L’Isola riparte dopo tre settimane di zona rossa dopo la classificazione in zona arancione “per un periodo di 14 giorni, ferma restando la possibilità di una nuova classificazione”, come spiegato nell’ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza.

Oggi l’assessore regionale alla Sanità Mario Nieddu sosterrà ancora quanto ribadito da giorni: "La Sardegna registra dati da zona gialla da settimane, chiederò di passare in fascia gialla già dalla prossima settimana".

Alberto Bertolotti (Confcommercio Sud Sardegna) commenta che "è la ripartenza dei flussi turistici perché l’importazione dei consumatori è la cosa che più di altre muove l’economia della Sardegna".

"Noi abbiamo qualcosa da ridire invece sul metodo che si utilizza di queste fasce - è la denuncia Tonio Pani, presidente di Confartigianato Benessere Sud Sardegna -. Questo gioco di colori porta alla disperazione. A livello nazionale abbiamo presentato un dossier dimostrando che i centri benessere devono essere inseriti nelle attività che aprono anche in zona rossa perché rispettiamo il protocollo e siamo a tutti gli effetti degli ambulatori benessere. Ogni volta che ci fermano in Sardegna lasciano a casa 3.500 imprese di cui 2.800 artigiane e 5.200 addetti in tutto con un giro d'affari di 530 milioni di euro. Non solo, non arrivando ristori la gente si arrangia come può magari operando in abitazioni private e quindi non rispettando il protocollo sanitario".

Anche Roberto Bolognese, presidente regionale di Confesercenti, interviene sulla questione: "Diciamo che non è cambiato molto dopo questo passaggio, bar e ristoranti restano chiusi e ovviamente ne risentono anche gli altri negozi. Chi esce va a comprare quel che serve ma non si fa la passeggiata nelle vie dello shopping. E quelle serrande abbassate stanno creando una tensione preoccupante complice anche un sistema nazionale difficile da capire e che non corrisponde alla realtà: abbiamo dati da zona gialla e siamo arancioni, gli altri aprono e noi no. Si sta scherzano con il fuoco ma bisogna stare molto attenti".

"Attenzione perché forse la cosa più preoccupante è che manca la prospettiva, stanno mortificando anche la speranza. Diciamolo chiaro: i ristori sono assolutamente insufficienti e in ritardo, la programmazione è inesistente e questo porta un clima di tensione perché si mortifica la voglia di fare impresa. Forse non abbiamo capito che il 25% delle nostre aziende è a rischio chiusura definitiva", prosegue Bolognese. "Se queste chiudono la corda si spezza definitivamente. Senza contare inoltre che resta a casa chi in questi anni ha acquisito competenze non solo studiando ma al lavoro. Chiedo una cosa: che si preveda un periodo di accompagnamento alle imprese. Terminato l’allarme pandemia, tax free e prestiti agevolatissimi".