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“Le amministrazioni comunali devono farsi carico dei cittadini privati della libertà che lasciano il carcere per accedere a una misura alternativa, come nel caso di una Comunità terapeutica. Senza l’iscrizione anagrafica persone che vivono una condizione di disagio e fragilità dentro un Penitenziario non possono usufruire del sostegno finanziario previsto per le strutture sociosanitarie convenzionate che le accolgono. Insomma un cavillo burocratico sta limitando l’accesso alle misure alternative e sta mettendo diverse strutture riabilitative e terapeutiche in gravi difficoltà”.
Lo sostiene Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, avendo appreso che molti detenuti non possono accedere a misure alternative non essendo “inseriti nelle anagrafi comunali”.
“La normativa vigente – ricorda Caligaris – prevede che i cittadini privati della libertà, eccezion fatta per coloro che sono in attesa di giudizio, ottengano la residenza anagrafica nel Comune dove è ubicato il Penitenziario. In questo modo possono fruire in modo diretto dei servizi e delle prestazioni sanitarie. Quando però lasciano la struttura penitenziaria, in assenza dell’iscrizione d’ufficio nel Comune di residenza da cui provenivano prima della perdita della libertà diventano “soggetti senza fissa dimora” privi quindi di quegli accrediti di carattere amministrativo-territoriale indispensabili per l’erogazione delle rette di mantenimento da parte dell’ATS. Nonostante l’Azienda unica infatti sono in pratica le Aziende Sanitarie Locali ad accreditare la spesa sulla base di quanto disposto dai singoli servizi territoriali”.
“La problematica costituisce un grave limite alla possibilità dei detenuti sardi di accedere alle strutture sociosanitarie nonostante la Magistratura di Sorveglianza autorizzi la fruizione della misura alternativa. E’ quindi necessario che il Ministero degli Interni o quello degli Enti Locali emani una circolare esplicativa sul ripristino della residenza anagrafica originaria dei detenuti in misura alternativa per evitare che ricada sulle singole amministrazioni locali l’onere di farsi carico di atti che, in assenza di chiare indicazioni, possano avere risvolti negativi per i titolari dei servizi. Del resto appare paradossale che un cittadino a cui è riconosciuto un diritto non possa usufruirne – conclude la presidente di SDR – per un cavillo burocratico”. Sulla problematica Giovanna Grillo, direttrice dell’associazione “Casa Emmaus” in località San Lorenzo di Iglesias, ha chiesto chiarimenti alla responsabile dell’Ufficio Anagrafe del Ministero dell’Interno.