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«L'ospedale San Camillo non si tocca». È il messaggio urlato dalle migliaia di persone che mercoledì scorso a Sorgono hanno manifestato in difesa del presidio sanitario del Mandrolisai. In prima linea c'erano i sindaci con la fascia tricolore, gli operatori del settore, i sindacati, i lavoratori, i volontari, i cittadini, tantissimi studenti.
«Noi protestiamo - dice Alessandro Corona, sindaco di Atzara - mentre a Cagliari i burocrati lavorano per eliminare i nostri diritti». Il sindaco di Sorgono Giovanni Arru precisa che il territorio della Barbagia e del Mandrolisai non è uguale agli altri.
«Chiediamo che il San Camillo venga tenuto in vita con i servizi di cui abbiamo goduto finora. Gli incontri con l'assessore Arru non hanno prodotto nessun risultato». Il distretto sanitario ha un bacino di 17 mila persone. Se si considera che fanno riferimento al San Camillo anche molti paesi del Barigadu si arriva a 25 mila cittadini.
«Abbiamo sbagliato quando è stato chiuso il reparto di ginecologia e ostetricia - dice il sindaco di Desulo Gigi Littarru - non abbasseremo più la guardia. L'ospedale di Sorgono garantisce anche stipendi».
Il sindaco di Ollolai Efisio Arbau dice che l'assessore Arru sta sbagliando tutto. «È inadeguato per ricoprire quel ruolo. Confido nel presidente Pigliaru».
Il primo cittadino di Meana Sardo Angelino Nocco, presidente della comunità montana Gennargentu Mandrolisai, chiede 1 milione di euro in più per il San Camillo, per garantire i servizi a tutto il centro Sardegna. «Qui siamo disastrati da ogni punto di vista. Il San Camillo deve essere un ospedale di montagna. Il nostro paese, se si esclude Sorgono, è a 90 minuti dal primo pronto soccorso».
Il sindaco di Tonara Flavia Loche spiega che i cittadini sono stanchi di vedersi negati i diritti.
Il primo cittadino di Teti, Laila Dearca sottolinea: «Non siamo una riserva indiana. Vogliamo essere trattati come i cittadini di Cagliari e Sassari».
Il San Camillo «è una struttura fondamentale», ribadisce il sindaco di Belvì Sebastiano Casula.