''Doveva essere la giornata di svolta per la sopravvivenza dell'economia sarda e invece - sostengono i pastori sardi uniti - i listini troppo bassi per il latte ovino destinato alla trasformazione casearia non aiutano né i pastori, né i consumatori che stanno pagando nel prezzo finale del Pecorino quegli intermediari che non hanno controllato le quote di produzione e mai hanno proposto un ente di controllo del prezzo minimo del Fiore Sardo, Pecorino Romano e Pecorino Sardo''.

Per la delegazione dei pastori sardi, fermi in piazza del Viminale durante le cinque ore di confronto al Tavolo nazionale di filiera sul Pecorino convocato dal vice premier Matteo Salvini insieme al ministro delle Politiche agricole e alimentari Gian Marco Centinaio, con la proposta di ritiro delle forme di pecorino in eccedenza sul mercato e il prezzo del latte ovino a 70 centesimi al litro ''il rischio di impresa resta a carico dell'anello debole della filiera, i pastori. Nulla rischiano invece l'industria di trasformazione e gli intermediari della distribuzione. Pagando invece un euro al litro per il latte in consegna a febbraio gli industriali dimostrerebbero capacità di impresa su un formaggio che arriverà sul mercato a partire da maggio. Quando c'è qualcosa che non va in una filiera dovrebbero farne le spese tutti, e invece a essere penalizzati sono i pastori, insieme ai consumatori''.

Quello del pastore, concludono, ''è un mestiere che avrà futuro se viene riconosciuto anche il ruolo sociale e ambientale della pastorizia. La Sardegna è così bella perché i pastori curano gli sfalci, i sentieri, il paesaggio rurale. Il turismo è legato all'agricoltura, ma con compensi sotto i costi di produzione ci stanno calpestando''. (ANSA)