Di seguito pubblichiamo la lettera aperta che Gruppi Folk di Sassari “Thathari”, “Città di Sassari”, “Gurusele”, “San Nicola” e “Sa Pintadera” hanno inviato al sindaco della città e all'assessore alla Cultura. 

Nei prossimi giorni, fanno sapere le cinque associazioni firmatarie del documento, i gruppi si riuniranno per concordare forme di protesta da attuare durante la Cavalcata Sarda se non otterranno riposte concrete da parte dell'amministrazione comunale.


 

Fino a una decina di anni fa, parlare di Sassari e folklore sardo sembrava quasi una forzatura, considerando la città priva di costume, lingua e usanze “conformi” che ne caratterizzassero appunto l’appartenenza a pieno titolo alla comunità isolana.

Rifiutando il luogo comune che riduce la cultura sassarese a “mirinzane in forru”, “ciogga minudda” e “vainnorammara”, senza rinnegare nulla del peculiare spirito “cionfraiolo” e “impiccababbu”, abbiamo riannodato il legame con le radici sarde, allentato nei secoli. Il lavoro che ha coinvolto diversi studiosi e appassionati, ha portato alla ricostruzione, sulla base della documentazione iconografica esistente, di diverse fogge, sia maschili che femminili, dell’antico vestiario della città, presentate ufficialmente nel 2002.

Vengono quindi costituiti i primi Gruppi Folk che iniziano ad apparire in pubblico, istituzionalizzando la loro presenza alle manifestazioni più importanti dell’isola; in seguito i gruppi si consolidano esibendosi abitualmente in feste, rassegne e trasmissioni televisive, in Italia e all’estero, eseguendo i balli tradizionali dell’area logudorese di riferimento.

Se è vero, infatti, che si è persa memoria di balli peculiari del luogo, non per questo è condivisibile la teoria secondo cui Sassari non avesse costumi propri e non si ballassero balli diffusi peraltro in tutta l’isola, ma soprattutto nelle zone limitrofe.

Fantasticare su una Sassari dei secoli scorsi come un contesto avulso dal resto della Sardegna, in cui si parlasse solo un dialetto italiano e si vestisse alla spagnola o alla piemontese, è soltanto esercizio ozioso che non trova riscontro logico e storico.

Gettato quindi il seme su un terreno piuttosto arido, grazie a queste iniziative, pur tra qualche resistenza e ostilità residua, germoglia e fiorisce ora nel capoluogo turritano una nuova coscienza e spirito identitario.

Solo le istituzioni sembra fatichino a considerare il sistema di vestiario tradizionale come una componente della nostra città; le associazioni quasi mai vengono invitate a rappresentarla in occasione dei vari eventi organizzati dall'Amministrazione e anche alla stessa Cavalcata, i gruppi di Sassari vengono considerati non come padroni di casa, ma quasi indesiderati ospiti della manifestazione.

Ne è la conferma il fatto che l'Amministrazione ha deciso quest'anno di ridurre drasticamente lo spazio loro dedicato fino ad arrivare a 40 elementi, obbligando a una mortificante rotazione triennale le varie associazioni.

Superate le divergenze dovute alle diaspore degli anni scorsi e consapevoli della maggiore cooperazione necessaria per perseguire insieme le finalità che ci prefiggiamo, abbiamo così concordato  di elaborare un progetto condiviso di “intergruppo” che stabilirà i parametri di accesso alla manifestazione, da proporre all'assessorato, affinché l'amministrazione riconosca ai gruppi sassaresi lo status di rappresentanti della città per i vari eventi organizzati dal Comune (Cavalcata, etc.). Tali regole avranno come conseguenza una rigorosa selezione dei figuranti in termini qualitativi (rigore nella ricostruzione degli abiti, dei gioielli indossati, portamento in sfilata, etc.) e quantitativi (numero di partecipanti).