Olbia

Storie di chi ha vinto contro il Covid, Gavino Minutti: “Quanta sofferenza”

Il consulente d’impresa gallurese ha fatto rientro a casa, ma ha raccontato, come una sorta di stralcio, dal ‘diario di bordo’, cosa si vive e si vede col Covid, al Mater di Olbia

 Storie di chi ha vinto contro il Covid, Gavino Minutti: “Quanta sofferenza”

Di: Alessandro Congia


Poco più di 20 giorni “scafandrato”, letteralmente protetto per colpa del Coronavirus, con un casco col quale riusciva a respirare, il calore umano di medici e infermieri, in lotta continua contro quel maledetto virus. Leggete il bellissimo post di Gavino Minutti, che ha deciso di scrivere parole toccanti, dettate dal cuore, di chi ha vinto, come in questo caso, la dura 'battaglia' contro il nemico, il virus, ma se l’è vista davvero brutta. 

“L’indicibile umanità dolente in un reparto Covid. Quanta sofferenza! Dal povero cristo fuori senno che non sa sopportare il male, al ragazzone con il soffio al cuore dal sorriso toccante che ha appena ricevuto un piccolo gesto d’affetto. Un vecchio vorrebbe avvicinarsi all’ultimo mistero anzitempo per paura di tornare alla solitudine della sua casa. Non manca perfino il negazionista che mena fendenti ai sanitari, rei di volergli salvare la vita. La mente sgangherata dall’ideologia, il cervello in ipossia per il rifiuto dell’ossigeno e delle cure, vittima prescelta del grande complotto astrale che vorrebbe incatenare la sua libertà di vomitare addosso a chi vuole lo sciame di virus che contiene in corpo.
C’è anche l’altra umanità, che nei momenti difficili tira fuori il bello e il buono, distribuendo le sue residue energie di quel poco che è rimasto. Forza e dedizione che non manca mai ai sanitari, solleciti nel somministrare terapie e attenzioni, elargiti con garbo e affetto, più di quanto non dicano i loro mansionari, pur sapendo che nessuna scheggia di quell’amorevole conforto finirà in busta paga. Medici pronti all’ascolto quanto alle domande, vitale come l’ossigeno e la mistura di farmaci che potranno ridarti la vita, se poi potrai dire: “ce l’ho fatta”! 
Ti senti graziato, quando ti riaccompagnano a casa e c’è già chi ha preso il “tuo” letto, prima ancora che ti allontani. Hai imparato a conoscere chi arriva in quel reparto. Come ci sei arrivato tu, con i polmoni lacerati, gli occhi bruniti dalla febbre e il corpo che brucia nella carne viva. Al virus non basta, però, solo la tua carne, subdolo com’è. Ha intenti ancora più bellicosi. Vuole altro. Vuole fare male alla tua mente. Vuole colpire più forte che nel sangue che arde. Vuole trascinarti nell’ignoto, nella solitudine che angoscia e inquieta, dove tutto è incerto e la tua vita interiore più debole del corpo percosso. Il tuo spirito e la tua mente sono più forti, se provi a interrogare il tuo oracolo, disterrare le risorse che custodisci. A resistere.
Così l’ultimo giorno è concluso. Il ventunesimo, tra l’umanità dolente del reparto Covid del Mater Hospital ponendo fine, che io ricordi, alla più dura esperienza vissuta.
Il ritmo della marea monta, poi si ritira. Ogni cosa ha ripreso il suo posto e la sua sembianza. Il grande calderone che trasfigura le immagini, ha segnato il passo. Ora sono a casa travolto da mille emozioni e affetti, ad aspettare sereno l’esito di un tampone negativo, e la rifioritura delle cosmee della prossima stagione”.

(Immagine tratta da Fb) 

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