In Sardegna

Andrea Scanzi infiamma Cagliari con “La Sciagura”

L'autore torna nell'isola dopo i grandi successi di “Renzusconi” e “Il cazzaro verde”

Andrea Scanzi infiamma Cagliari con “La Sciagura”

Di: Enrico Bessolo


Berlusconismo, renzismo, cazzaro verde, contismo e conticidio, governi tecnici, pandemie… e quando pensavamo di averle viste proprio tutte, ecco piombare la sciagura: un governo di scappati di casa.

L’autore-mattatore Andrea Scanzi torna nell’isola con un'unica replica, presso il Teatro Massimo di Cagliari. Che, in poco tempo, ha registrato il tutto esaurito.

Due ore di fervore e pulsione civile durante le quali Scanzi sviscera e analizza il fenomeno del governo Meloni, partendo dalle origini fino alle attuali prospettive (più o meno rosee!).

“Se l’hanno eletta qualche dote la avrà” è l’idea di fondo, che porta Scanzi a documentarsi, addirittura a leggere i libri di Giorgia Meloni (ai quali è sopravvissuto!) e a disporre le tessere del puzzle di indignazione. Perché se è vero che ha vinto presentandosi come una novità al governo, è altrettanto vero -a detta dell’autore- che sia il leader più vecchio della terza repubblica.

Si parte dalle dichiarazioni su Mussolini fatte, a un giornalista francese, da una Giorgia 19enne (“È stato un buon politico. Quelli che ha fatto l’ha fatto per l’Italia”) per poi cercare di capire la weltanschauung, la visione del mondo della premier.

Che, tra la stima per Reagan e la Tatcher, vorrebbe essere come Papa Giovanni Paolo II e si rivede nell’hobbit tolkieniano Sam Gamgee, senza particolari talenti ma indispensabile per il compimento della missione; affermazione che nasconde un profondo significato e consapevolezza se pensiamo che Tolkien disse che “sono le piccole mani che avrebbero cambiato il mondo”.

Il duca-Scanzi nostro ci conduce dunque nell’esplorazione del Pantheon: il luogo dove ogni individuo mette i suoi miti. E lo fa con un sottofondo musicale non casuale, “Salviamo sto paese” (scritta da Giusto Pio e Franco Battiato per Giorgio Gaber).

Nel Pantheon di Scanzi troneggiano Fenoglio, Pertini, Springsteen e i Pink Floyd. In quello della premier, Almirante, Fini (poi in realtà rimosso perché voleva una destra moderata), Berlusconi -immancabile-, Putin, il premier ungherese Orban, il presidente argentino Milei e due figure controverse: Elsa Fornero (osteggiata e al contempo votata) e Ruby Rubacuori (votata al parlamento, su direttiva berlusconiana).

Dal ricordo di Paolo Borsellino (ignobilmente citato da questi governanti che con lui nulla c’entrano) alle canzoni di Gaber e Guccini (che Meloni ama, ma di cui evidentemente non ha capito nulla) si passa all’analisi dei disastri perpetrati alla RAI (ai quali, invero, nessun governo di destra o di sinistra è stato immune) -simboleggiati da una sostituzione di Amadeus con Pino Insegno e con la proposta, fatta da Ignazio La Russa, di una lezione sulle foibe durante Sanremo… tenuta da Umberto Smaila!-.

Un altro primato, unico nella storia, dell’attuale capo di governo è l’aver mantenuto attiva la querela avanzata contro Luciano Canfora, per l’affermazione “neonazista nell'anima”. Ci andò vicino anche Massimo d’Alema quando querelò un vignettista, ma una volta premier la ritirò. E ora, toccherà a un imparziale giudice decidere se abbia ragione un novantenne -sia pure marxista- o una signora che, dettagli, è la donna più potente d’Italia.

La serata volge alla conclusione e Scanzi si chiede quale consiglio lui può lasciarci, dopo l’analisi della schiera di ministri-statisti (Lollobrigida, Nordio, Piantedosi, Valditara, Bocchino, Donzelli, Sangiuliano, Sgarbi, Santaché -ministro indagato per truffa ai danni dello Stato che rappresenta- e come ciliegina Pozzulo -cacciato da Fini e perfino dalla Lega-) e dei relativi disastri. In virtù dei quali, forse, si può affermare -come Marco Travaglio- che questo governo non è fascista, essendo il fascismo una cosa seria, a differenza degli attuali governanti.

Ecco che Andrea Scanzi confessa di non avere certezze ma solo dubbi, che è venuto a regalarci perché ci vuole bene e ci vuole portare a mettere in discussione le radicate certezze, uscendo dalla bolla, da quello chrecla psicologia la chiama confirmation bias; scopriremo che quello che a noi sconvolge e indigna, ad altri piace o, addirittura, lo ignorano!

Perché l’italiano medio quando va a votare sceglie di pancia, non ha idea di cosa sia la questione morale, le inchieste di Ranucci, non si indigna per le bugie. E l’opposizione non è riuscita ad intercettare il voto dei rassegnati e dei delusi dalla politica.

Due sono, dunque, le strade possibili: la prima è il disimpegno. Ci abbiamo provato ma l’Italia è insalvabile e irrecuperabile, dunque ci rifugiamo nella casa in collina di pavesiana memoria e pensiamo al privato.

Ma col proprio spettacolo e con la propria attività, Scanzi vuole farsi promotore di una seconda strada, che si articola in tre stazioni: informarsi, per conoscere e capire la realtà e difendersi dalle angherie dei potenti; conseguentemente, indignarsi, cosa positiva perché ci rende battaglieri e carichi di voglia di cambiare; e, infine, lottare e resistere alla rassegnazione.

“Basterà? Forse no, è solo un sogno. Ma attenzione ai sogni! Perché, come diceva Victor Hugo: non c’è niente di più forte di un sogno per costruire, per edificare… il futuro!”.

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