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La Sardegna è ancora sofferente per le fiamme che nei giorni scorsi hanno travolto il sud dell'Isola, con particolare riferimento al dramma du Punta Molentis (sul litorale di Villasimius), avvolta da sinistre e violente lingue di fuoco le cui immagini hanno fatto il giro del mondo.
Oggi, 31 luglio, ricorre l'ottantesimo anniversario di un altro dramma del fuoco, di entità ben maggiore, che nel 1945 travolse la comunità del Goceano.
UN GIORNO DI FUOCO
Le cronache ricordano quel 31 luglio 1945 come una giornata iniziata sotto i migliori auspici. Gli abitanti di Anela erano attesi nella caserma forestale posta a circa mille metri a monte dell’abitato per prendere parte a una celebrazione religiosa di ringraziamento per la fine della Seconda guerra mondiale.
Un giorno di festa che sarebbe certamente culminato in un momento di convivialità dopo i dolori e i lutti della guerra che aveva sconvolto il mondo e anche numerose famiglie del posto. Quando erano da poco passate le 11 del mattino e la messa si era appena conclusa, però, uno squillo di tromba ruppe la pace di una giornata di sole.
Era il segnale che giungeva dal punto di avvistamento di Masiennera: un incendio era scoppiato alle pendici del monte. La squadra antincendio si attivò tempestivamente. I forestali corsero a compiere il loro dovere di guardiani e custodi del territorio.
L'INCUBO DI TRASCHIA
Giunti in un punto in cui si interrompeva la comoda viabilità, dovevano per forza imboccare dei sentieri che si insinuavano all’interno della fitta vegetazione. Iniziò così la loro discesa verso valle, nel cui fondo erano state appiccate le fiamme.
Quando i "guardia fogos" giunsero sul posto segnalato, in località Traschia, si ritrovarono fatalmente circondati dalle fiamme del rogo ormai impetuose e fuori controllo. Iniziò una ritirata difficoltosa che costò la vita a sette di loro.
I malcapitati rimasero avvolti e soffocati dalla pesante nube di fumo, furono avvolti dalle fiamme. Il coraggio di quegli uomini non fu ripagato dalla sorte. Morirono come eroi, un sacrificio drammatico e sconvolgente che ancora oggi rimane nella memoria della gente del posto.
Giovanni Sanna (51 anni), Antonio Satta (46 anni), Giovanni Antonio Sini (38 anni) erano affiancati in quel giorno infernale dai giovanissimi colleghi Settimio Farina (anni 22), Salvatore Paoni (21 anni) Silvestro Virdis (19 anni) e Antonio Loi (18 anni).
LA MEMORIA
I loro corpi mutilati, recuperati dai colleghi dopo alcune ore, vennero raccolti in alcune casse di tavola e trasportati con carri a buoi fino ad Anela, nel cui cimitero i loro resti in una tomba comune voluta dai parenti e dall’intera cittadinanza. "Allo stuolo dei Prodi – si legge nella lapide –. Fece il popolo di Anela per l’esempio mirabile del sublime dovere per cui si sacrificarono. Ogni cuore cittadino, bruciando d’amore, sia lampada votiva per chi morì nelle fiamme. Sette Eravamo e tutti siam periti, dal fumo e dal fuoco inseguiti".
Nel luglio del 2016 un'epigrafe in legno dedicata alla memoria dei sette giovani valorosi è stata posta a futura memoria presso la caserma storica della Foresta Demaniale di Anela