Cagliari

Franco Mussida a Cagliari: due giorni tra concerto e masterclass

Grande affluenza al Teatro Massimo per il fondatore della PFM

Franco Mussida a Cagliari: due giorni tra concerto e masterclass

Di: Enrico Bessolo


La vita senza la musica sarebbe un terribile errore diceva il filosofo Arthur Schopenauer.

Pur non essendosi mai potuti incontrare, la stessa filosofia è perpetrata da Franco Mussida, classe 1947, virtuoso della chitarra nonché tra i fondatori del celebre gruppo Premiata Forneria Marconi.

Il weekend appena trascorso lo ha visto protagonista di due eventi presso il Teatro Massimo: venerdì 9 febbraio in concerto con la sua band e sabato 10 febbraio nei panni di relatore della masterclass “Dove ci porta il mondo del suono e della musica”.

Gli appuntamenti sono stati organizzati da Accademia del Pop, con la direzione artistica di Massimo Satta -anch’egli virtuoso musicista isolano- in collaborazione con Sardegna Concerti. La stessa squadra ha curato diversi appuntamenti di rilievo per il panorama musicale sardo: due concerti (15 e 16 gennaio, che in poco tempo han registrato il tutto esaurito) della PFM in occasione dei 45 anni dell’album PFM canta De André, un entusiasmante viaggio tra musica e parole dal titolo “Se stasera siamo qui”, con protagonisti Alessandro Preziosi e Mogol -curatore anche della successiva masterclass sull’evoluzione dell’interpretazione pop- e ben tre giornate di masterclass sul canto, con concerto finale, a cura di Laura Valente (moglie di Pino Mango e storica voce dei Matia Bazar).

Nel concerto di venerdì, l’ex frontman della PFM ha presentato il suo secondo lavoro da solista dal titolo “Il Pianeta della Musica e il viaggio di Iòtu”. Si tratta di un concept album di 13 brani interamente composti da Mussida, che ne ha curato anche la simbologia e la copertina. Un viaggio interiore che l’artista compie con uno strumento nuovo dal suono unico, generato da una chitarra classica baritona che apre a linguaggi ed espressività particolari. Una chitarra speciale progettata per unire il mondo del soul-blues al pop e a quello classico.

Il protagonista è Iòtu, un bambino il cui nome è espressione di due forze: quella di un Io egoico, asociale, che rivendica uno spazio tutto per sé, e quella di un Tu altruista che, al contrario, vorrebbe donarsi pienamente al mondo. Iòtu intuisce fin da piccolo magia, ruolo e poteri del Pianeta della Musica, e naviga così idealmente in quel cielo emotivo con la sua piccola barca sospinta dal vento del suono, tracciando nelle tredici tappe del suo percorso esistenziale rotte che lo spingono verso una più lucida coscienza emotiva. I tredici brani rappresentano il suo diario di bordo, riporta ricordi, riflessioni, osservazioni del presente e si fa domande sul futuro. Attraversa i comuni continenti emotivi della fermezza, della calma contemplativa, della nostalgia-malinconia, fino alla gioiosità, all’entusiasmo, pure intenzioni emotive che in quel cielo vibrano all’unisono con quelle generate dal Pianeta della Musica.

Nella masterclass di sabato il pubblico ha potuto apprezzare un Franco Mussida intimo, una guida che -mano nella mano- lo ha accompagnato attraverso la propria visione del suono e della musica. Il Maestro esordisce, tra il fiero e il commosso, dicendo che da ben 35 anni collabora anche con progetti per i detenuti di varie carceri italiane e per recupero dalle tossicodipendenze

 La musica -a prescindere da forme, generi, culture o etnie- è la fortuna dell’uomo ed ha un potentissimo potere benefico: nel suo essere linguaggio universale ci insegna che la nostra struttura emotiva è uguale! Attenzione: ognuno di noi è unico ed irripetibile poiché la declina a proprio modo, ma se comprendiamo che c’è un elemento di uguaglianza affettiva -e magari ce ne facciamo diffusori- ecco che il pregiudizio, la prepotenza e tutti i sentimenti negativi (tra cui la tendenza al crimine) scompaiono. E ci sentiamo tutti abitanti dello stesso pianeta. Una riprova di ciò è il fatto che detenuti di nazionalità anche molto diverse (Italia, Nigeria, Europa dell’est), davanti ai vari stimoli musicali proposti da Mussida, hanno reagito nella medesima maniera, le loro strutture emotive erano uguali e dialogavano reciprocamente, con la musica come cuore pulsante della vita.

Le tossicodipendenze, inoltre, sono tentativi di ricerca di altri mondi attraverso una sostanza stupefacente. Ma non servono le droghe, poiché abbiamo già uno stupefacente fenomenale: la musica!

“Infatti, noi siamo esseri che vivono la lucidità della presenza di spirito con gli occhi aperti, ma al contempo sogniamo. La musica è quello strumento che durante la veglia ci consente di arrivare all’altra dimensione”.

Mussida prosegue raccontando del progetto artistico nato da un fioretto fatto il giorno della sua uscita dalla PFM: “Avevo un boschetto vicino casa. Bene, decisi di svegliarmi tutti i giorni verso le 7 e liberare quattro piante dalle edere che le stavano facendo morire. Volli inoltre cercare due quadrifogli al giorno. Se fossi riuscito a farlo per i successivi 31 giorni avrei fatto un’opera d’arte. Il Padreterno volle che per 31 giorni non piovesse e dunque nacque l’opera d’arte: 31 quadrifogli d’oro, più precisamente ceramica ricoperta di foglia d’oro, montati su gambi in ferro col simbolo musicale del sedicesimo. Ho voluto esporli alla Hernandez Art Gallery, che stava attraversando un periodo di difficoltà”. Un’azione simbolica e concettuale che lo ha aiutato a tracciare un solco tra un passato traboccante di nostalgia ed un domani da riempire di nuovi propositi.

Il percorso di ricerca e sperimentazione di Franco, che lo ha portato ben oltre il mondo dello spettacolo, è nato dalla sua percezione di stare in qualche modo usurpando il senso della musica, perché sentiva di farla senza capirci molto. L’evoluzione verso il mestiere della musica parte dal volerla capire nel profondo, di guardarla con la testa e con l’intelletto. Il musicista usa le proprie conoscenze ed il proprio impegno fisico sullo strumento (ci mette letteralmente le mani, e talora i piedi!) per entrare dentro l’essenza della musica.

In questo processo, nel 1984, è nato il CPM Music Institute di Milano, scuola di musica popolare contemporanea fondata anche con lo scopo di essere un centro di ricerca utile per le generazioni future.

Per cercare le sue sonorità fatto adattare appositamente da un liutaio una chitarra baritona che egli definisce “arca”, giacché contiene tutta la sua memoria. Non servono più i distorsori, che allungano inutilmente i suoni, né effetti elettronici che alterino le sonorità, ma al massimo il riverbero che definisce una sorta di spazio. Si può rendere tutto coi movimenti delle nostre mani sullo strumento, resi più aggressivi qualora si desiderino suoni più aggressivi… in una parola, basta… suonare!

Proprio per il ruolo e per il potere di toccare la dimensione più profonda dell’essere umano, la musica in passato era considerata una disciplina morale. Per Mussida è sbagliato limitare l’esperienza musicale ad un “codice binario” musicista-ascoltatore; tutto ciò che il passato, ogni storia è materia fondamentale di costruzione per quello che deve venire. La musica la si vive, e nel viverla la scopriamo più che inventarla. Possiamo dire che agiamo come scultori: partendo da un blocco preesistente (segnato, tra le altre cose, da chi è venuto prima di noi) ci modelliamo intorno una nostra esperienza.

Il tempo vola, e sulle sue ali volano gli spettatori, saldamente e sapientemente condotti dal poliedrico Maestro, che dà prova di una conoscenza enciclopedica e di saper integrare le discipline discutendo della teoria umorale di Ippocrate e relazionandola alla musica (ed, in primis, a sé stesso ed allo splendido rapporto con la moglie Lori, presente in sala e protagonista di diversi aneddoti e ricordi del cantautore meneghino “come quella volta che mi commossi eseguendo un assolo a lei dedicato”).

Avviandosi alla conclusione, Mussida parla del Codice Musicale, definito la musica prima della musica. Una sorta di canone diviso in cinque punti che in progressione evolvono l’un nell’altro: si parte dal timbro, stasi sonora e identità vibrante; dal movimento del flusso timbrico deriva il ritmo, che vive nel tempo. Questo movimento si organizza in sequenze monofoniche, che rappresentano la melodia. La melodia evolve in una sequenza bi-fonica: l’intervallo, che consente di vivere la musica. Infine, tutte queste strutture assieme permettono la comunicazione polifonica: l’armonia, che è l’insieme del codice, è tutto ed il contrario di tutto, è la rappresentazione -in tutte le sfaccettature- della nostra realtà.

Il suono nasce dal movimento (la famosa stasi vibrante di prima): prima di pensare alle corde musicali pensiamo alla natura: di per sé, è muta. È un potenziale di suoni, che diventano atto quando incontrano il movimento: l’acqua di un ruscello sulle pietre, il vento tra le fronde degli alberi, i versi con cui gli animali ci comunicano le loro sensazioni profonde e così via.

Qual migliore finale di un gioco delle emozioni, filo conduttore della masterclass e centro dell’attività di ricerca e divulgazione di Franco. I presenti in sala ascolteranno una serie di brani, quindi il Maestro chiederà le emozioni suscitate, che saranno scelte tra dei cartelli precedentemente distribuiti (dalla rabbia alla serenità, dall’amore alla tensione, dalla stabilità alla pensierosità). L’insieme delle reazioni degli spettatori permetterà poi di commentare e riflettere sul brano e sui meccanismi che hanno evocato le relative emozioni.

 

 

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