Cagliari

Jana, studentessa trans cagliaritana: "Mi chiamano al maschile, difficile essere capita"

"Molti professori mi chiamano col nome anagrafico e i pronomi del mio genere. Recentemente mi è stato proibito l’utilizzo del bagno delle donne"

Jana, studentessa trans cagliaritana:

Di: Redazione Sardegna Live, foto corriere.it


Si chiama Jana Giacobbe e ha 18 anni la studentessa del liceo classico "Siotto" di Cagliari che ha raccontato la sua storia a corriere.it. Un intervento, il suo, ritenuto necessario dopo aver sentito la storia dello studente trans respinto dal docente del liceo Cavour di Roma, che non riconosce la sua carriera "alias".

"E' inaccettabile quello che è successo - spiega Jana -. Nel contesto cagliaritano e sardo purtroppo certe situazioni non sono nuove: ci sono poche scuole con la carriera alias, alcune la concedono ad personam, ma questo significa che non c’è un metodo che ti assicura di essere protetto".

"Io sono una persona non binaria - racconta la studentessa di Cagliari a corriere.it -, e secondo gli attuali schemi legislativi non posso ottenere la diagnosi di disforia di genere, cosa che mi preclude l’accesso alla carriera alias. Al momento da molti professori vengo chiamata col nome anagrafico, e i pronomi del mio genere anagrafico. Recentemente mi è stato proibito l’utilizzo del bagno delle donne, nonostante ci fosse intesa con le ragazze del piano, e questo ha fatto sì che io sia relegata a un bagno distinto che non mi fa sentire integrata. E quando mi diplomerò senza carriera alias dovrò far rettificare tutti i documenti".

Jana Giacobbe sta compiendo un percorso presso un centro dedicato ai disturbi identità di genere, che è un ramo del centro salute mentale. "Ma temo che dovrò rivolgermi a centri più grandi per vedermi riconosciuta".

"Io mi percepisco come persona trans - spiega ancora la giovane -, e voglio intraprendere un percorso per femminilizzarmi, senza togliere la mia non appartenenza a un genere preciso".

"Conosco persone trans che hanno smesso di andare a scuola per la loro condizione. Non è solo un problema di bullismo, se non c’è un apparato scolastico che ti protegge, più si cresce più ci si emargina. Molti amici trans si sono rifugiati nella droga, per sfuggire alla realtà".

"I tuoi genitori ti appoggiano?", chiede Valentina Santarpia, la giornalista intervistatrice. "Come possono? - è la risposta - Sono di un’altra generazione, si sente, a volte trovo difficile far capire loro che non è una faccenda di estro o sociale. Ma nonostante non siano ricchi, continuano a sostenermi, ci sono tanti ragazzi che vengono cacciati di casa. Non è solo questione di identità e rispetto ma anche di pane: se mi ritrovo a dover cercare lavoro, e nessuno mi assume, è un problema".

E i rapporti sentimentali? "Lego con chiunque, sono stata fortunata, grazie anche alla mia famiglia che ha fatto di tutto per permettermi di fare quello che mi serviva. Ma siamo in un periodo in cui la comunità trans è disprezzata, non è bastato nemmeno il suicidio di Cloe Bianco, l’arresto in un carcere femminile di Ciro Migliore, siamo di fronte a tanti soprusi verso la comunità e non ci rendiamo conto che è una questione di riconoscimento ma anche economica, siamo parte integrante e attiva della società".

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