Se l’Italia è indietro con le riforme, non è certo perché non ci siano i saggi nel nostro Paese. Solitamente vengono chiamati in causa tutte le volte che la classe politica più che intimorita dall’elettore stanco e minaccioso è pronta a occuparsi di lui per rabbonirlo con promesse apparentemente nuove o con qualche concessione che sa di tozzo di pane par gli affamati, ma non altro. Stavolta, però, al contrario di precedenti inconcludenti, sembrerebbe l’inizio di una nuova stagione più fortunata pure per loro.

Dunque largo ai saggi, o esperti o specialisti, sperando che siano tutte e tre le cose insieme. Pescati un po’ da tutte le parti, in virtù della loro esperienza e preparazione, ma, inevitabilmente, anche delle aree politiche  di riferimento. Fin qui tutto scontato. Così come la presenza delle donne - avvenuta, vogliamo sperare, per loro rispetto, come esito di proprie capacità e non per imposizione di quota o compensazioni di genere - nelle fila dei 35 specialisti di turno, che avranno il compito di esporre, in sede referente, il lavoro svolto davanti al parlamento che poi, attraverso gli emendamenti non ipotizzabili nel numero e nella sostanza, delibererà nella forma e nel merito, se lo farà.

Non ci vuole la sfera di cristallo per capire che le difficoltà non mancheranno. Lo stesso Presidente Giorgio Napolitano, alla vigilia del significativo appuntamento con la festa della Repubblica, ha dichiarato, dopo aver evidenziato l’aggravarsi della crisi che stiamo vivendo, che vigilerà perché nel percorso delle riforme non prevalgano le “opposte forzature o l’inconcludenza”. Gli italiani che pensano al bene comune e alle possibilità di ripresa confidano in lui. In questa prospettiva, dunque, bisogna guardare, senza lasciarci travolgere dal pessimismo a cui pure siamo stati abituati.