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Lui è cagliaritano doc, classe 1970. Laureato in Lettere moderne, ex manager, oggi Formatore professionista nel campo della Comunicazione efficace e del Public Speaking, Life e Business Coach, da tempo anche scrittore. Il suo ultimo lavoro è la poetica “raccolta di raccolte” intitolata “Ubiqua”, edita di recente da AmicoLibro, piccola casa editrice sarda che promuove nuovi autori dando loro l’opportunità di farsi conoscere e apprezzare, magari prima di effettuare il grande balzo verso l’editoria più blasonata e nota, ambito premio dei più talentuosi e arditi.
Abbiamo scambiato due video-chiacchiere con Luca in quanto affascinati dalla sua storia e, soprattutto, catturati dalla curiosità di scoprire qualcosa di più del suo percorso personale e professionale.
Buongiorno, Luca e grazie per averci concesso un po’ del tuo tempo.
Buongiorno. È un vero piacere e sono io che ringrazio voi per questa opportunità.
Raccontaci un po’ di te. Come nasce la tua inclinazione per la Formazione professionale?
Per scoprire le origini della mia passione per la Formazione, dobbiamo tornare indietro a quasi vent’anni fa. Dopo la laurea, l’esigenza di trovare una collocazione che mi consentisse di mettere su famiglia e campare in modo dignitoso, aveva acquisito la priorità, pertanto ricordo che mi misi alla ricerca di un posto di lavoro che mi consentisse di coniugare le mie passioni del tempo con un guadagno soddisfacente. Cosa più facile a dirsi che a farsi. Anche se il tasso di disoccupazione a inizio secolo non era così preoccupante quanto potrebbe esserlo al giorno d’oggi, le prospettive professionali per un neolaureato in Lettere Moderne erano ristrette a due sole possibilità: proseguire gli studi iscrivendosi alla scuola di specializzazione per futuri insegnanti o entrare nel magico mondo dei call center che all’epoca, in pieno boom dell’era Internet, era l’accogliente spiaggia alla quale tanti giovani e appassionati di tecnologia come il sottoscritto accorrevano numerosi e pieni di belle speranze destinate ad infrangersi, tranne rarissimi casi, sopra il muro della disorganizzazione e della delegittimizzazione professionale. Nonostante questo, credo che sarò sempre debitore nei confronti di quel mondo che, per quanto fosse ancora in evoluzione, mi ha consentito di imparare a destreggiarmi nei lavori successivi e che, in fondo, mi ha portato a diventare il professionista che oggi ho scelto di essere.
Cosa è successo dopo questo primo stadio della tua vita professionale?
In effetti, è proprio grazie a quella esperienza nel Customer Care, cioè l’assistenza dei clienti, durata quasi tre anni, che ho avuto accesso ad altre prospettive di lavoro più sfidanti e gratificanti, Ho lavorato per una importante azienda di telecomunicazioni dal 2001 al 2017, ricoprendo ruoli di responsabilità sempre maggiori e differenti, fino ad approdare al settore dedicato alla Formazione delle risorse. Proprio grazie a questa opportunità, ho potuto trasmettere ai miei allievi tutte le conoscenze acquisite in precedenza, contribuendo attivamente all'accrescimento delle loro capacità professionali da un punto di vista operativo e, soprattutto, focalizzandomi sul potenziamento della comunicazione e della motivazione. Inoltre, in quegli anni ho contribuito attivamente allo sviluppo di moduli didattici frontali e in e-learning, collaborando anche con società esterne. In seguito, sono entrato a far parte di una task force che si occupava dello sviluppo di un'applicazione finalizzata all'apprendimento attraverso i processi di Social Learning e gamification, un'interessante esperienza che mi ha consentito di esplorare nuovi orizzonti nell'ambito della didattica. Almeno finché è durata. Nel frattempo, mi sono innamorato del tutto della Formazione e ho scelto di percorrere una strada sicuramente difficile e non priva di pericoli, quella del libero professionismo. In quella fase della mia vita, era più forte che mai la pulsione interiore di far tesoro delle competenze acquisite fino ad allora, arricchirle ulteriormente con uno studio continuo per poterle trasmettere a chiunque. E così, nel 2017, ho salutato i vecchi colleghi e ho deciso di fondare la mia scuola (Luca Masala Passione e formazione), per creare una personale realtà formativa incentrata sulle “soft skill” tipiche del Customer Care, come la Gestione del Cliente, la Leadership o il Team building e, in particolare, specializzata in Comunicazione efficace e Public Speaking, cioè nell’arte di parlare in pubblico e conquistarlo vincendo le proprie paure. E, credimi, sono davvero in tanti ad averne bisogno.
Parliamo ora della tua attività come Coach.
Mi è sempre piaciuto ascoltare e supportare le persone nel momento del bisogno. Ti confesso che, appena lasciato il lavoro da dipendente, ho cominciato a sperimentare le difficoltà del mondo esterno e la precarietà del quotidiano. Ma non mi sono perso d’animo. Ho cominciato ad approfondire le tematiche del Life Coaching e del Counseling e ho deciso di acquisire le competenze per esercitare questo mestiere non semplice e spesso malvisto, proprio perché in tanti hanno intrapreso questa scelta professionale senza averne davvero la capacità, ma solo i titoli. Il che significa fare danni, talvolta irreparabili. Probabilmente quanto sto per affermare potrebbe rendermi impopolare, tuttavia sono fortemente convinto che per essere un valido Coach, devi prima di tutto fare i conti con te stesso, combattere le tue battaglie, riprenderti dalle sconfitte - ebbene sì, devi essere anche disposto a perdere - e solo allora sarai pronto al confronto con l’altro. Non basta studiare o fare collezione di certificazioni. Il mondo è pieno di sedicenti imbonitori che hanno come unico obiettivo quello di spillarti soldi e riempirti la testa di inutili chiacchiere. È necessario vivere sulla propria pelle determinate esperienze se si vuole diventare un punto di riferimento. E, soprattutto, imparare ad ascoltare gli altri.
Tornando un attimo al Public Speaking, chi si rivolge a te per imparare a comunicare in modo più efficace e, soprattutto, senza paura di emozionarsi troppo davanti al pubblico e in che modo sono strutturati i tuoi corsi?
Diciamo che ho avuto l’opportunità di incontrare un po’ tutte le tipologie di professionisti, soprattutto coloro che, per esigenze lavorative, hanno la necessità di stabilire un contatto più efficace con il pubblico. In effetti, il protocollo didattico che applico ai corsi non è rivolto soltanto a chi normalmente deve interfacciarsi con un’audience più o meno numerosa, ma proprio a coloro che, nella vita di tutti i giorni, vedono nella comunicazione o, meglio, nell’esigenza di comunicare in modo diretto e corretto, un aspetto imprescindibile della propria esistenza. Noi comunichiamo in ogni modo, fin dalla culla. E, come tutti sappiamo, non si comunica solo attraverso le parole. Quando vogliamo trasmettere qualcosa, un messaggio o un’emozione, entrano in gioco anche i movimenti del nostro corpo, senza trascurare il modo in cui emettiamo i suoni. Poter controllare questi fattori, gestendo l’ansia da prestazione, mettendoli insieme in un contesto virtuoso, ci rende comunicatori efficaci e ci aiuta a interagire meglio con noi stessi e con gli altri. È evidente che, nel mio modo di insegnare, è fortissimo l’influsso del Coaching. È proprio questa caratteristica che rende speciale il rapporto tra me e i miei discenti, un rapporto che va al di là dei corsi stessi. Credo che la cosa più gratificante per me sia proprio la felicità nel vedere come, durante il periodo di formazione, in ciascuno degli allievi l’apprendimento letteralmente “germogli”, in modo differente e con i giusti tempi, rendendoli persone nuove. Ma questo effetto non riguarda soltanto loro. Io stesso imparo tantissimo dalle persone che incontro, attraverso uno scambio virtuoso e costante. È proprio questa la parte più affascinante del mio lavoro. Non a caso, agli inizi della mia attività come Formatore, ho coniato quella che è diventata la frase guida della mia scuola e cioè “You learn it. We love it.” (“Voi imparate. Noi lo amiamo”). Perché senza la passione nell’insegnare, non ci può essere trasmissione della conoscenza. E dovrebbe essere proprio questo sentimento ad accompagnare sempre, chi come me, fa questo bellissimo mestiere per vivere.
Considerato che non sei il primo né sarai l’ultimo in questo campo, immagino che allo stato attuale la tua concorrenza sia agguerrita, specie da quando la quarantena ha “obbligato” le persone a restare a casa, magari davanti al PC per seguire un corso online. Una volta usciti da questo fermo biologico forzato, quale progetto ti piacerebbe realizzare nell’ambito della formazione?
Tocchi un tasto delicato. Capisco perfettamente che la via della formazione a distanza - oggi più che mai - sia necessaria, tuttavia confesso di non prediligere i corsi online come unica via, anche se, per forza di cose, mi sto adeguando a questa peculiare modalità di insegnamento. È vero, i corsi online costano meno di una lezione frontale e sono molto pratici perché li puoi seguire ovunque e con il ritmo che preferisci. Detto questo, a mio modesto parere, se non sono realizzati seguendo determinati criteri, possono risultare freddi e impersonali, a discapito della motivazione ad apprendere. Proprio per via del metodo didattico da me applicato, che prevede un totale coinvolgimento degli allievi (e non potrebbe essere diversamente, specie nel Public Speaking), contatto visivo e vicinanza emotiva sono ingredienti fondamentali dei miei corsi. Per quanto esperto comunicatore tu possa essere, la “barriera virtuale” creata dallo schermo del PC o del cellulare alla lunga può diventare un deterrente in grado di distrarre e rendere inefficace l’impegno del docente, anche quando le lezioni vengono effettuate in diretta, tramite videoconferenza. La mia convinzione è peraltro rafforzata dall’esperienza scolastica vissuta dai miei figli che, ogni giorno, vanno online per ottemperare agli obblighi della cosiddetta DAD, la “didattica a distanza”. Per quanto si impegnino a seguire i loro insegnanti, mi rendo conto che nessuno dei partecipanti (insegnanti inclusi) si trova a proprio agio in questa situazione estrema. È sempre stato così ed è un rischio di cui occorre avere la consapevolezza. Senza contare i limiti tecnologici che affliggono gli utenti dell’ultim’ora, poco abituati a barcamenarsi tra telecamere, portali, account e password. Ecco perché questa quarantena non ha decisamente favorito chi, come me, crede nel valore assoluto della formazione “dal vivo”. Voglio essere ottimista e sperare ancora con tutto il cuore che questa situazione assurda possa aver contribuito a cambiare in maniera radicale il nostro modo di pensare e che, una volta usciti da questo contesto, la ripresa lavorativa possa beneficiare della sinergia tra i vari professionisti, specialmente in Sardegna. Per troppo tempo l’economia locale è andata avanti per compartimenti stagni, per lobby, per raccomandazioni, con i più grandi che fagocitano i più piccoli, in un circolo vizioso senza fine. Per quanto riguarda la formazione per adulti, penso che la differenza verrà fatta proprio dal concatenarsi di menti creative che porteranno avanti, ciascuno con le proprie competenze e a beneficio della domanda, un progetto unico, una scuola universale in grado di far crescere a tutto tondo i propri allievi, insegnando loro un mestiere e aiutandoli ad immettersi nel futuro professionale, senza che la spesa per affrontare il percorso di studi diventi qualcosa di insostenibile. È pur vero che, oggigiorno, si parla tanto di “smartworking” che rimanda però a qualcosa di stanziale e poco dinamico. La formazione è invece dinamica, mutevole e in continua evoluzione. Se dovessi guardare al domani, nella mia testa vedrei già delle scuole multidisciplinari aperte a tutti dove non si insegni solo comunicazione e tecniche professionali più tradizionali e mirate, ma si apra la porta anche alle materie più creative, come la scrittura, la musica e l’arte. Sono convinto che le vere emozioni continueranno ad arrivarci dalla creatività e dall’innovazione. Saranno proprio queste le cose che ci aiuteranno a vivere meglio, anche nel mondo del lavoro.
A proposito di emozioni, vorrei approfondire la tua passione per la scrittura. La voglia di scrivere nasce recentemente o è qualcosa che affonda le sue radici nel tuo passato?
Scrivo da sempre, fin da bambino. In realtà, ho mosso i primi passi nel mondo artistico disegnando fumetti umoristici. I miei principali ispiratori sono stati l’immortale Jacovitti, i fratelli Origone, senza trascurare i compianti Massimo Mattioli e Carlo Peroni, insieme a tanti altri. Nonostante le soddisfazioni, ho un po’ accantonato questo mio talento - comunque mai dimenticato - per lasciare spazio ad altre opportunità legate alla scrittura, appunto. E da lettore vorace quale sono, non sarebbe potuto accadere diversamente. La poesia e la narrativa mi hanno sempre accompagnato lungo gli ultimi vent’anni, per quanto io non sia esattamente uno scrittore “prolifico”. Cerco di scrivere poco, ma di scrivere bene. La mia produzione è stata altalenante, tra racconti, più o meno brevi (alcuni di questi hanno anche visto la partecipazione a qualche concorso letterario) e componimenti poetici. A proposito di poesia, “Ubiqua” raccoglie la mia “opera omnia”, una produzione che, per essere completata e data alle stampe, ha richiesto circa dieci anni di lavoro, un periodo molto lungo proprio perché la poesia segue flussi creativi differenti rispetto alla narrativa. “Ubiqua” è il mio “Rerum vulgarium fragmenta” ed è destinato, per il momento, a restare un episodio isolato. Anche se, a dire il vero, sto lavorando su uno sviluppo teatrale di una parte dell’opera e ho di recente aperto un canale YouTube che si chiama “Poesie Poetabili” dove è possibile ascoltare alcune delle mie poesie tradotte in suoni e immagini evocative, un viaggio emozionante che vi invito a fare non appena potrete. Ora sono al lavoro su due progetti letterari completamente diversi che spero vedranno la luce entro l’anno o poco più in là. E, una volta completati, mi metterò in cerca di un editore che abbia il piacere (o il coraggio) di pubblicarmi.
Parliamo ancora di Ubiqua. Cosa è Ubiqua, qual è il messaggio che vi è contenuto e cosa caratterizza in modo particolare la tua poetica?
Ubiqua, la roccaforte misteriosa e lontana di cui si narra nel poemetto intitolato “Omir” che va a chiudere il libro, non è un luogo fisico né potrà mai diventarlo. Ubiqua significa tutto e niente. Ed è soltanto una delle sue possibili definizioni. Ho scritto “Ubiqua” con il proposito arrivare con il tempo al maggior numero di lettori, anche se so bene che questo non potrà mai essere possibile. Mi ha sempre colpito quanto diceva il grande Eugenio Montale e cioè che la vera poesia ha sempre il carattere di un dono e pertanto presuppone la dignità di chi lo riceve. Poter comprendere questo dono non è da tutti. Tutta la raccolta poetica si rifà a questo concetto. Da parte mia, nelle poesie ho cercato di “distillare” ogni singola parola e racchiuderci all’interno il valore profondo che deriva dal mio percorso esperienziale, un viaggio che, come credo, ognuno di noi compie nella vita, a suo modo e in tempi diversi. Come ho avuto modo di raccontare in altre circostanze, provare ad interpretare quanto scrivo solo in funzione del fatto che mi si conosce di persona, potrebbe non essere sufficiente. Anzi, è proprio un’operazione inutile. Sono le poesie a dover raggiungere il cuore del lettore, non il contrario. Proprio come se a comporle fosse un pazzo che imbratta i muri della sua cella di segni incomprensibili. Gli stessi segni, letti alla luce della giusta chiave, si tramutano in meraviglia. Credo che questa imprevedibile alternanza emotiva sia in fondo una caratteristica del mio poetare, la cifra stilistica che contraddistingue nettamente i miei versi e l’unica nella quale, per ora, mi riconosco come autore.
Da scrittore e poeta, qual è la tua visione dell’attuale mercato editoriale per quanto riguarda la poesia?
Non è una visione paradisiaca, come puoi immaginare. Lungi da me voler riproporre le solite tematiche trite relativamente al fatto che la poesia non vende, anche perché usciremmo fuori dal contesto sul quale mi piacerebbe soffermarmi. Peraltro, a parte qualche fortunata eccezione, anche la narrativa non se la passa tanto bene. Garcia Lorca sosteneva che la poesia non cerca seguaci, ma amanti. Oggi coloro che si impegnano a “generare” poesia attraverso i propri scritti, non mancano di certo e probabilmente la vera scommessa consiste proprio nel trovare il cuore di buoni lettori pronta ad accoglierla e ad amarla sul serio, lasciandosi travolgere dalle emozioni pure che questa suscita. Certo, le conseguenze dell’evoluzione delle relazioni umane, sempre più orientate ad un approccio “mordi e fuggi” tipico dell’era dei social network e degli influencer, rendono le cose più difficili, e lasciano poco tempo e, soprattutto, poca volontà da dedicare alle buone letture. Tuttavia, nonostante il panorama circostante non sia dei più favorevoli, continuo a soddisfare il mio impulsivo bisogno di scrivere. Ma sai qual è oggi per me la cosa più importante? Che, se ne avrò la possibilità, ho ancora tanto da dire, tanto da raccontare e, soprattutto, tanto da imparare. Tutto sommato siamo stati creati per questo. E, come dico sempre, niente andrà perduto.