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Imparare a gestire il proprio disagio, avere riguardo delle esigenze personali e di ciascuna, saper rappresentare i bisogni controllando le emozioni, promuovere una conoscenza di sé che favorisca la comprensione empatica e contenga l’aggressività. Son alcune delle finalità di Laboratori di Rinascita, il nuovo progetto destinato alle detenute e promosso dall’associazione Socialismo Diritti Riforme in collaborazione con la direzione della casa circondariale di Cagliari-Uta e dell’Area Educativa.
L’iniziativa è ideata e strutturata in sei appuntamenti a cadenza mensile da Maria Cristina Deidda, oncologa palliativista e Cristina Muntoni, docente di Storia della sacralità femminile alla Scuola di Arteterapia assieme a 5 donne tra mediche, operatrici olistiche e infermiere, l’iniziativa, che sarà inaugurata mercoledì 29 gennaio, intende coinvolgere nelle attività le funzionarie giuridico-pedagogiche e le agenti della polizia penitenziaria. Il programma si avvarrà di tecniche di arteterapia, musicoterappia, passi di afrodanza, meditazione con tecnica Osho, tecniche di scrittura rituale e percorsi di rilassamento anche con l’ausilio di cimbali e oli essenziali.
«Si tratta di un programma – ha spiegato Maria Cristina Deidda – teso a costruire la capacità di vivere il disagio evitando di trasferirlo sulle altre persone. L’esperienza del dolore e della frustrazione ha dei risvolti spesso autolesionistici ma non è raro che la persona si trasformi da vittima in carnefice trasformando l’ansia in rabbia e aggressione verbale e o fisica. Esistono tecniche che aiutano a esercitare un controllo sulle emozioni e a realizzare una condizione di serenità che favorisce rapporti meno conflittuali e rivendicativi. L’esperienza della nostra équipe, che lavora nel Day Service di Cure palliative e terapia del dolore nell’Ospedale San Giovanni di Dio, può essere utile in un contesto così difficile come quello del carcere».
Marco Porcu, direttore della Casa Circondariale di Cagliari-Uta ha aggiunto: «Abbiamo accolto con entusiasmo la proposta consapevoli delle problematiche che le donne detenute vivono. Si tratta di un progetto innovativo e ambizioso che inciderà sicuramente in modo positivo in un ambiente dove i conflitti e il disagio psicologico e sociale sono molto marcati».
«La realtà femminile nelle carceri – ha detto Maria Grazia Caligaris, presidente di SDR – è particolarmente problematica per diversi fattori. Nelle donne private della libertà è molto presente il senso di colpa e la preoccupazione per i figli e/o il marito. Anche la scarsa possibilità di avvalersi di corsi di formazione professionale e/o del lavoro esterno aggrava il senso di frustrazione e la tendenza a non accettare lo stato detentivo con atteggiamenti antisociali. Imparare a gestire il disagio è sicuramente uno strumento utile per le detenute, ma anche per chi come le funzionarie giuridico-pedagogiche e le Agenti condividono con loro spazi e tempi».