Cagliari

In piazza per dire no al Green pass. Migliaia di persone sfilano a Cagliari

Manifestazioni in tutta Italia

In piazza per dire no al Green pass. Migliaia di persone sfilano a Cagliari

Di: Patrizio Carboni


Il centro di Cagliari non era così gremito dalla sera in cui la nazionale ha vinto gli europei di calcio. Al grido di "libertà, libertà" e di "no green pass", ieri sera hanno sfilato circa 5000 persone in contemporanea con le manifestazioni in altre città d'Italia.

Partito da piazza Garibaldi, il corteo ha sfilato per le vie Garibaldi, via Manno, piazza Yenne, via Roma fermandosi poi davanti alla sede della RAI, all'indirizzo della quale il grido era di "venduti" e di "vogliamo la verità".

Un fiume in piena che, forse inaspettatamente, ha travolto la città dimostrando che le ultime regole straordinarie imposte dal governo hanno fatto traboccare il vaso della pazienza. In mezzo a loro, intere famiglie con bambini, ma anche anziani e persone disabili. Tutti sfilano senza nessun accenno di disordine o violenza, alla presenza di parecchie unità delle forze dell'ordine che vigilano affinché tutto proceda nel modo giusto.

Camminando appresso al corteo, intervisto alcune persone: un sanitario sospeso dal lavoro per essersi rifiutato di fare il vaccino obbligatorio, un altro che invece lo ha fatto, ma "sotto ricatto" dice, perché altrimenti non avrebbe saputo come sfamare la famiglia nei prossimi mesi. Tra gli organizzatori spunta l'associazione "Is pipius non si toccant", che per chi capisce il sardo, è chiaro l'intento di proteggere i bambini dall'obbligatorietà di un vaccino sperimentale. "Vogliono sperimentare sui nostri figli", mi dice uno di loro, "ma non glielo permetteremo". Chiedo a una persona anziana cosa lo ha portato a sfilare ad una manifestazione di questo tipo. Mi risponde che non è li per lui, ma per difendere la libertà ed i diritti che i suoi genitori, i nostri nonni per intenderci, non hanno avuto e per i quali hanno dovuto combattere. Poi aggiunge: "del resto a me il green pass non mi tocca, non ho neppure il cellulare adatto, ed in ogni caso al ristorante o al cinema non ci vado". Ma si dice preoccupato per i giovani che subiscono rassegnati una sperimentazione di massa, senza che nessuno possa dir loro quali saranno nei prossimi anni gli effetti collaterali.  Alcuni manifestanti con tanto di striscione si spingono oltre: è chiaro il paragone tra le sperimentazioni di Hitler sugli ebrei e quelle attuali con un vaccino che lo si vorrebbe rendere obbligatorio per tutti.

Nei marciapiedi antistanti le vie del corteo, ascolto le voci dei passanti: non tutti capiscono il senso vero della manifestazione e inveiscono contro con frasi del tipo: "fossi io userei gli idranti", oppure "bisognerebbe recintarli", oppure qualcuno con lo sleng cagliaritano esclama all'indirizzo della sua ragazza: "ma inza' deu ita so scimpru chi appu fatto su vaccinu?", come a voler dire che se lo ha fatto lui dovrebbero farlo tutti.

In breve, questo lo spaccato dell'Italia di oggi che, come al solito, è proprio spaccata in due tra chi è favorevole ad un obbligo vaccinale per tutti e chi invece vorrebbe scegliere di non sperimentare sulla propria pelle un farmaco di nuova generazione dagli effetti incerti. Del resto, non potrebbe che essere così, sostanziato che la spaccatura è presente proprio tra i maggiori esperti. Virologi ed immunologi, infatti, non sono d'accordo: accanto a chi vuole la vaccinazione obbligatoria quale unica arma per sconfiggere il virus, c'è chi sostiene che le basi stesse dell'immunologia sconsiglierebbero una vaccinazione durante un’epidemia di un virus RNA, il quale costantemente muta, creando le cosiddette varianti.

Destra, sinistra, giù, su, verrebbe da pensare che siamo in una giostra, se non fosse la dura realtà. Resta il fatto che in effetti tanti diritti costituzionalmente sulla carta garantiti, oggi sono fortemente posti in dubbio in nome di un’emergenza sanitaria. Ma sarà il modo giusto per affrontarla? Si chiedono in molti. Il gruppo "Terapie Domiciliari Covid 19", creato dall'avvocato Grimaldi, sostiene di no. I 2000 medici che ne fanno parte credono nella scienza e nella vaccinazione, ma non come unica arma. Alla base, sostengono, ci vogliono le cure precoci, che esistono e nella stragrande maggioranza dei casi funzionano, a patto che siano somministrate al momento giusto.

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