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Caso Gandola. Chantal Milani: "Mancano 200 ossa, trovarle per scoprire la verità"

Intervista all'antropologa forense che affianca la famiglia nelle indagini "Solo sei ossa rinvenute, ma gli indumenti intatti. Improbabile che a compiere un simile scempio siano stati gli animali"

Caso Gandola. Chantal Milani:

Di: Pietro Lavena


Sono trascorsi due anni dalla scomparsa di Silvana Gandola, la pensionata 78enne che il 28 marzo 2021 venne inghiottita dal silenzio nella spiaggia di San Silverio, tra Portobello e Vignola, dove si era recata insieme alla badante per una passeggiata. Una vicenda mai chiarita, che ancora oggi angoscia la famiglia desiderosa di conoscere la verità. I resti della donna vennero ritrovati da alcuni cacciatori quasi un anno più tardi, il 30 gennaio 2022, in un’area particolarmente difficile da raggiungere e a poca distanza dal luogo della scomparsa.

Tanti i dubbi sulle dinamiche che portarono alla sparizione. L’attenzione degli inquirenti si concentrò in un primo momento sulla badante, ma dopo circa una settimana la donna uscì dalle indagini. La figlia di Silvana Gandola, Laura Rizzi, si batte da mesi perché l’inchiesta non venga archiviata e, affiancata da un team di esperti, porta avanti una sua personale indagine dalla quale sarebbero emersi nuovi importantissimi elementi ora al vaglio degli investigatori. Grazie alle novità fornite dall'equipe, il giudice competente ha autorizzato a febbraio una serie di attività che dovrebbero svolgersi nell'arco di quattro mesi trascorsi i quali si valuteranno i risultati ottenuti.

Fra i professionisti che hanno studiato le carte e operato sul campo anche Chantal Milani, antropologa e odontologa forense con all’attivo esperienze al Ris di Roma, in Canada e negli Stati Uniti. La abbiamo intervistata per raccogliere il suo punto di vista sugli avvenimenti.

Dottoressa, ci aiuta ad inquadrare la sua professione?

"Lavoro nell’ambito dell’antropologia e dell’odontologia forense. Sono due discipline connesse i cui ambiti di indagine vanno dalla ricerca e analisi dei resti umani all’identificazione personale. In pochi sanno che i denti di una persona sono identificativi quanto un Dna. La stessa Interpol dice che i metodi identificativi primari sono impronte digitali, denti e Dna. Antropologia e odontologia forense, inoltre, intervengono nell’analisi di soggetti ripresi da videosorveglianze e nella stima dell’età nei presunti minori."

Qualora vengano rinvenuti dei resti ossei, dunque, qual è il contributo fornito da queste discipline?

"Nel momento in cui vengono ritrovati resti ossei, il ruolo dell’antropologo forense diventa fondamentale. La medicina legale tradizionale, infatti, si occupa di dare risposte principalmente attraverso l’analisi dei tessuti molli. Quando i tessuti molli sono deteriorati o assenti, e quindi non più in grado di fornire risposte, intervengono l’antropologia e l’odontologia forense studiando ossa e denti che sono tessuti più resistenti."

Nel caso specifico della signora Gandola, che tipo di collaborazione ha fornito alla famiglia della scomparsa?

"Nel momento in cui sono stati trovati i resti di Silvana Gandola c’era la necessità di fare una valutazione scientifica, assistendo e rappresentando la famiglia durante le analisi eseguite sui resti. Sono stati trovati sei frammenti d’osso (un cranio e frammenti di altre ossa). Veramente poco."

Una situazione già di per sé intricata complicata ulteriormente dall’esiguità dei resti da analizzare…

Esattamente. Consideri che un corpo ha 206 ossa. Ne mancano all’appello 200.

"Si era parlato della possibilità che il cadavere della Gandola, una volta deceduta la signora, fosse stato assalito dagli animali selvatici."

È facile che gli animali siano intervenuti. Ma gli studi fatti in quest’ambito ci dicono che eventuali predatori non spostano i resti di chilometri. Qualsiasi animale che va a predare si mantiene relativamente a poca distanza dall’area di azione. Può allontanarsi di qualche metro, al massimo di qualche decina di metri. E soprattutto anche gli indumenti ed eventuali effetti personali indossati verrebbero intaccati dall’attività di questi animali. Tutto ciò non risulta.

Questo cosa suggerisce?

"Nel momento in cui si rinvengono dei resti umani bisogna considerare non solo ciò che si trova, ma anche ciò che ci si aspetterebbe di trovare e invece non si trova. Se i pantaloni si presentano in una certa condizione, o magari una borsa è collocata in un certo modo, questo può suggerire che in quel contesto potrebbero essere intervenuti diversi fattori. Ripeto, gli animali sono certamente intervenuti, ma non possono aver fatto sparire nel nulla 200 ossa preservando gli indumenti. Dal momento che gli altri resti non sono reperibili nei dintorni, va fatta una ricerca più approfondita per assicurarci che non siano effettivamente presenti come riscontrato sia da chi ha ritrovato quelle poche ossa, sia da chi era intervenuto nelle fasi iniziali della scomparsa. La vera risposta che noi dobbiamo cercare è: dove sono le altre duecento ossa?"

L’antropologia e l’odontologia forense possono aiutare ad avanzare delle ipotesi concrete su quello che è successo?

"Sicuramente la causa di morte è una delle risposte che queste discipline possono fornire quando ci sono elementi sufficienti per farlo. La causa di morte potrebbe aver intaccato le ossa, l’unico elemento del corpo che rimane in un contesto del genere. Se ne mancano duecento mancano duecento elementi che potrebbero fornire una risposta. Un po’ come un puzzle: se si hanno solo sei tessere e ne mancano 200, capire qual è la figura che c’è dietro diventa molto più complicato."

Allo stato attuale lei potrebbe dire che Silvana Gandola non è morta di morte naturale?

"Dalle ossa e dai denti recuperati, l’unica cosa certa è l’identità della vittima. Questo è stato chiaro sin dal giorno in cui sono state svolte le attività peritali sul cranio e sui restanti frammenti, senza bisogno di ulteriori analisi, perché le caratteristiche peculiari dei reperti erano tali e tanti da ricondurre senza dubbio a Silvana Gandola. I pochi resti presenti però non presentano segni di lesioni traumatiche che permettano di capire se la signora Gandola sia deceduta per morte violenta o no, ciò non esclude però che possano essere individuati sulle ossa mancanti. È chiaro che quando abbiamo così pochi elementi la probabilità di trovare la causa di morte si riduce significativamente. Per questo diventa ancora più importante capire dove sono le altre ossa."

Come è possibile dopo tutto questo tempo?

"Per poter cercare nuovi resti in un terreno così ampio e impervio è fondamentale avvalersi della collaborazione di cani addestrati per la ricerca di cadaveri. Uno strumento potentissimo che funziona anche a distanza di molto tempo. L’intervento di questi cani, oggi, permette di avere un punto di partenza che è quello di ritrovamento dei resti. Questo elemento in passato non c’era e il cane si ritrovava un’area indefinita e troppo ampia da vagliare. Oggi c’è ed è un grosso aiuto. In più il cane riesce ad addentrarsi nella fitta vegetazione dove l’uomo non riesce a passare.  Se a quel punto venissero travati nuovi resti, li si potrebbe analizzare per cercare eventuali tracce di una causa di morte. Ma al di là di questo potrebbero reperirsi anche altre informazioni."

Ad esempio?

"In generale, sui reperti vecchi e nuovi possono essere applicate diverse scienze forensi. Le geoscienze forensi, ad esempio, comparando il terriccio che può essersi depositato sui resti o sulle scarpe con quello del luogo aiutano a capire se un corpo è stato spostato, quindi se è stato dapprima occultato in un determinato ambiente e poi traslato sul posto. L’entomologia forense, che si occupa di studiare la tipologia di larve e insetti comparsi in varie fasi sui cadaveri. Nel caso delle ossa ha qualche limite, ma può dare informazioni sulla stagione del decesso e, anche in questo caso, del luogo. Noi sappiamo che la Gandola è scomparsa in un certo momento dell’anno e, visto che si aprono diversi scenari, non è ancora certo quanto sia rimasta in vita dal momento della scomparsa. La multidisciplinarietà è importante."

Per la sua esperienza sul posto è effettivamente possibile che, se il corpo si fosse trovato sempre dove è stato rinvenuto, per un anno non si sia trovato pur utilizzando droni e un elicottero dei Vigli del fuoco?

"È improbabile. Si tratta di una zona di difficile accesso. Quando io sono andata a fare un sopralluogo mi sono graffiata, mi sono strappata gli indumenti. Non è un’area in cui una persona anziana si avventura da sola. Ma è improbabile anche per un altro motivo: chi ha partecipato alle ricerche ha detto chiaramente, senza ombra di dubbio, di aver scandagliato quei luoghi. La squadra che è passata là ricorda diversi dettagli e ha descritto in modo puntuale e preciso proprio il posto in cui sono stati ritrovati i resti. Quindi quell’area è stata battuta e il corpo non era presente."

Sono state acquisite anche molte testimonianze. La figlia stessa sarebbe stata testimone di una discussione fra la vittima e la badante…

"Sì, la figlia riferisce che durante una conversazione telefonica, che per errore non era stata chiusa, ha sentito la governante rivolgersi malamente alla madre. Così come alcuni testimoni riportano che questo non fosse un caso isolato.  Ogni dato va analizzato, verificato e approfondito."

Arrivati a questo punto, cosa potrebbe rappresentare la svolta per il caso Gandola?

"Purtroppo in casi come questi la tempestività delle indagini è fondamentale. Il trascorrere del tempo complica molto e disperde le fonti di prova. Accanto alle indagini scientifiche anche le indagini tradizionali sul territorio hanno un compito importantissimo per vagliare accuratamente tutte le piste e la veridicità di dichiarazioni e testimonianze. Diversamente è difficile che arrivi da sola la svolta clamorosa. Ripeto, il ritrovamento degli altri resti ossei sarebbe un punto di inizio per poter cercare il bandolo della matassa ed eseguire nuovi accertamenti mirati. Quando perdi il filo può essere utile ripartire dal principio e valutare se quello su cui ti sei basato all’inizio è un fondamento solido o no. E’ bene vagliare tutte le informazioni e le possibili piste. Si riparte dalla denuncia di scomparsa e dalle prime testimonianze, andando a verificarne la veridicità senza dare nulla per scontato. A volte anche solo l’emotività o la memoria fallace potrebbero portare involontariamente qualcuno a riferire informazioni errate o imprecise portando le indagini in una direzione sbagliata che compromette il lavoro che segue. È già passato tanto tempo, è vero, ma ogni giorno trascorso senza far nulla è un giorno irrimediabilmente perso."

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