Cagliari

Università di Cagliari: “Rifiuti sui fondali marini, è emergenza”

Uno studio che rivela la minaccia nel Mediterraneo. la denuncia arriva da un team di ricercatori, tra i quali Alessandro Cau, del dipartimento di scienze della vita e dell’ambiente dell’Ateneo cagliaritano

Università di Cagliari: “Rifiuti sui fondali marini, è emergenza”

Di: Alessandro Congia


E’ stato pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Research Letters un articolo sulla problematica dei rifiuti depositati sul fondo dei mari del mondo. Lo studio segue a distanza di due anni – e dopo ricerche specifiche approfondite – l’importante workshop sul tema organizzato a Bremerhaven (Germania) dal Joint Research Center della Commissione Europea e l’Alfred Wegener-Institut. In quell’occasione, furono messi a confronto i massimi esperti mondiali con l’obiettivo di giungere alla stesura di un documento che fornisse la sintesi delle attuali conoscenze sui materiali di origine umana depositati sul fondo e sulle metodologie per migliorare il lavoro futuro, al fine di fornire informazioni dettagliate per le future misure di gestione della problematica.

Tra gli autori – presenti anche al simposio tedesco - figura Alessandro Cau, ricercatore di Ecologia al Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università di Cagliari, insieme ad altri 27 studiosi di numerosi istituti di ricerca tra i quali l'Università di Barcellona (Spagna), Università delle Azzorre (Portogallo), l'Alfred Wegener-Institut (Germania), Università di Utrecht (Paesi Bassi), del Bergen Marine Research Institute (Norvegia), il Monterey Bay Aquarium Research Institute (MBARI, California, USA), l'Agenzia giapponese per la scienza e la tecnologia marina e terrestre (JAMSTEC, Giappone), l'Istituto di ricerca francese per lo sfruttamento del mare (IFREMER, Francia) e l'Università di Oxford (Regno Unito).

Il ricercatore cagliaritano, componente del gruppo di Biologia Marina dell’Università di Cagliari, ha contribuito alla stesura dell’articolo con le competenze acquisite grazie alle ricerche svolte nei mari di Sardegna e nel Mediterraneo, il mare più inquinato al mondo. Di recente, uno studio a cui il dottor Cau ha partecipato ha dimostrato che ad elevate profondità, oltre i 1000 metri, spesso la biomassa pescata con lo strascico (pesci, crostacei, molluschi) è uguale o inferiore a quella dei rifiuti. Come dire che a certe profondità ci sono più rifiuti che pesci.

Numerosi siti dei nostri mari, infatti, hanno suscitato l’interesse della comunità scientifica per la loro posizione in prossimità di alcune tra le rotte navali più trafficate del Mediterraneo e del mondo: ne sono un esempio il canyon di Nora e le bocche di Bonifacio, siti che ospitano una ricchissima biodiversità che purtroppo è minacciata dalle attività umane e dalla pesca. Sul fondo di entrambi i siti – anche a 450 metri di profondità - sono stati ritrovati diversi oggetti, come pneumatici e altri detriti. Plastiche, metalli, vetro, ceramica, attrezzature da pesca, tessuti e carta sono tra i materiali più abbondanti. Lo studio indica come i rifiuti stiano aumentando nei fondali marini di tutto il mondo: in alcuni casi la loro densità sarebbe addirittura paragonabile a quella delle grandi discariche presenti sulla terraferma. Secondo gli esperti questo trend è destinato a continuare, tanto che entro i prossimi 30 anni il volume dei rifiuti marini potrà superare i tre miliardi di tonnellate.

Delle milioni di tonnellate di rifiuti che entrano in mare ogni anno, meno dell’1% è visibile, perché viene spiaggiato o galleggia sulla superficie del mare, mentre il restante 99% sprofonda e finisce sul fondo, di cui conosciamo ancora molto poco. Anche per questo la problematica dei rifiuti in mare è globalmente riconosciuta come minaccia dilagante. Un esempio tra i tanti è la Direttiva Europea sulla Strategia Marina (Marine Strategy Framework Directive), che mira al raggiungimento di un buono stato ambientale tramite l’analisi di undici descrittori. Il decimo è specificatamente dedicato alla presenza e all’impatto dei rifiuti in mare.

Link all’articolo (è Open Access): https://iopscience.iop.org/article/10.1088/1748-9326/abc6d4 

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