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Le vertenze che affliggono la Sardegna in questo momento storico sono tante, o meglio troppe, e meriterebbero un’attenzione continua da parte delle forze politiche che siedono in Consiglio Regionale.
Sono proprio le sedute dell’Assemblea legislativa che rappresentano la massima espressione dell’attività istituzionale e democratica. Il Presidente dell’Assemblea rappresenta il Consiglio ed è il garante della sua autonomia e dei diritti dei consiglieri.
Potrebbe sembrare questa una lezione di educazione civica, ma così non è. Oggi, nell’attualità, l’argomento è un altro, ovvero l’imminente elezione del nuovo Presidente della Repubblica e, in particolare, le polemiche striscianti di casa nostra sulla nomina dei rappresentati regionali chiamati al voto per l’occasione.
Appare incredibile, infatti, che in Sardegna il Consiglio regionale, convocato per il 12 gennaio, sia pronto a dare battaglia sulla scelta dei tre grandi elettori che in Parlamento, in seduta comune, sono chiamati a eleggere il nuovo Capo dello Stato.
Dal 1955 la prassi istituzionale è una: la delegazione regionale è formata dal Presidente della Giunta regionale, in questo caso Christian Solinas, dal Presidente del Consiglio regionale, Michele Pais, e dal capo gruppo dell’opposizione più rappresentativo che dovrebbe essere individuato nella persona di Gianfranco Ganau del Partito democratico.
L’argomento all’ordine del giorno dovrebbe scivolare, dunque, via in modo leggero e veloce per lasciare spazio a temi molto più importanti che stanno opprimendo la nostra Isola. Non perché l’argomento non meriti attenzione, quanto perché le figure da sempre indicate rappresentano ruoli istituzionali che vanno oltre le persone o altre valutazioni politiche di circostanza.
Mercoledì 12 in Sardegna, l’Assemblea legislativa regionale dovrebbe impegnare chissà quanto tempo per “far fuori” il suo Presidente dai grandi elettori. Per capirci: alcuni consiglieri hanno intenzione di intavolare una bella discussione per escludere la stessa figura istituzionale garante dei loro stessi diritti.
Insomma, qui non si dovrebbe parlare né di politica né di partiti, però le nuove mode del “tutto da rifare a prescindere” rischiano di demolire certezze e consuetudini istituzionalmente radicate. È dunque evidente che il massimo rappresentante dell’Assemblea sarda dovrebbe sedere in Parlamento per votare il Capo dello Stato, punto. L’arte della politica deve riguardare ben altro.
Al contrario, invece, sembra quasi che la stessa politica, parola nobile, voglia da qualcuno essere svestita delle sue virtù per essere manomessa ad libitum, per perdere tempo e sminuire una figura istituzionale offendendone l’onore. Per giunta, il voto dovrebbe essere segreto e la strada sembra addirittura spianata per chi non vorrebbe nemmeno metterci la faccia.
Appare più attuale che mai una frase di Francesco Cossiga, ottavo Presidente della Repubblica, in carica dal 1985 al 1992.
“L’uomo viene ucciso più dal cibo che dalla spada, ma le istituzioni vengono uccise dal ridicolo”.
Sembrerebbe quasi un monito: da un sardo direttamente agli uomini che siedono dietro i banchi della politica della Sardegna.
Anche l’eleganza istituzionale, visto che non sempre è scontata, dovrebbe essere materia di studio, anche se certe cose o le si hanno dentro, o, stando ai fatti, non si imparano mai.