Sassari

“Noi derise sui social e per strada per il nostro peso. Riflettete prima di scrivere o parlare” Il racconto

Hanno rivissuto quegli anni per lanciare un messaggio a tutte le persone che, superficialmente, scrivono sui social o commentano situazioni e vite delicate. Su Sardegna Live il racconto

“Noi derise sui social e per strada per il nostro peso. Riflettete prima di scrivere o parlare” Il racconto

Di: Ilaria Cardia


“Se tu sei in sovrappeso, per la società, sei solo una grandissima bugiarda” inizia così il racconto di Beatrice e Sonia, due ragazze che hanno sofferto di obesità, e che hanno deciso di raccontarsi a cuore aperto. Due storie difficili da rivivere: hanno scavato nel loro passato dove vi erano critiche, giudizi, cattiverie, sguardi inquisitori da parte delle persone intorno a loro. 

Oggi, in occasione della giornata delle donne, si raccontano in una intervista perché unite hanno deciso di guardare in faccia il loro passato e raccontare il loro lungo percorso di rinascita. E non parliamo del dimagrimento, che per la loro salute è arrivato, ma di quello che hanno subìto quando non erano conformi agli standard sociali. 

Cosa vuol dire sentirsi a disagio con il proprio corpo? 

Sonia ci spiega: “Sono arrivata a precludermi qualsiasi interazione sociale. Avevo profonda vergogna nel conoscere persone nuove o anche solo andare in un ufficio e parlare con un estraneo perché sapevo che la prima cosa che avrebbe guardato sarebbe stato il mio fisico. Sono arrivata a perdere delle amicizie costruite all’università perché mi invitavano al mare, o ad altri tipi di esperienze, e io non andavo perché mi vergognavo del mio corpo e non volevo mostrarmi in costume. Capisco solo oggi di quanto fosse dannoso per me stessa questo comportamento, durante gli anni pensavo fosse la normalità. Mi ha fatto male realizzarlo.

Durante quel periodo, non avevo assolutamente la concezione di com'ero. Mi vedevo in un modo che non corrispondeva alla realtà, non mi rendevo conto di come ero diventata. Non riuscivo a trovare più la mia taglia nei negozi e quindi compravo solo scarpe e borse.” 

 

Beatrice, con la coda dell’occhio, vedevo che annuivi ad ogni parola di Sonia. Condividi tutto quello che ha detto?

“Assolutamente in tutto e per tutto. Forse il mio dolore più grande era l’ambito lavorativo. Lavoravo tanto sulla crescita professionale e ricevevo molti complimenti e tante richieste di mostrarmi durante il lavoro sui social. Oggi, lavorativamente, se non pubblichi non esisti e mi chiedevo ‘Come fai a pubblicare qualcosa che devi nascondere?’.  Come faccio a vendere il mio servizio quando io mi vorrei solo cancellare? Immagina che durante la quarantena del 2020 mi sono finalmente sentita al sicuro e riprendere la vita è stata una tragedia. Quindi lacrime per uscire, non vuoi mettere niente, ma devi andare al lavoro. Arrivare a piangere per fare quello che ami è la cosa più brutta che possa esistere: hai sputato lacrime e sangue per ottenere un risultato e, nel momento in cui puoi godere del frutto del tuo sacrificio, vivi nel turbinio di vergogna più assoluta. Quindi un grande conflitto di emozioni inimmaginabile”

Qual era il vostro rapporto con il cibo? 

Il cibo era il mio nemico. Era la causa del mio malessere e lo rifiutavo con tutte le mie forze. Poi, un giorno, sono arrivata allo stremo delle forze. Ero in sovrappeso da un anno e mezzo ed ero arrivata al limite della disperazione e mi sono detta ‘Se non mi aiuta nessuno mi devo aiutare io.” 

Sonia, per te invece? 

“Per me il cibo è sempre stato un conforto allo stato puro. Serviva per tirarmi su il morale, mangiavo quando ero felice, mangiavo per festeggiare qualcosa, insomma, qualsiasi cosa succedesse nella mia vita io dovevo andare a mangiare.  Ho sempre pensato di essere in sovrappeso. E ti dico “pensavo” perché in realtà non lo sono sempre stata. L’ho realizzato tanti anni dopo, quando ho dato un paio di jeans, che usavo a 18 anni, ad una ragazza magra. Ero incredula. Tante critiche e sofferenza, ed io pesavo solo 68 chili. E nonostante io fossi magra mi dicevano che ero grassa e ci credevo.” 

 

Chi te lo faceva pesare? 

“Tutte le persone con cui avevo a che fare. Concluse le superiori fu un’escalation: diventai pigra dal punto di vista fisico con lo sport (era divenuta una fatica disumana anche vestirmi per andare in palestra), oscillavo costantemente con il peso sino al 2015.  Dal 2015 al 2021 ho messo su 45 chili e non riuscivo a perderli. Facevo diete, andavo in palestra, perdevo sette, otto, nove chili ma non vedevo mai la fine” 

 

Notate differenze tra l’essere in sovrappeso e qualsiasi altra problematica fisica?

“Purtroppo si, osservando la nostra società e in base al nostro vissuto, l’anoressia viene considerata da tutti come una malattia. L’obesità, e quindi l’essere grassi, invece è un vizio.  Ti viene detto “Chiudi la bocca e vai in palestra, così dimagrisci”.  Non sei perdonata, sei in difetto perché è solo colpa tua. Se sei in sovrappeso, per la psicologia comune, devi andare da un dietologo. Nessuno ti chiede ‘Come stai? Cosa stai affrontando?’ ti chiedono invece ‘Cosa mangi? Ma fai una dieta?’ È inevitabile sentirsi, in tale contesto, un malato di serie b e credere di poter chiedere aiuto. Non si pensa, comunemente, che alle volte sia necessario l’intervento di uno psicologo e che tu possa avere un problema psicologico, di conseguenza diventi una grandissima bugiarda

 

Qual era il vostro rapporto con i social?

“Alcune volte mi faceva soffrire vedere degli abiti molto belli, indossati da modelle perfette, che io non avrei mai potuto indossare.” racconta Sonia. Beatrice invece ricorda “Soffrivo molto l’estate. Mi feriva guardare quel che mi negavo, come il mare. Era terribile vedere le persone postare le foto in spiaggia mentre io ero reclusa dentro le mura di casa per la vergogna.”

 

Per voi, cosa c’è di sbagliato nella cultura?

“L’assenza di informazione e sensibilità. Non si può pensare di poter uscire di casa e dire tutto quello che si pensa oppure scrivere quel che si vuole sui social. Sarebbe impossibile insegnare un’emozione come la sensibilità, insegniamo quindi il rispetto.  Dietro i difetti fisici ci sono persone che stanno combattendo la loro battaglia, è necessario rispettarli per rendere il loro percorso meno tortuoso.”

Vi siete mai sentite sbagliate per la società?

Beatrice prende subito parola: “Mi sono sentita sbagliata per tanto tempo, ora non più. Dimagrire regala molta sicurezza ma non è tutto. È vero, sono dimagrita ma porto i segni di quel che è stato: ho la pancia molle e ho un sacco di smagliature eppure sono serena. Oggi voglio avere i miei difetti, non ambisco ad essere un modello di perfezione perché è “malato” ambire alla perfezione.”

Sonia aggiunge: “Io ho trovato un equilibrio col mio corpo – e porta un esempio - non mi peso da sei mesi; prima non esisteva proprio, arrivavo a pesarmi cinque volte al giorno. Per me vedere 200 grammi in più sulla bilancia era la cosa peggiore del mondo… oggi non mi interessa più” 

Qual è stato l’episodio peggiore che ricordate con più dolore? 

Ridono entrambe e Sonia racconta: “Purtroppo l’ho vissuta sui social e precisamente su Facebook. All’epoca lavoravo in un negozio di abbigliamento; mi capitò di servire una madre e una figlia che conoscevo di vista. Con questa ragazza avevo delle amicizie in comune e dopo qualche giorno dall’incontro vidi le due (quindi madre e figlia) più l’amicizia in comune beffeggiare allegramente il mio aspetto fisico nella sezione commenti di un post. Troppi riferimenti per pensare che non parlassero di me. La mia “colpa”? Aver indossato dei pantaloni gialli decisamente (a loro modo di vedere) inopportuni per il mio peso. Queste persone si sono divertite pubblicamente a deridermi.”

Continua Beatrice: “Io escluderei tutte le persone che mi hanno fermata con la convinzione che avessi voglia di parlare con loro del mio problema. Ti racconto, invece, un episodio avvenuto appena conclusa la quarantena del 2020. 

Sono andata nella città dei miei nonni dopo un bel po’ di tempo, sono anziani e avevo una grandissima voglia di abbracciarli. Arrivo, li vedo, scendo dalla macchina, inizio a correre verso di loro e sento mio nonno che urla in mezzo alla strada: ‘ È diventata grassa come una vacca!’. 

Non gli diedi quell’abbraccio, me ne andai. Questo portò ad una distanza di un anno e mezzo di vita con i miei nonni. Pensando che hanno novant'anni, è davvero tanto tempo. 

Non avevo il coraggio di farmi vedere da loro.”

Aspetta, tu non li hai tenuti lontani perché ti sei sentita offesa, ma piuttosto perché ti vergognavi del tuo aspetto? 

“Esatto. Mio nonno aveva ragione, ero ingrassata come una vacca. Lui lo ha solo detto a parole, tutti gli altri lo facevano capire con lo sguardo. Infiniti sguardi nutriti da disgusto e pena”.

Interviene Sonia: “Hai presente un fenomeno da baraccone? Ecco la gente ti guarda con stupore del tipo ‘Ma cosa è successo’. La gente si gira e ti fissa; sei un evidenziatore vagante. Per forza che poi hai solo voglia di nasconderti” e Beatrice aggiunge “Ti senti in difetto e quindi viene naturale giustificare il comportamento, anche se sbagliato, delle altre persone. È un vortice dove stai sempre peggio”

Cosa avviene quando inizi ad amarti e riesci a sorridere su gravi episodi come questi?

“Succede che lasci il nero e il tuo armadio si colora perché ti vuoi godere tutto. Accade che vai in palestra perché sai che ti farà bene e rispetti il corpo. Io oggi la vedo così: dovrò sempre ringraziare il mio corpo perché si è gonfiato per contenere tutto quello che io avevo dentro; quando ho avuto il coraggio di sputarlo fuori è ritornato alla norma. Quindi oggi mi do una pacca sulla spalla e ringrazio il mio fisico perché non mi ha fatto avere un crono mentale.” 

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