Palermo

Strage di Capaci, chi era Francesca Morvillo

Moglie di Falcone, anche lei magistrato. La sua vita

Strage di Capaci, chi era Francesca Morvillo

Di: Redazione Sardegna Live


Nata a Palermo il 14 dicembre 1945, si laurea in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Palermo il 26 giugno 1967 con una tesi dal titolo "Stato di diritto e misure di sicurezza", riportando il massimo dei voti e la lode accademica.

Come il padre Guido, sostituto procuratore a Palermo e il fratello Alfredo poi, decide di entrare in magistratura. Nel corso della carriera ricopre le funzioni di giudice del tribunale di Agrigento, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo, di Consigliere della Corte d'Appello di Palermo e di componente della Commissione per il concorso di accesso in magistratura.

Francesca Morvillo insegnò anche presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'ateneo palermitano, in quanto docente di Legislazione del minore nella scuola di specializzazione in Pediatria.

Sposò Giovanni Falcone, all'epoca giudice istruttore presso il tribunale di Palermo, nel maggio del 1986, con una riservata cerimonia civile officiata da Leoluca Orlando e gli restò accanto fino a quel fatidico 23 maggio di esattamente 29 anni fa.

Viaggiava, infatti, vicino al marito sull'autostrada A29 Palermo-Trapani, nei pressi dello svincolo di Capaci, quando una carica di tritolo fece saltare in aria le tre Fiat Croma blindate che accompagnavano Giovanni Falcone e sua moglie di ritorno da Roma.

Francesca Morvillo, ancora viva dopo l'esplosione, venne trasportata prima all'ospedale Cervello e poi trasferita al Civico, nel reparto di neurochirurgia, dove però morì subito dopo a causa delle gravi lesioni interne riportate.

Donna con un carattere deciso, aveva la sua vita, la sua personalità. Aveva scelto un amore difficile che per ragioni di sicurezza non ha potuto vivere come avrebbe voluto. Insieme a suo marito erano stati condannati dalla mafia a non poter restare mai da soli, a dover condividere ogni momento di intimità con gli agenti della scorta, perfino quello della morte.

Proprio per questa presenza così discreta ma al tempo stesso così importante rappresenta uno dei simboli più nobili della lotta alla mafia.

Fonte: Governo

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