Una clamorosa svolta arriva dopo 30 anni nell'ambito delle indagini sulla morte di Manuela Murgia, la 16enne trovata senza vita a Tuvixeddu (Cagliari) nel febbraio 1995. Secondo quanto emerge, la Procura di Cagliari ha iscritto nel registro degli indagati l’ex fidanzato della giovane, il 54enne Enrico Astero, accusato di omicidio volontario. L'uomo è difeso dall'avvocato Marco Fausto Piras.

Il pm che segue l'inchiesta, Guido Pani, ha notificato l’avviso di accertamenti tecnici non ripetibili relativi all’esame degli indumenti recuperati 30 anni dopo la morte di Manuela Murgia nell’ex ufficio di Medicina legale del Policlinico. I vestiti della ragazza sono tornati al centro delle indagini da alcune settimane.

Una storia rimasta per decenni avvolta in una nube di sospetti e dubbi mai chiariti.

LA STORIA

Il 5 febbraio del 1995, dopo una telefonata anonima alla polizia, un corpo senza vita viene ritrovato all'interno del canyon artificiale di Tuvixeddu a Cagliari. Nella più grande necropoli punica del Mediterraneo, giaceva il cadavere di Manuela Murgia, una 16enne scomparsa il giorno prima dopo essere uscita di casa per incontrare qualcuno.

Al momento della sparizione, la ragazzina indossava sotto i jeans i pantaloni del pigiama, mentre sul tavolo della cucina di casa aveva lasciato un rossetto e un profumo. Un testimone raccontò agli inquirenti di averla vista salire a bordo di un'auto prima di allontanarsi da casa. Fu l'ultimo avvistamento di Manuela.

La sua morte è rimasta avvolta nel mistero per tre decenni rendendo quello di Manuela Murgia un cold case. La famiglia, in particolare le sorelle Anna ed Elisabetta e il fratello Gioele, si è sempre battuta per stabilire la verità sulla morte di Manuela. Il decesso della ragazza venne allora archiviato come suicidio, ma le persone più vicine a lei non hanno mai creduto a quella tesi.

30 ANNI DOPO

Nel 2024, i familiari della vittima avevano presentato un'istanza per la riapertura del caso, ma la Procura di Cagliari aveva respinto la richiesta. A marzo 2025, gli avvocati Giulia Lai e Bachisio Mele hanno presentato una nuova istanza allegando la consulenza redatta dal medico legale Roberto Demontis, il quale ipotizza che non si tratterebbe di suicidio o di una caduta, "ma che le lesioni sarebbero compatibili con un incidente stradale e che, probabilmente, prima dell'incidente ci sarebbe stata una violenza sessuale e poi un occultamento di cadavere", come spiegato dall'avvocata Lai.

L'ipotesi avanzata dalla famiglia è dunque che il corpo senza vita di Manuela sia stato trascinato solo dopo la morte nel canyon dove venne ritrovato. "Ufficialmente non ci è arrivata nessuna comunicazione da parte della Procura, ma anche durante la trasmissione Detectives di Rai2 l'ex capo della Mobile di Cagliari Emanuele Fattori ha confermato la riapertura del caso", aggiunge la legale. Oggi la svolta.