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Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione Socialismo diritti riforme punta il dito contro la situazione sanitaria all’interno delle carceri sarde.
«Risultano assenti otto coordinatori sanitari su dieci Istituti, carenti i medici specialisti e spesso anche i farmaci per i disturbi psichiatrici, in aumento costante i detenuti in doppia diagnosi. Le carceri della Sardegna sono in affanno e la situazione nella casa circondariale “Ettore Scalas”, la più grande dell’isola, richiede immediati interventi dalla Regione». La presidente ha ricevuto diverse segnalazioni dai familiari dei detenuti «preoccupati per la difficoltà che i congiunti incontrano per disporre di alcuni farmaci e per le lunghe liste d’attesa per una visita odontoiatrica o psichiatrica».
Caligaris sottolinea che: «Nel villaggio penitenziario di Cagliari-Uta sono attualmente recluse 565 persone (23 donne – 137 stranieri ) a fronte di 561 posti. Una situazione solo apparentemente accettabile sotto il profilo strettamente numerico ma assai complessa per la tipologia di ristretti. A parte le persone anche con insorgenze tumorali, a preoccupare sono le problematiche psichiatriche specialmente quelle connesse alle tossicodipendenze. Sono infatti all’ordine del giorno i gesti di autolesionismo e atti inconsulti. Nonostante un’alta percentuale di persone con problemi psichiatrici e psicologici, disturbi dell’umore e borderline (circa il 40%), sono in servizio solo due psichiatri e due psicologhe. Ma soprattutto spesso mancano alcuni farmaci antipsicotici».
«È diventato improcrastinabile – sottolinea la presidente di Sdr – il coordinatore sanitario. Una figura stabile e a tempo pieno che possa gestire al meglio le risorse umane e professionali nell’ottica di garantire costantemente e con efficacia il percorso di cura dei ristretti. La procedura di selezione peraltro è stata espletata lo scorso luglio ma ancora non è stata effettuata la nomina. C’è poi il problema del referente medico per ciascun detenuto. È assente insomma il corrispettivo del Medico di base che permetterebbe ai detenuti di avere un rapporto più diretto e meno ansiogeno, in analogia a quanto si verifica con i reclusi ricoverati nel Centro Clinico. Si tenga conto che l’ingresso e la permanenza in carcere aumentano i rischi per la salute
fisica e psichica. Non si possono del resto sottacere le aggressioni verso gli Agenti di Polizia Penitenziaria e del Personale sanitario da parte di detenuti che distruggono i suppellettili della cella manifestando crisi nervose o tendenze antisociali».
«Infine l’organizzazione della sanità penitenziaria, in particolare a Cagliari-Uta, ha necessità di un riordino e di una seria presa in carico da parte dell’Ats. Occorre una rivisitazione e un aggiornamento. A 8 anni dalla riforma urge una verifica sull’efficienza del sistema. La situazione della struttura detentiva è profondamente cambiata. Aldilà delle istanze dei familiari dei ristretti, non solo i detenuti ma anche gli Agenti della Polizia Penitenziaria, gli Educatori e tutti gli operatori sanitari – conclude Caligaris – hanno necessità di svolgere il proprio ruolo con garanzie di sicurezza e serenità».