In Sardegna

Francesco Casula presenta il suo libro “I viaggiatori italiani e stranieri in Sardegna”

L’opera contiene la testimonianza di 37 personaggi, 18 italiani e 19 stranieri

Francesco Casula presenta il suo libro “I viaggiatori italiani e stranieri in Sardegna”

Di: Redazione Sardegna Live


Il 6 ottobre prossimo in Mandas (ore 18, all'interno della X Edizione del festival internazionale della letteratura di viaggio "D. H, LAWRENCE””l) verrà presentato il libro di Francesco Casula "Viaggiatori italiani e stranieri in Sardegna" (Alfa Editrice, Quartu, 2015).

L’opera contiene la testimonianza di 37 personaggi (18 italiani e 19 stranieri: tedeschi, francesi, inglesi) che visitano la Sardegna (fuorché i primi due di cui si parla nel libro; Cicerone e Dante e Cattaneo) e sulla nostra Isola scrivono, anche più libri (come il generale La Marmora). Sono soprattutto scrittori, romanzieri e giornalisti (ricordo fra gli altri Honoré de Balzac e Vittorini, Levi e Lawrence, Valery e Bontempelli Savarese e Lilli); ma anche linguisti (Wagner) e letterati (Boullier), politici (Cattaneo, De Bellet) e antropologi (Mantegazza e Cagnetta), docenti universitari (Gemelli e Le Lannou), militari (La Marmora e Smyth, Domenech e Bechi), ecclesiastici (il pastore protestante Fuos e il gesuita Padre Bresciani), nobili (Francesco d’Este, Von Maltzan.), archeologi (Harden) e fotografi (Delessert), imprenditori (Tennant). I giudizi e le valutazioni sulla Sardegna e sui sardi sono i più svariati.

Alcuni infamanti e insultanti: come quelli di Cicerone che epiteta i Sardi come mastrucati latrunculi, inaffidabili e disonesti. O quelli del francese Jourdan, che deluso per non essere riuscito dopo un anno di soggiorno in Sardegna, a coltivare gli asfodeli per ottenerne alcool, parla di una Sardegna rimasta ribelle alla legge del progresso, terra di barbarie in seno alla civiltà che non ha assimilato dai suoi dominatori altro che i loro vizi.

Altri esaltano l’ospitalità dei Sardi come il francese Valery secondo cui essa è allo stesso tempo una tradizione, un gusto e quasi un bisogno per il sardo. Un altro francese, Boullier, innamorato della Sardegna, in due opere sui canti popolari e sui costumi dei Sardi, raccoglie, commenta ma soprattutto fa conoscere in Francia molta poesia popolare sarda. Altri come Wagner, studiano e analizzano la lingua sarda, su cui scriverà opere monumentali come il Dizionario etimologico sardo, La Lingua sarda e La vita rustica. analizzano la cultura e la lingua sarda, Roissard de Bellet, nobile francese, pur trattenendosi in Sardegna qualche settimana appena scrive il suo libro sull’Isola dando molto risalto alla storia e, acutamente osserverà che in Sardegna Si è diffusa una letteratura sarda, esattamente come è avvenuto in Francia del provenzale, che si è conservato con una propria tradizione linguistica”.

Un italiano Francesco d’Austria-Este esprime giudizi molto severi sui vicerè: Riguardavano comunemente la Sardegna come un esilio – scrive – in cui stavano tre anni per arricchirsi, o farsi meriti presso la loro corte. L’inglese Tennant nella sua opera La Sardegna e le sue risorse parla della necessità di una serie di intraprese tese a valorizzare la produzione locale per favorire le esportazioni e ridurre le importazioni. Individua a questo proposito i settori portanti dell’economia sarda sui quali intervenire: l’agricoltura, le miniere, le piccole industrie, la lavorazione in loco delle materie prime, una politica fiscale meno vessatoria, il turismo, grazie anche all’ambiente incontaminato e all’amenità dei luoghi, unito ai monumenti antichi unici al mondo.

L’italiano Mantegazza, sociologo, economista e medico, denuncia l’abbandono e l’isolamento in cui è lasciata dai poteri centrali; l’uso di mandare nell’Isola, come una Siberia d’Italia funzionari rozzi, inetti, ignoranti o addirittura colpevoli; l’assalto dell’Isola da parte di avidi speculatori che, per esempio strappano le foreste, lembo a lembo, con feroce vandalismo; l’estrema povertà e insufficienza dell’ordinamento scolastico…gli ergastolani che gli fanno pensare che la società si vendica più di quel che si difenda.

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