"Sorpresa ed amarezza" del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe) dopo che i familiari di Stefano Dal Corso, il detenuto romano morto nel carcere di Massana a Oristano, hanno annunciato opposizione all'istanza di archiviazione dell'inchiesta sulla morte del 42enne.

LE PAROLE DEL SAPPE

"La ricerca della verità è del tutto legittima da parte dei familiari, ma credo che si dovrebbero evitare illazioni e gogne mediatiche. Noi confidiamo nella magistratura, che ha disposto l'archiviazione all'esposto dei familiari, perché la polizia penitenziaria, ad Oristano come in ogni altro carcere italiano, non ha nulla da nascondere - dichiara, in una nota, il segretario generale del sindacato Donato Capece -. L'impegno del primo sindacato della polizia penitenziaria, il Sappe, è sempre stato ed è quello di rendere il carcere una 'casa di vetro', cioè un luogo trasparente dove la società civile può e deve vederci 'chiaro', perché nulla abbiamo da nascondere ed anzi questo permetterà di far apprezzare il prezioso e fondamentale, ma ancora sconosciuto, lavoro svolto quotidianamente, con professionalità, abnegazione e umanità, dalle donne e dagli uomini della polizia penitenziaria".

L'AVVOCATO DELLA FAMIGLIA DELLA VITTIMA

L'avvocata Armida Decina, legale della famiglia Dal Corso, in una conferenza stampa alla Camera, aveva spiegato che a fronte dell'autopsia "la prima cosa che viene riscontrata è che è sbagliato dire che la causa del decesso di Stefano sia stata la rottura dell'osso del collo, perché invece era integro", spiegando che sono stati "rilevati elementi compatibili tanto con un impiccamento atipico quanto con lo strangolamento".