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Ognuno trova il suo modo per reagire e dare un senso a questi giorni pesanti e difficili, loro hanno scelto un video messaggio per condividere ed esprimere le emozioni contrastanti di questa quarantena. Ascoltate con attenzione le parole di Federica Portoghese, 26 anni, giornalista, accompagnate dalle immagini montate da Giulia Farci, anche lei 26enne, giovanissima video maker, entrambe di Cagliari.
Covid-19, una pandemia che ci ha fatto riscoprire il coraggio e la forza di reagire. Nel buio è riemersa la speranza e la voglia di essere uniti e vincitori. Ci stiamo confrontando con un nuovo stile di vita, che ci ha dato la possibilità di analizzare il nostro tempo, i pensieri più intimi e le scelte quotidiane. Ritrovare la luce non sarà mai stato così bello. Buona visione.
TESTO
Che valore diamo realmente alle nostre ore? Ai giorni che consumiamo tra il traffico immutabile e le rapide chiamate ai numeri fissi? Alle corse contro il ritardo quotidiano e il caffè bollente della mattina? Pensateci bene, analizzate la vostra routine e riflettete sulle scelte di vita apportate sinora. Perché basta poco per cambiare le abitudini, a volte anche solo un istante, una parola, un’ordinanza, un momento. Noi, spettatori di una scena triste e sconvolgente, ci arrestiamo di fronte alla verità. Il tempo si ferma e ci trascina senza chiedere permesso, il silenzio ci cattura come ostaggi e travolge la nostra quiete. Ogni cosa viene stravolta, ribaltata e riorganizzata in base alle priorità. La gente muore e siamo tutti protagonisti di una grande guerra. Ci hanno chiesto di utilizzare poche armi: la pazienza, l’educazione, il buon senso e il rispetto. Ci hanno detto che queste piccole e fondamentali regole, ci avrebbero condotto al confine del tunnel, pronti per saltare nel vuoto e vedere la luce. Non ci resta che armarci di coraggio e responsabilità per rendere giustizia alle vittime di una bomba sanitaria, che ha segnato un’epoca e ha scritto la storia. A tutti coloro che hanno dato l’ultimo saluto a uno sconosciuto con un camice bianco, che non hanno avuto una degna sepoltura e la possibilità di essere accompagnati in questo buio viaggio dai loro cari. A quei corpi che non sono stati accolti da una cerimonia e dall’affetto della famiglia, da una preghiera e da un coro di lacrime straziante. C’è stato solo il silenzio assordante a incombere dentro le stanze dei condannati. E poi ci sono loro, i nostri eroi, coloro che di armi ne hanno a volontà e che di coraggio e pazienza ne hanno pieni gli occhi, come di dolore e stanchezza. Infermieri, medici, personale sanitario e tutti quelli che si battono in prima linea per annientare il male. A loro va un semplice grande applauso, le parole sarebbero riduttive, prive di significato e senza racconto di fronte alla gratitudine che hanno guadagnato.
E’ così che la primavera si trasforma in un freddo ricordo, dove le pareti di casa crollano come pesanti macigni e ci ricordano la pesantezza degli spazi. Angoli che assaporiamo giorno dopo giorno fino a respirarne la polvere, letti di spine che ci abbracciano, finestre che ci confondono. Le mattine sono troppo brevi e le sere infinite, il tempo non si ammazza. Proprio quel tempo che rincorriamo ogni giorno, tra lavoro, casa, amici e famiglia, improvvisamente si estende come parole di un poeta su una pagina bianca. E quando a tratti ci sembra eterno e smisurato, capiamo che non basta, che è troppo poco per i guerrieri delle stanze oscure, e che se questi potessero ne ruberebbero un po' del nostro, di tempo. Investito così male, sprecato, lasciato in sospeso, tra volontà e pigrizia, tra risentimento e orgoglio.
Come detenuti viaggiamo aldilà delle mura per rincorrere il tesoro di questa vita, la libertà, e assaporarne il ritorno con dolcezza e piacere. Chissà come sarà perdersi dentro un abbraccio, farsi spettinare dal vento, essere accarezzati dal calore del sole, ritrovarsi, guardarsi e toccarsi.
E quante cose saremo in grado di affrontare, come i sensi di colpa, le frasi lasciate a metà, i baci ad occhi chiusi, desiderati e mai dati, i pianti soffocati, i ti voglio bene rimasti indietro, gli sguardi incompiuti, le urla stonate nel cuore della notte, gli appuntamenti rifiutati, la paura di voltarsi e di migliorarsi.
Chissà come sarà ricondurre la normalità, se così si potrà definire. Tornare al mare, ad amare, con i piedi nudi che scivolano tra la sabbia. Ritrovare nostra madre e stringerla forte, sentire il cuore esplodere dall’emozione. Senza parole, con i respiri che si abbandonano alle nostre lacrime amare, e noi che gettiamo via ogni freno, ogni preconcetto e restrizione. Noi che la distanza l’abbiamo ascoltata con attenzione, senza fare rumore e ne abbiamo tratto consiglio e disciplina. Noi che siamo qui, vivi, in salute, con la nostra famiglia. Tutto quello che conta. A tutti i vinti e agli eroi, grazie.
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