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Accolto dalla Cassazione, ai fini del risarcimento da stabilire in sede civile, il ricorso del leader della Lega Matteo Salvini contro un ex consigliere comunale dem del Comune di Rovereto, Paolo Mirandola, denunciato dall'ex ministro per aver detto durante il consiglio comunale del 2 marzo 2015: “Salvini in galera, un mascalzone, un delinquente abituale per tendenza”, reagendo così a un consigliere leghista che indossava la maglietta 'Renzi a casa'. Il Tribunale di Rovereto lo aveva assolto ritenendo le frasi ingiuriose, ma giustificate dal contesto politico.
In primo e secondo grado, infatti, Paolo Mirandola era stato assolto "perchè il fatto non costituisce reato" dall'accusa di diffamazione nei confronti di Salvini per le frasi pronunciate durante l'approvazione del bilancio del Comune trentino il due marzo 2015.
Per la Cassazione invece "l'avere attribuito a Salvini queste connotazioni, chiaramente infamanti, esula dal legittimo esercizio del diritto di cronaca politica perchè attinge alle caratteristiche personali del soggetto ed alla sua integrità, peraltro introducendo dei concetti" - come "l'essere Salvini un pluripregiudicato, un soggetto meritevole di subire una pena detentiva, un soggetto caratterizzato da una vera e propria propensione al delitto" - che "non appaiono nè vagliati nella loro veridicità, nè funzionali a quello specifico dibattito politico, pur ammettendo che esso si fosse spostato dall'approvazione del bilancio del Comune di Rovereto alla manifestazione romana".
Ora il danno subito dal leader della Lega, che aveva chiesto 50mila euro di risarcimento, sarà quantificato dal giudice civile competente in grado di appello.