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Spaventa di più l’aumento di un punto dell’iva oppure l’impossibilità di incidere sugli sprechi ancora imperanti nel nostro Paese? Per non parlare dell’eliminazione o, quantomeno, di un freno all’evasione fiscale. Oppure degli effetti letali della corruzione che in Italia sembra diventata una malattia incurabile e per la quale a subirne le conseguenze - a causa dell’inevitabile, perché senza alternative, aumento delle tasse - sono i cittadini appartenenti alle fasce più deboli ed esposte della popolazione.
E allora, improvvisando un metafora, visto che l’uomo sta finendo per diventare, complice una società consumistica implacabile, come una macchina, si potrebbe immaginare di approfittarne per dotarlo di un filtro, simile a quello dell’olio, che gli è sempre mancato, ovvero quello della moralità e, già che ci siamo, anche quello della saggezza. Ovviamente, si sta parlando dell’uomo politico italiano, che al contrario di una tendenza al miglioramento che pure sta nell’ordine delle cose, lui invece che fa?
Mette, sino all’infinito, in bella mostra, tutto quello che invece un rappresentate eletto dal popolo con dovrebbe avere: assenza del senso del dovere verso i cittadini e delle istituzioni, perseguimento degli interessi privati e, alla base, inesistenza o abbandono dei principi etici e morali. E’ anche evidente che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, però, questo ci consola poco, perché la parte sana dell’apparato politico è semplicemente irrilevante: altrimenti non ci troveremmo nel punto in cui siamo arrivati.
Ad ogni modo, l’uomo non è ancora una macchina. E si spera che non lo sia mai. Fino a che ci sarà questo mondo, bisognerà, piuttosto, credere che gli individui, compresi i rappresentanti politici, che in questi momenti, nell’aula del Senato, sono al centro dell’attenzione anche mondiale, trovino in se stessi gli antidotti o le soluzioni per riconoscere e superare i limiti in contrasto innanzitutto con la dignità, troppe volte dileggiata, della condizione umana di ciascuno di noi.
Per loro, per gli eletti nel febbraio scorso e per gli uomini di governo, oggi, si ripresenta in Parlamento, ancora una volta, l’occasione di un test, di fronte al popolo italiano, di idoneità al loro compito e alla loro missione, che, non dimentichiamolo noi, ma soprattutto ricordiamolo loro, è quella di servire il popolo.
Ebbene, in queste ore, non è solo in discussione l’esecutivo del premier Enrico Letta, ma l’intera reputazione di una classe politica senza capo né coda per i colpi di testa reciproci ed estranei all’attenzione e all’interesse dei cittadini, i quali vedono nei duelli rusticani perditempo tra le forze politiche, soltanto un motivo di ulteriore ritardo rispetto all’attesa infinita della soluzione di tutti i drammi che affliggono il Paese, a partire dai giovani, dalle persone e dalle famiglie sotto la soglia di povertà.
Riusciranno, oggi, i senatori della Repubblica a dare una risposta degna di quelli che sono i problemi urgenti che non possono più attendere e di cui il presidente del Consiglio sta in queste ore enumerando davanti ai parlamentari di Palazzo madama? Chiederà la fiducia, Enrico Letta, alla fine del suo discorso. Difficile prevedere, in un mare in tempesta, i risultati del voto. I cittadini aspettano con ansia la conclusione della giornata parlamentare, che potrebbe segnare delle svolte decisive nella scenario della politica italiana.
Ci guardano, però, anche da fuori, a partire dai partner europei, e chissà se gli abbaglianti di questi punti di osservazione riusciranno ad illuminare o a folgorare le menti di cui non ricordiamo prove di saggezza ormai da tempo immemorabile.