"Il fatto che dei positivi oltre il 50% in Sardegna e il 90% a Sassari e Olbia sia tra il personale sanitario è di una gravità di livello internazionale. E' la denuncia delle segreterie territoriali di Cgil, Cisl e Uil, che forniscono dati allarmanti, specie se messi a confronti con quelli che arrivano dall'Italia e dal mondo.

"In Italia gli operatori positivi sono l'8%, in Cina il 4%. Negli ospedali e nelle strutture di ricovero dell'Isola medici e infermieri sono stati lasciati soli, senza protezioni e direttive univoche di fronte all'epidemia", spiegano i sindacati, secondo i quali il piano d'emergenza "ha mostrato gravi criticità e lacune già da quelli che dovevano essere i presidi di selezione e diagnosi dei positivi, diventati dei focolai".

"E' inaccettabile ogni riferimento a responsabilità di medici e operatori in prima linea con gran sacrificio e abnegazione di fronte all'emergenza, esposti a rischio contagio senza dispositivi di protezione individuale a norma di legge".

Prosegue il comunicato: "A Sassari il caso di Ebola non ha insegnato niente a chi governa la sanità, i tagli indiscriminati, con riduzione di finanziamenti, posti letto e personale ha depauperato i servizi sino all'affanno attuale".

Le sigle si rivolgono al governatore Solinas e all'assessore alla Sanità Mario Nieddu, domandandosi "se sia una coincidenza che all'Aou di Sassari, dove mancano figure apicali di riferimento, c'è stata la maggiore incidenza di casi positivi tra i sanitari", o se "sia una coincidenza che in Cardiologia, senza direttore da gennaio 2019, c'è stato un focolaio con pazienti e operatori chiusi 80 ore in reparto. Se siano una coincidenza le tante infezioni ospedaliere" o se "non siano carenti programmazione, previsione, organizzazione, direttive, ofrmazione e investimenti".

"Occorre ricorrere a competenza e professionalità - conclude la nota - ma nei coordinamenti delle Unità di crisi non ci sono infettivologi e rianimatori, ma figure della società civile e imprenditoriale che, pur stimate e degnissime, non hanno conoscenze mediche, infettivologiche ed epidemiologiche".