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Il Coronavirus sta mettendo a dura prova anche le pasticcerie. Secondo un recente studio di Confartigianato Sardegna, quintali di cioccolato che deperiscono nei depositi, tonnellate di farina e zucchero inutilizzabili, migliaia di uova rispedite al mittente, ettolitri di latte da smaltire ma anche impastatrici ferme, ordini annullati e personale in cassa integrazione o, se va bene, in ferie forzate.
Ad essere penalizzate sono oltre 774 imprese di pasticceria e gelateria 1.819 addetti.
“Siamo i primi a rispettare le regole per difendere la salute dei cittadini – ha dichiarato Antonio Matzutzi, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – ma non accettiamo un’interpretazione della norma che si traduce in una palese e assurda penalizzazione delle nostre produzioni a vantaggio di altre tipologie di prodotti di pasticceria. Così si colpiscono le nostre aziende e si nega libertà di scelta ai consumatori”.
A detta dell’Associazione Artigiana, “Lo stop alla produzione e vendita delle pasticcerie rappresenta un’assurda discriminazione rispetto ai negozi e alla grande distribuzione, ai quali è invece permessa la commercializzazione di prodotti dolciari”.
Il danno stimato, sempre secondo Confartigianato Sardegna, si aggirerebbe a oltre 15 milioni di euro per il solo mese di aprile. A marzo, invece, i danni sono stati di circa 11 milioni di euro.
Per questo è stata inviata una lettera al al Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, per chiedere un immediato intervento e per fare “Chiarezza nelle interpretazioni governative, stabilisca omogeneità di applicazione delle norme in tutto il territorio ed eviti incomprensibili disparità di trattamento tra attività con Codici Ateco diversi ma produzioni simili”.
“Dobbiamo essere tempestivi e concreti per evitare che dall’emergenza sanitaria si passi a un’emergenza sociale che non ci possiamo permettere – ha aggiunto il Segretario di Confartigianato Sardegna, Daniele Serra – e il Piano Straordinario per la Liquidità delle Imprese, dell’ingente erogazione di credito, con la garanzia dello Stato, varata dal Decreto del Presidente del Consiglio, va nella direzione giusta per consentire la ripresa. Dobbiamo essere messi nelle condizioni, in maniera semplice e diretta, di poter garantire il posto di lavoro ai nostri collaboratori e ripartire più forti e motivati di prima, una volta che l’emergenza sanitaria sarà conclusa”.
Infatti, a detta dei pasticceri artigiani di Confartigianato Sardegna, nel Decreto “Vi è un “buco normativo” che “crea discriminazione per il quale bisogna intervenire al più presto”.
“A nostro avviso – proseguono – è un controsenso che si siano lasciati, giustamente, operativi i negozi di commercio al dettaglio di prodotti alimentari, bevande e tabacchi, compresi esercizi specializzati come macellerie, panifici, drogherie, gastronomie e si siano chiuse le pasticcerie con laboratorio. Per queste ultime, la soluzione potrebbe essere quella di non consentire il servizio di consumo al banco e autorizzare almeno la vendita per asporto. E’ del tutto evidente come il commercio di prodotti delle attività, giustamente lasciate aperte, sia sovrapponibile a quelle delle pasticcerie artigianali. Per questo, da oltre due settimane, chiediamo di poter tornare a lavorare e ad aprire i negozi almeno per questi ultimi giorni prima di Pasqua”.
I pasticceri artigiani ricordano anche come “la messa in funzione della catena del fresco sia molto impegnativa e di come al momento della chiusura abbiano dovuto buttare via lieviti e paste frolle preparate per la settimana. Anche per questo, per evitare lo spreco, in questo periodo nel quale troppe persone stanno soffrendo la fame, tanti di noi hanno deciso di donare i prodotti inutilizzati a enti di assistenza e comunità”.