In Sardegna più di una ragazza su quattro non studia, non lavora e non segue nessun percorso formativo. Nell'isola, prima della crisi sanitaria, il 22% dei minori viveva in povertà relativa. E' quanto si apprende dai dati di Save the Children, resi pubblici nell'undicesima edizione dell'Atlante dell'infanzia a rischio, nel focus "Con gli occhi delle bambine".

Nel Paese circa un milione e 140mila ragazze tra i 15 e i 29 anni rischiano, entro la fine dell'anno, di ritrovarsi nella condizione di non studiare, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione, rinunciando ad ogni tipo di aspirazione per il futuro.

Un problema col quale nell'Isola deve convivere il 28,4% delle giovani, contro il 27,1% dei coetanei maschi. Percentuale che, seppur alta, si allontana notevolmente dai picchi del 40% in Sicilia e in Calabria, ma, allo stesso tempo, dista anche da quella delle regioni maggiormente virtuose, come il Trentino Alto Adige. Inoltre quasi uno su cinque dei nostri giovani (il 17,8%) abbandona la scuola anzitempo, ben al di sopra della media nazionale, che segna un tasso di dispersione scolastica del 13,5%.

In Sardegna il 27,7% dei giovani rientra nella categoria dei Neet, cioè di coloro che non studiano, non lavorano e non investono nella formazione professionale, anche in questo caso numeri al di sopra della media del Paese (22,2%). Le giovani sarde "Neet" sono il 28,4%, contro il 27% dei maschi. 

Nell'Isola inoltre il 22% dei minori vive in condizioni di povertà relativa. Tra le province sarde sono Nuoro (14,5%) e Sassari (14,3%) quelle con la percentuale più alta di minori sul totale della popolazione, seguite da Cagliari (13,9%).