Capoterra

Capoterra, 22 ottobre 2008: il dramma dell’alluvione raccontato da Claudio e Alessandra Ariu, marito e figlia di Rita Lepori, una delle vittime

“La sua borsetta ritrovata un mese dopo con il cellulare funzionante e tante chiamate ai numeri di emergenza. Quel maledetto giorno ha segnato per sempre le nostre vite, ma andiamo avanti per lei”

Capoterra, 22 ottobre 2008: il dramma dell’alluvione raccontato da Claudio e Alessandra Ariu, marito e figlia di Rita Lepori, una delle vittime

Di: Alessandra Leo


Un nubifragio, fu stimato poi, senza precedenti da almeno 7 secoli. Nelle prime ore del mattino di quel maledetto 22 ottobre 2008, un violentissimo temporale si abbatté sulla Sardegna e in particolare sul comune di Capoterra, rovesciando nel fiume Rio San Girolamo 5 milioni di metri cubi d’acqua e un’enorme massa di detriti, provocandone l'esondazione, oltre che allagamenti, frane e smottamenti.

Fango, massi e tronchi d’albero vennero violentemente scaraventati a valle, distruggendo strade e ponti nei comuni limitrofi. Un paesaggio completamente trasformato e devastato, ma la conseguenza più drammatica di quella giornata fu la morte di 4 persone, più una quinta nell'hinterland del capoluogo sardo: Antonello Porcu, ingegnere della Asl di Cagliari, morto con la suocera Licia Zucca, 77 anni, che era in auto con lui a Poggio dei Pini; Speranza Sollai, di 85 anni, annegata in uno scantinato allagato a Capoterra; Mariano Spiga, 66 anni, di Sestu, e Anna Rita Lepori, 50 anni.

Anna Rita, per tutti Rita, era insegnante all’Istituto Alberghiero di Pula, e ogni giorno prendeva il treno da Iglesias, dove abitava con il marito e la figlia, per arrivare a Cagliari, dove si incontrava con una sua collega per andare poi assieme in macchina a Pula. Il suo corpo venne ritrovato solo 2 giorni dopo a Sarroch.

Sardegna Live ha incontrato il marito, Claudio Ariu, e la loro figlia Alessandra, ricordando quel drammatico giorno e la perdita improvvisa e dolorosa di una moglie e mamma conosciuta in tutta Iglesias per la sua simpatia e dolcezza. Oltre Alessandra, Rita aveva anche un altro figlio, Andrea, che allora viveva fuori Iglesias.

Inutile dire che un dolore così grande è inimmaginabile per chi non l’ha vissuto e che si può solo provare a pensare cosa significhi salutare la propria moglie e mamma una mattina lavorativa come tante e poi non rivederla mai più, non poter mai avere più una parola di conforto, una carezza, un consiglio, perché una giornata di pioggia se l’è portata via a soli 50 anni, cancellando in un secondo, come una violenta passata di cancellino sulla lavagna, i sogni di una ancora lunghissima vita davanti.

La mancanza di mamma è percepibile in ogni momento delle nostre vite, in particolare durante le occasioni speciali, come i nostri compleanni e quelli delle sue nipotine Alice e Ritina, che non hanno mai potuto conoscere la loro nonna. Non c’era durante il mio matrimonio e quello di Andrea, manca durante i normali momenti di sconforto della routine quotidiana – dice Alessandra Ariu con la voce rotta. - Noi andiamo avanti per lei, perché sappiamo che ci vorrebbe felici, anche se ci è voluto molto tempo per elaborare il lutto, superare alcuni traumi, di cui ci porteremo gli strascichi per tutta la vita”.

Ma ripercorriamo, anche se con tanto dolore e il cuore a mille, quei drammatici giorni.

La mattina del 22 ottobre 2008, io presi il treno successivo a quello su cui salì mia mamma, quindi non ci siamo viste. Ero riuscita a scendere dal treno a Cagliari, dove il livello dell’acqua arrivava quasi alle ginocchia, e a salire sul Ctm numero 5 che mi portava al Magistero, dove per me era stata una giornata normale che io avevo vissuto tra corsi e lezioni, come tante altre, nonostante la pioggia ininterrotta, i calcinacci che cadevano, le vie della città che sembravano ruscelli” racconta Alessandra.

Nel pomeriggio iniziai a ricevere qualche chiamata da parenti che mi dicevano che mia mamma fosse telefonicamente irraggiungibile, ma io non detti troppo peso a questa cosa: con il nubifragio che c’era stato, era normale fossero state danneggiate le linee telefoniche. Continuai la mia giornata di corsi poi verso la sera chiamai anche io più volte mia mamma, senza alcuna risposta ovviamente, il telefonino era sempre irraggiungibile. Iniziai a pensare a quanto poteva essere preoccupata lei di questo fatto, quindi a fine giornata sono andata alla stazione di Cagliari aspettandomi di vederla da un momento all’altro, magari senza cellulare, invece niente.

Quel giorno rimasi a Cagliari a dormire, sono crollata molto presto dalla stanchezza, poi ho saputo che mio padre quella notte si era recato dai carabinieri di Iglesias che si erano messi in contatto con quelli di Capoterra, dove appunto c’erano stati i danni più gravi e dove era stata aperta un’unità di crisi: mia mamma risultava tra i dispersi”.

Alessandra prende fiato e continua il racconto di quei drammatici giorni, si vede e si sente che non è per niente facile ma con tutte le sue forze torna indietro di 14 anni e molti ricordi, tanti aneddoti, anche banali, magari vissuti allora tra la disperazione e l’ansia, emergono adesso molto più lucidamente.

La mattina del 23 ottobre, prestissimo, eravamo già tutti a Capoterra: io, mio padre, mio fratello arrivato da fuori, e tutti i parenti. Era strano perché sembrava quasi di non realizzare tutto ciò che ci stava capitando, eppure dopo ho capito che quella della ricerca era forse la parte peggiore, perché quando è stato ritrovato il corpo di mia mamma, a Sarroch, il pomeriggio del 24 ottobre, ho provato quasi sollievo, come se l’agonia fosse terminata”.

E con gli occhi lucidi ricorda: “Non dimenticherò mai il viso di mio padre mentre al telefono gli comunicavano del ritrovamento: pallido, sciupato, con la barba incolta, lui che era sempre precisino.. un’immagine che mi porterò dietro per sempre, così l’ultima di mia mamma in vita.”

Un momento di silenzio e poi riprende: “Ho visto mia mamma e ci ho parlato per l’ultima volta la sera tardi del 21 ottobre. Ero rientrata da Cagliari con l’ultimo treno e lei mi stava aspettando con la tv accesa e la luce spenta in soggiorno, ci siamo salutate e lei, con la dolcezza e premura che la contraddistingueva, mi disse di avermi lasciato la cena pronta sul tavolo della cucina. Io le risposi distrattamente che ero troppo stanca per mangiare e che sarei andata subito a letto. L’ultima immagine che ho io di mia mamma è quella: lei in penombra, tra i suoni flebili della televisione e un mio saluto frettoloso. Ecco, si tratta di una scena che mi ha fatto molto male per tantissimi anni”.

La voce si rompe, poi un sospiro, e si riprende: “Abbiamo dovuto fare un lungo lavoro per affrontare il lutto, anni e anni di sensazioni che ci hanno fatto soffrire, oltre la mancanza fisica di mia mamma. Io provavo una continua sensazione di abbandono, ma anche di colpa, poi nel 2015 ho realizzato completamente il lutto, ben 7 anni dopo. Nel frattempo ho trovato lavoro, mi sono sposata, ho avuto una bellissima bimba, e vado avanti perché lei avrebbe voluto così, le persone che ci lasciano ci vogliono felici, ma il dolore non ci abbandonerà mai, cambia, si modifica con il tempo ma è sempre lì”.

Il marito Claudio, con gli occhi lucidi che si illuminano particolarmente quando parla dell’amatissima moglie, compagna di una vita intera, racconta quella mattina del 22 ottobre che era stata più frettolosa rispetto alle altre: “Eravamo un po’ troppo giusti con i tempi, ma nonostante questo abbiamo voluto rispettare il nostro rito gustando un caffè assieme, l’ultimo caffè con mia moglie..” - sospira – La tranquillizzai per il ritardo, le dissi che qualora avesse perso il treno, l’avrei accompagnata in macchina io, a costo di fare più in fretta dopo per andare a lavoro”.

Con il viso che improvvisamente si rilassa, accenna un sorriso e prosegue: “Il giorno prima era andata dalla parrucchiera, era orgogliosa del suo nuovo taglio, era veramente bellissima. Le avevo ripetuto almeno un centinaio di volte che i nuovi capelli le stavano bene, anche se lei era splendida sempre, aveva una luce dentro e una bontà d’animo che non si possono spiegare.

Premurosa nelle grandi cose come nelle piccole, proprio il giorno prima aveva deciso di andare a fare la spesa – prosegue Claudio – Di solito non avevamo bisogno di fare una grossa spesa perché andavamo spesso a fare commissioni, ma casualmente, quel giorno aveva voluto comprare più del normale: “Metti che nei prossimi giorni non possiamo andare, così avremo più scorte a casa”.

Un racconto dolce e malinconico ma che a momenti provoca un brivido a chi ascolta dopo ben 14 anni questa drammatica vicenda tra aneddoti dolci amari e tanta tristezza nel cuore, figurarsi chi ha vissuto la tragedia di lì a poche ore.

Dei giorni seguenti ho pochi e vaghi ricordi: avevo parlato con il capo della Protezione Civile che mi tranquillizzò ripetutamente, promettendomi che avrebbero ritrovato mia moglie. Poi sì, l’abbiamo trovata, per fortuna, almeno le abbiamo potuto dare un ultimo saluto e una degna sepoltura” conclude Claudio con la voce spezzata.

Un mese dopo, venne ritrovata in uno scantinato che si era allagato, la borsetta di Rita, dov’era contenuto il suo cellulare completamente ricoperto di fango ma ancora incredibilmente funzionante.

Abbiamo potuto visualizzare tutte sue le chiamate ai numeri di emergenza, rivivendo cosi quei momenti drammatici e immaginando come poteva averli vissuti lei – racconta la figlia Alessandra.- Alcuni testimoni che si erano rifugiati sopra i tetti affermarono di aver visto mia mamma e la sua collega uscire dall’auto perché il veicolo si stava allagando”.

La collega di mamma, a quanto dicono, si aggrappò ad un albero, dove fu ritrovata traumatizzata, oltre che ricoperta di lividi a causa dei fortissimi impatti con l’acqua, mentre mia mamma sarebbe finita dentro un mulinello..”.

Come si può ricordare, fu immenso il cordoglio per Rita e per le altre vittime in tutta la Sardegna, ma la vicenda ebbe un grande eco anche a livello nazionale.
Claudio e Alessandra sono tutt’ora molto sensibili alle vicende che riguardano le calamità naturali, in particolare le alluvioni, e proseguono la propria vita con il grande peso di un’importante perdita, ma con la gioia nel cuore di aver conosciuto e vissuto, secondo tutta la cittadina sulcitana ma anche Pula, dove Rita insegnava, una persona unica, speciale e piena di vita.

Per chiunque voglia ricordarla, nella giornata odierna, sabato 22 ottobre, è prevista una Santa Messa di commemorazione presso la chiesa San Pio X a Iglesias alle ore 18.

IL PROCESSO. Nel processo, aperto a Cagliari con 150 parti civili, la prima sezione del tribunale assolse, dopo nove anni, le otto persone accusate di inondazione colposa e omicidio colposo, fra i quali l'ex sindaco di Capoterra, i responsabili del Genio civile, dell'Anas e della Protezione civile e della Cooperativa Poggio dei Pini. Eppure, durante le udienze, emerse un quadro di assoluta disorganizzazione, fatto di allarmi non diramati e centri operativi mai attivati.

Alessandra, che in questo contesto vorrebbe solo ricordare la sua mamma, afferma solo che “ il nostro clima diventa sempre più tropicale, sono fenomeni ormai normali. Sarebbe necessaria una maggiore coscienza ambientale da parte di tutti, sia istituzioni che cittadini. La terra sta cambiando, questi fenomeni continueranno ad esistere e ad aumentare, e noi cittadini dovremo avere una formazione adeguata, ma è necessario anche un programma politico adatto”.

Da quel 22 ottobre 2008, la Sardegna ha collezionato almeno un’alluvione ogni cinque anni, sempre in autunno. Tra i soccorsi schierati quel drammatico giorno ci furono carabinieri, vigili del fuoco, arrivati anche da alcune regioni del centro Italia come Toscana e Lazio, polizia, guardia di finanza, esercito, marina militare, enti forestali, e i danni furono stimati attorno ai 15 milioni di euro.

Gli abitanti di Capoterra e dei comuni vicini continuano ad avere terrore ogniqualvolta piove un po’ più del normale, anche a distanza di anni da quella tragedia che rimarrà dentro tutti noi, ma che ha segnato in modo drammatico e per sempre i parenti e gli amici stretti delle vittime.

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