Mamoiada

Mamuthones, quando la tradizione affonda le radici nel mito. Che origini hanno le affascinanti maschere di Mamoiada?

L'alone di mistero che circonda queste maschere tradizionali del carnevale mamoiadino è conferito anche dalla scarsità di informazioni sulle origini. Dai fenici alle popolazioni nuragiche, fino al mito dei saraceni: tante ipotesi che insieme non bastano a sciogliere il rebus su questa affascinante figura

Mamuthones, quando la tradizione affonda le radici nel mito. Che origini hanno le affascinanti maschere di Mamoiada?

Di: Giammaria Lavena


Nel vastissimo catalogo di leggende che costellano la mitologia mondiale, ne esistono alcune comuni a più culture, anche molto distanti fra loro. Può capitare che una storia di fantasia, una volta radicata in una comunità, si diffonda anche in terre lontane, venendo presa “in prestito” oppure riadattata. In questo gioco di scambi e interazioni la Sardegna è inevitabilmente protagonista, essendo terra storicamente ricca di scambi interculturali che ne hanno facilitato l’influenza da parte di popolazioni straniere. In questo contesto potrebbe essere nata una delle figure più note della tradizione isolana, e vale a dire quella dei Mamuthones. Non è certo, ma secondo quanto ipotizzato da alcuni studiosi, questa figura potrebbe trarre origine dal pantheon mitologico fenicio. Seppur originariamente con qualche differenza, in alcune parti dell’isola vengono detti anche Maimones, che nella concezione attuale rappresentano entrambe la tipica e celebre maschera carnevalesca. 

ORIGINI. Nonostante le varie ipotesi, l’origine dei Mamuthones resta controversa, il che contribuisce a donare, oltre che fascino, un alone di mistero. Come confermato da uno studio di Marcello Madau, archeologo dell'accademia di Belle arti di Sassari, mancano infatti fonti scritte che testimonino la loro presenza in tempi remoti (pur considerando che la trasmissione di usi e costumi in Sardegna è prettamente orale). Alcuni, ad esempio, sostengono che la figura risalga all’età nuragica, mentre altri ancora attestano l’origine alla celebrazione della vittoria dei pastori di Barbagia sugli invasori saraceni fatti prigionieri e condotti in corteo. Ci sono infine studiosi che sostengono un legame con riti dionisiaci, altri la includono invece fra i riti che segnano il passaggio delle stagioni. È molto complicato, dunque, stabilire quale effettivamente sia la versione originale, ma non è da escludere un’adozione di un mito già esistente fra civiltà antiche e distanti.

LA MASCHERA OGGI. Oggi la figura del Mamuthone è principalmente nota per la maschera tipica del carnevale di Mamoiada (che si tiene ogni anno il 17 gennaio) insieme a quella degli Issohadores. Le due figure si distinguono per i vestiti e per il modo di destreggiarsi all'interno della processione: i primi procedono affaticati e silenziosi, mentre i secondi vestono un costume ricco di colori e danno dinamicità alla processione. Seppur apparentemente in contrasto, le due maschere sono di fatto complementari e nell’immaginario collettivo isolano rappresentano da sempre un gruppo unico. Il rituale ha inizio con la vestizione, durante la quale avviene la “metamorfosi” degli uomini in Mamuthones e Issohadores, in un memento di commistione fra sacro e profano.

IL COSTUME. In cosa consiste la vestizione dei Mamuthones? La maschera facciale è rappresentata da “sa visera”, lavorata in legno nero e con carattere antropomorfo. Dopo di che viene legato al viso “su muncadore”, fazzoletto in tibet tradizionalmente utilizzato dalle donne del posto che ha la funzione di coprire il capo. Sotto il fazzoletto viene adagiato “su bonette”, o “sa berritta”, appunto il berretto. “Sas peddes”, o “mastruca” ricoprono il busto e sono costituite da pelli di pecora nere, mentre sulla schiena viene sistemata una serie di campanacci tenuti insieme da cinghie di pelle (“carriga”). Gli scarponi tipicamente in cuoio sono “sos usinzos” e il completo in velluto nero o marrone “su belludu”.

LEGGENDA FENICIA. Tornando alla leggenda che vedrebbe i Mamuthones come figure provenienti dalla cultura fenicia, in questo contesto li si identifica con una divinità legata alle piogge. Esso veniva supplicato e tributato in caso di periodi di forte siccità. Da sempre, infatti, nelle varie credenze la pioggia è stata una grazia concessa dagli dei all’uomo. Gli stessi campanacci potrebbero simboleggiare il rumore scrosciante della pioggia, come vorrebbe l’antica tradizione pagana. Trattasi tuttavia di suggestioni, che possono dare solo in parte una spiegazione utile per sciogliere il rebus sull’origine di questa antica e misteriosa creatura.

ATTRAZIONE. L’unica certezza è che oggi i Mamuthones sono, oltre che emblema della Sardegna più pura ed evocativa, anche motivo di attrazione da tutte le parti dell’isola e non solo, capaci, durante le loro esibizioni di impressionare turisti e appassionati della tradizione. Una vera e propria “processione danzata” – come la definì in una calzante osservazione l’etnologo Raffaello Marchi – che in tutta la sua solennità regala momenti di forte impatto emozionale e che arricchisce ogni anno la variegata e versatile tradizione millenaria della Sardegna.

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