PHOTO
"Pur non essendo questo aspetto la priorità, considerata la tragedia che il popolo ucraino sta vivendo in questi giorni, la guerra potrebbe rappresentare anche una 'miccia' per una nuova ed imprevedibile fase epidemica di Covid-19 in quel Paese, con rischi anche per il resto dell'Europa, ed un forte rischio di ripresa dei contagi potrebbe essere innescato proprio dalla vita militare e tra i soldati".
A sottolineare tale aspetto, ovvero il pericolo di 'un effetto Ucraina' sull'andamento della pandemia, è l'epidemiologo Cesare Cislaghi, già presidente della Società italiana di epidemiologia.
"In Ucraina - spiega - i contagi non si sono azzerati ma l'invio di dati si é interrotto il 24 febbraio, quando furono segnalati 27.538 nuovi casi, e non sappiamo quando, magari pur nelle difficoltà, potrà riprendere. Ma immaginiamo - rileva - la difficoltà di tenere alta la preoccupazione rispetto al contagio quando la prima emergenza è difendere la propria incolumità dalle bombe e dalle incursioni". Tuttavia, "quali promiscuità ci saranno nei rifugi, nelle metropolitane, nei treni dei profughi, nelle code ai supermarket? Speriamo veramente - afferma Cislaghi - che il virus non ne 'approfitti' e non aggiunga altri morti ai morti della guerra". L'epidemia spagnola, ricorda, "aveva seguito gli anni della prima guerra mondiale, questa guerra segue invece i due anni della pandemia da Covid. Allora si diceva che erano stati dei soldati americani in Spagna ad aver innescato il contagio e, vero o no, sicuramente la promiscuità della vita militare favorisce i contagi di una pandemia che si trasmette attraverso le vie respiratorie". Inoltre, "il clima in Ucraina non è primaverile e quindi favorisce lo sviluppo di patologie respiratorie".
E poi: "Che ne sarà dell'assistenza? degli ospedali? delle vaccinazioni? La popolazione ed i soldati ucraini hanno ora ben altre preoccupazioni che non quelle di evitare il contagio dal virus, ma appunto per questo non vorremmo che il problema diventasse una bomba per tutti. E preoccupiamoci anche di aiutare le migliaia di profughi dando loro - conclude l'esperto - tutta l'assistenza di cui hanno bisogno ed anche quindi quella mirata a prevenire il più possibile il diffondersi del virus tra di loro".