglio: hai presente il momento in cui ti si abbassa la mascherina o entri distrattamente in un locale senza? Le persone non hanno un atteggiamento ammonitivo. Sono molto più rilassate, in Italia purtroppo non è così, c’è troppa pressione sull’argomento. Tra l’altro in Polonia l’opinione pubblica non è polarizzata esclusivamente sul discorso Covid. Si parla della questione della Bielorussia, di migranti, della diatriba della Corte Costituzionale polacca e l’Unione Europea, per cui il Covid è un argomento tra i tanti ma non è l’unico argomento. Io non credo che in Italia non ci siano argomenti di altrettanta importanza, ma nonostante tutto non hanno la stessa risonanza.”

La cosa, per voi, più grave che è stata detta o fatta dal governo Draghi? 

“Se dovessi scegliere, penso le restrizioni sul lavoro. Tralasciando il discorso politico e costituzionale, il lavoro è fonte di sopravvivenza e sostentamento. Le misure previste sono state la cosa peggiore anche perché se le vecchie restrizioni (e parlo dei vari Look down o i colori delle regioni) possono sembrare peggiori come impatto traumatico nella tua vita, in realtà sotto il punto di vista del rispetto della persona umana, sono state molto peggio le restrizioni discriminatorie inerenti al green pass.” Chiara aggiunge: “Per me, oltre questo appena detto, anche tutto il discorso legato ai bambini e agli adolescenti. Il governo non ha tutelato la loro infanzia e spensieratezza; fa ridere che nell’ultima conferenza stampa, il Ministro dell’Istruzione e il Presidente del Consiglio, hanno sottolineato più volte che la salute psicofisica dei bambini sia una loro priorità e mi chiedo: con quanta credibilità si possono affermare certe cose in uno Stato che ha permesso il maggior numero di restrizioni sullo sport, il maggior numero di giorni di coprifuoco e tutto quello che conosciamo bene? Ora, la volontà di mantenere la scuola e tutte le attività aperte fa pensare che sia un ulteriore metodo per condurre le persone a vaccinarsi; con le scuole e le attività chiuse il green pass non avrebbe ragione di esistere.”

Perché avete scelto proprio la Polonia?

Con prontezza prende la parola Chiara: “Conoscevamo già Varsavia e avevamo stretto dei legami con dei polacchi che ci hanno sempre aggiornato sulla situazione del Paese. Dopo aver sentito l’esigenza di andare via è stato automatico pensare alla Polonia.”

Qual è stata la prima cosa che avete fatto, una volta arrivati, che in Italia non potevate fare?

Francesco, con un grande sorriso, dice: “Siamo andati in ristorante. Una cosa normale, al quale ci eravamo disabituati e che lì ci è parsa addirittura come una stranezza.” 

Lì avete trovato delle restrizioni?

Naturalmente niente di paragonabile alla situazione in Italia. Si deve utilizzare la mascherina nei luoghi chiusi ma molte leggi non vengono rispettate o vengono rispettate parzialmente e la coppia ci spiega perché: “Qui non si parla di disobbedienza civile, ma piuttosto di obbedienza civile. Le restrizioni sono state introdotte con una semplice ordinanza del ministero della salute (come ne fanno tante anche in Italia con i DPCM) – spiega Francesco - e non hanno un fondamento giuridico per essere applicate e quindi alla fine a partire dal più piccolo esercente per arrivare, ad esempio, al colosso Mc Donald non fanno rispettare le norme perché  non possono. Qui in Polonia c’è un impianto di stato di diritto, di alcuni principi fondamentali della democrazia come quello della gerarchia delle norme. Se l’ordinanza introduce delle restrizioni che sono incompatibili con principi superiori, come i diritti costituzionali, non vengono applicate dalle aziende e rispettate dai cittadini.”

Una cosa che vi manca dell’Italia?

Chiara non ha incertezze: “Gli affetti, il cibo e poi la calorosità italiana. Qui a Varsavia le persone sono molto silenziose, apparentemente fredde e tutto scorre molto silenziosamente. È un forte impatto non sentir fiatare una mosca ad esempio sulla metro. Questo fa parte del loro modo di essere molto diverso da quello italiano. E ci manca il clima mite, qui il freddo è molto rigido.”

È previsto un vostro rientro?

“No, abbiamo deciso di restare qua almeno finché non verrà abolito il green pass o abolite alcune norme che consentano la libertà e i diritti fondamentali.” Francesco è invece più categorico: “Io non so se ci saranno mai i giusti requisiti che mi possano far tornare in Italia, quindi per ora non ne vedo ragione. E poi mi ha fatto molta paura il comportamento adottato dagli italiani: un misto tra panico e obbedienza cieca. Se sono successe determinate cose nel nostro Paese è accaduto anche per merito della popolazione. Senza il consenso non vai da nessuna parte. Il governo ha marciato dove il popolo gli ha spianato la strada.”

Sulla base di quest’ultimo presupposto, secondo voi, cosa avrebbero dovuto fare tutte quelle persone che non avrebbero voluto vaccinarci, ma l’hanno fatto sentendosi costrette dalle restrizioni attuate?

Francesco non ha dubbi: “Ci sono tante persone che sono finite nella trappola, ma considerando i rapporti di forza sono pochissime, o per lo meno non sono state abbastanza. In tanti si sono sentiti costretti e senza alternative, ma il governo ha utilizzato come scudi umani tutte le persone che hanno aderito precedentemente spianandogli la strada” Chiara aggiunge: “Sarebbe bastata un po’ di collaborazione e coesione e molte restrizioni non sarebbero state attuate. Ma quando il governo è arrivato alle restrizioni più rigide la partita era già chiusa per merito delle persone che hanno aderito all’idea di questa società perché gli piaceva. E se hanno aderito gli piaceva”.

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