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Saman, perché i cani 'molecolari' non hanno fiutato il corpo? Ecco perché le ricerche non hanno funzionato

A spiegarcelo l’avvocato Piscitelli e Marcello Rendine, Cinofilo Forense di fama internazionale. “Che i resti della povera Saman potessero essere ritrovati sin dal primo momento è dato che non lascia spazio a dubbi”

Saman, perché i cani 'molecolari' non hanno fiutato il corpo? Ecco perché le ricerche non hanno funzionato

Di: Redazione Sardegna Live - Nella foto da sinistra: Marcello Rendine, Saman e Gianfrancesco Piscitelli


Un escavatore, appositamente modificato per non creare danni ai resti del corpo di Saman, ieri notte ha aiutato a diseppellire finalmente il corpo della ragazza pakistana di 18 anni scomparsa dal 30 aprile 2021 e che sarebbe stata uccisa dalla famiglia, come ha ricostruito l'indagine della Procura e dei carabinieri di Reggio Emilia, perché rifiutava un matrimonio combinato.

Il luogo dell’occultamento è un casolare abbandonato e pericolante vicino all’abitazione della ragazza e dei genitori e pare che il corpo sia stato occultato a circa un metro e mezzo e poi ricoperto da macerie e calcinacci.

Durante le ricerche in questi mesi più volte gli uomini specializzati sono stati a cercare in quel posto, anche con cani “molecolari” che si sono allontanati senza nulla fiutare. Il cadavere della povera Saman non sarebbe mai stato ritrovato se lo zio Danish non avesse portato gli investigatori sul luogo della sepoltura.

LE RICERCHE DELLE PERSONE SCOMPARSE - L’avvocato penalista Gianfrancesco Piscitelli, Presidente di Penelope Sardegna, esperto di persone scomparse, afferma a Sardegna Live: “Purtroppo sempre più spesso le persone scomparse non vengono trovate durante le ricerche e, se vengono trovate, vengono trovate anche dopo mesi o anni, per caso, da cacciatori, contadini o cercatori di funghi e, ciò che mi fa più specie, vicino al luogo della scomparsa; ed allora tutti poi si chiedono: ma come vengono fatte le ricerche? Ma i cani, quando intervengono, come mai non li hanno ritrovati?".

"Io - continua il legale - denuncio da anni la scarsezza di formazione del personale addetto alle ricerche che spesso sono mal coordinate come anche, soprattutto qui in Sardegna, la mancanza dell’utilizzo di tecnologie avanzate e anche di tipologie dei cani impiegati. Ho sentito venerdì sera in tv, a Quarto Grado, dire che i cani non potevano sentire il corpo di Saman perché sotterrato a quasi due metri e poi ancora che i cani da cadavere, da non confondere con quelli da mantrailing o mantracking, sentono il cadavere solo se li porti proprio sul posto. Ebbene, le mie conoscenze dicono cose diverse, ci sono cadaver dogs che hanno ritrovato cadaveri anche occultati a venti metri di profondità in pozzi. C’è molta disinformazione a riguardo e nei media parlano spesso senza ben sapere. Ieri ricorreva il dodicesimo anniversario della uccisione di Yara Gambirasio: i cani molecolari, i bloodhound venuti anche dalla Svizzera, erano passati più volte vicino al cadavere senza fiutarlo e non perché “raffreddati”, ma perché il cane non da cadavere rifugge la puzza del cadavere”.

I CANI MOLECOLARI - Per saperne ancora di più, abbiamo sentito Marcello Rendine, Cinofilo Forense di fama internazionale. A lui abbiamo chiesto di sciogliere i dubbi sulla bontà delle ricerche svolte senza esito nel caso di Saman Abas e sull’impiego dei cani così detti molecolari nella ricerca di persone scomparse o di presunti omicidi con occultamento di cadavere. Ecco cosa ci ha risposto:

“Agli esordi della mia carriera parlare, in Italia, di ‘cinofilia forense’ significava suscitare perplessità negli interlocutori istituzionali, quali Forze dell’Ordine o Magistrati inquirenti. Un cane? E cosa mai potrebbe fare di utile un cane, ai fini delle indagini? Era il pensiero più o meno celato degli addetti ai lavori. Sono state tante le porte sbattute in faccia, o mai aperte, per far capire l’effettiva utilità di un cane adeguatamente preparato.

Ma, sebbene l’impiego di unità cinofile nella ricerca di persone scomparse rappresenti senza dubbio un valido ausilio per gli inquirenti, ci si trova, ancora oggi, di fronte a quella che mi dispiace definire una assoluta improvvisazione da parte degli operatori - afferma il -. Che il cane possa essere definito, senza ombra di dubbio, un dispositivo biologico altamente specializzato è fuor di dubbio, come testimoniano numerose pubblicazioni scientifiche; ma è altrettanto fuor di dubbio che questo “dispositivo” richiede una attenta capacità di programmazione e di utilizzo.

E oggi, ahimè, si contano più improvvisati da palcoscenico che reali ricercatori e conduttori. Senza analizzare le dinamiche che hanno portato a vari “fallimenti” nelle ricerche balzate agli onori della cronaca, mi fermerei solo sulla questione dei cadaver dogs. Specialità, questa dei cani da cadavere, che mi pregio di aver per primo in Italia studiato ed impiegato.

I miei, e quelli dell’intera Sezione Dipartimentale di Medicina Legale dell’Università degli studi di Foggia, sono stati sforzi votati alla ricerca scientifica delle effettive capacità olfattive del cane; e dei corretti protocolli di preparazione degli stessi.

Sforzi premiati con le numerose pubblicazioni scientifiche e i riconoscimenti della comunità scientifica internazionale in primis; e il successo negli interventi reali come ulteriore riprova di un lavoro condotto con scrupolosa professionalità. 

Che poi un cane non possa percepire l’odore di matrici biologiche cadaveriche sotterrate in profondità è quanto di più falso possa affermarsi.

A tal proposito mi piace ricordare il caso di Andreas Bichel, passato alla storia come lo squartatore bavarese, risolto grazie all’ausilio di un cane che rintracciò i resti di alcune ragazze a circa tre metri di profondità in un terreno prossimo all’abitazione dell’omicida. Correva l’anno 1809!

Così come, in epoche decisamente più recenti, un labrador in servizio presso la nostra Sezione Dipartimentale individuò la presenza di un cadavere occultato in fondo a un posso artesiano a circa 30 metri in profondità e oltre 7 metri sotto il livello dell’acqua.

Ritrovamento quest’ultimo che diede spunto a un importante lavoro di ricerca scientifica condotto in partnership con l’Università di Malta e culminato con un importante riconoscimento presso l’American Acedemy of Forensic Sciences a Las Vegas nel 2016.

E allora, così come non si è piloti di Formula1 solo perché si acquista un’autovettura con quelle caratteristiche costruttive, con la medesima prudenza non ci si dovrebbe sentire conduttori cinofili per il sol fatto di avere un cane al proprio fianco. Un pilota è un raffinato tecnico e conoscitore, prima ancora che un conducente. E, al pari, un conduttore non dovrebbe mai arrogarsi la conoscenza del cane senza averlo mai approfonditamente studiato.

Questo è solo uno dei reali problemi che affliggono la cinofilia italiana da soccorso, troppo spesso inquinata da tanti interessi che nulla hanno a che fare con l’effettivo impiego di unità cinofile adeguatamente specializzate.

Che i resti della povera Saman potessero essere ritrovati sin dal primo momento è dato che non lascia spazio a dubbi. Dubbi che, invece, ancora una volta saltano fuori circa la scelta delle unità cinofile impiegate in ausilio agli inquirenti. A tal riguardo ricorderei anche la cattiva gestione che ha contraddistinto le ricerche di Viviana e del piccolo Gioele a Caronia.

Concludo esprimendo un personale anelito a che tutte le parti coinvolte in queste attività di investigazione e ricerca possano sempre ricordare che, dietro ad un caso di scomparsa, ci si trova di fronte ad un dramma umano. E che un cane, valido dispositivo biologico specializzato, può diventare solo una distrazione se non preparato e condotto da professionisti veri!”.

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