Cagliari

Il 32% bambini sardi a rischio povertà

Nell'Isola più diseguaglianze educative tra centri e periferie

Il 32% bambini sardi a rischio povertà

Di: Ansa


In Sardegna il 32,3% dei bambini e adolescenti vive in condizioni di povertà relativa. Ma non sono solo le condizioni economiche del nucleo familiare a pesare sul loro futuro. Inoltre la segregazione educativa allarga sempre di più la forbice delle disuguaglianze, in particolare nelle grandi città come Cagliari. Lo rileva il 9/o Atlante dell'infanzia a rischio "Le periferie dei bambini" di Save the Children, pubblicato da Treccani. Nel capoluogo sardo i 15-52enni senza diploma di scuola secondaria di primo grado segnano una percentuale prossima allo zero in quartieri come Monreale (0.3%) e Monte Mixi (0,7%), con un divario che cresce progressivamente fino ad arrivare ai dati più alti nei quartieri di San Michele (11,6%) e Cep (11,8%)

Differenze sostanziali tra una zona e l'altra riguardano anche i Neet, i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in alcun circuito di formazione: anche in questo caso le differenze tra aree della città sono significative. Si va dai numeri più bassi di La Vega (4,3%) a zone dove la concentrazione è più alta come Borgo Sant'Elia (18,2%)[2]. Anche i dati tratti dai test Invalsi testimoniano il divario nell'apprendimento scolastico. Anche i dati tratti dai test Invalsi testimoniano il divario nell'apprendimento scolastico, che secondo i risultati riportati a Cagliari, hanno avuto miglior esito nel comune piuttosto che nelle aree della cintura metropolitana.

Allargando lo sguardo alle altre risorse educative essenziali per lo sviluppo dei bambini, scopriamo, ad esempio, che i minori che non hanno l'opportunità di navigare su Internet nel Mezzogiorno e nelle Isole si concentrano nei capoluoghi delle grandi aree metropolitane (36,6%), e vivono spesso nelle famiglie con maggiori difficoltà economiche (38,8%), così come, nelle stesse zone, i bambini e adolescenti che non svolgono attività ricreative e culturali raggiungono il 77,1%[4], un dato che in Sardegna scende molto attestandosi al 58,4%.

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