Palermo

23 maggio 1992: oggi ricordiamo la strage di Capaci

L’Italia non dimentica il magistrato che ha dedicato la sua vita alla lotta alla mafia

23 maggio 1992: oggi ricordiamo la strage di Capaci

Di: Redazione Sardegna Live


Dalla collinetta che domina Capaci, il 23 maggio 1992, Giovanni Brusca scatenò l'inferno sull'autostrada: azionò il telecomando che provocò l'esplosione di 1000 kg di tritolo sistemati all'interno di fustini in un cunicolo di drenaggio sotto l'autostrada Palermo Trapani.

La carica di esplosivo preparata dall'artificiere Pietro Rampulla e piazzata sotto un tunnel fece volare l'auto del giudice Giovanni Falcone, stritolato assieme a tre agenti della scorta: Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. La moglie di Falcone, Francesca Morvillo, 46enne magistrato, una delle prime donne in Italia a ricoprire quel ruolo, morì poco dopo in ospedale. Si salvarono miracolosamente solo gli occupanti della terza vettura, Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo, e l'autista della Croma bianca, Giuseppe Costanza, che quel giorno si sedette sul sedile posteriore lasciando la guida a Falcone.

“Il dottor Falcone e la moglie scesero dall'aereo e vennero verso di me, ma mi fecero spostare dal mio consueto posto di guida. La dottoressa Morvillo soffriva il mal d'auto e quel giorno si mise sul sedile anteriore dell'auto. Falcone, che voleva starle accanto, decise di guidare per sedere vicino a lei. Io mi accomodai dietro”, il racconto di Giuseppe Costanza, per anni autista di Falcone, al quotidiano Domani.

Trentadue anni fa l’attentato che uno degli esecutori, Gioacchino La Barbera, chiamerà "l'attentatuni", che ha chiuso i conti con l'uomo che impersona il simbolo della lotta a Cosa nostra. Le sue inchieste sulla struttura militare e verticistica sella mafia e sui boss hanno cambiato la storia, con l'apporto di decine di collaboratori, come Tommaso Buscetta.

Con Paolo Borsellino e gli altri componenti del pool di Antonino Caponnetto, Giovanni Falcone aveva istruito il maxiprocesso e mandato a giudizio un esercito di 474 imputati. Fu la risposta più forte ed emblematica che lo Stato potesse mettere in campo e che Cosa nostra non mandò giù.

57 giorni dopo, la stessa sorte di Falcone toccherà a Borsellino. 

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