Nel 2023 sono state stimate in Italia 55.900 nuove diagnosi di tumore della mammella nelle donne, di cui circa 1.500 in Sardegna. Negli ultimi decenni è stato registrato un continuo aumento della casistica, stando ai dati riportati dal Ministero della Sanità. Numeri che continueranno a crescere anche nei prossimi vent'anni con un aumento percentuale dello 0,2% l'anno, e che inquadrano il tumore mammario come la neoplasia più frequente nelle donne.

Trend allarmante, da un lato, accompagnato però da una netta riduzione della mortalità. Nel 2022 sono stati stimati 15.500 decessi, con una percentuale di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi dell'89%. Ciò è stato possibile anche e soprattutto grazie alle sempre più diffuse diagnosi precoci.

Lo screening risulta essere fondamentale nella tempestività delle cure e, quindi, di un esito fausto del percorso terapico.

Ma quando, come e in che modo fare una prevenzione funzionale e adeguata? Ne parliamo con il dr. Gianluigi Luridiana, Chirurgo Senologo presso la chirurgia senologica dell'ospedale Businco di Cagliari, responsabile nazionale per i rapporti con le istituzioni dell'associazione chirurghi Ospedalieri Italiani ed esperto in chirurgia Oncologica e Ricostruttiva.

Casi in continuo aumento. Quanto influisce, sulle statistiche, la diffusione dello screening? E quanto sulla percentuale di sopravvivenza?

“Il collegamento tra screening e dati in crescita relativi alle diagnosi di tumore alla mammella è stato ampiamente dimostrato da diversi studi e lavori scientifici. Sicuramente sono due le componenti di questa curva in salita dei casi. Una è legata all'incidenza stessa del tumore al seno, influenzata dagli stili di vita, dall'alimentazione, principalmente nei Paesi più progrediti, industrializzati, con un livello socio-economico elevato. L'altra, appunto, è rappresentata dalla diffusione delle diagnosi precoci, correlata alla maggior accuratezza e alla maggior capillarità degli esami di screening. Fino a vent'anni fa più o meno, la maggior parte delle diagnosi di tumore della mammella arrivavano dopo una visita clinica o comunque a seguito di un riscontro autopalpatorio di un nodulo, per cui la paziente poi si recava a far gli esami. Ora una grossa fetta di diagnosi proviene dai programmi di screening regionali. Tutte le pazienti fra i 50 e i 69 anni vengono chiamate con cadenza biennale dalle varie Regioni per eseguire una mammografia che poi, eventualmente, sulla base di quanto emerso, potrà essere integrata da un successivo esame ecografico. Un esempio di diagnosi precoci riscontrate in mammografia sono quelle conseguenti alla scoperta di microcalcificazioni, reperti che in base alla forma, al tipo, al numero e alla distribuzione vanno valutate con attenzione perché possono essere il segnale di un tumore in fase iniziale. Ciò fino a due decenni fa non esisteva e quello stesso tumore sarebbe stato trovato solo una volta che la sua progressione avrebbe portato a costituire un nodulo solido palpabile di almeno 1 centimetro, perché i noduli che noi sentiamo durante una visita clinica su una donna che ha delle mammelle di taglia normale o media sono di quella dimensione minima”.

Importanza della prevenzione quindi. Ma quando farla, e come?

“Lo screening su base regionale è a cadenza biennale e riguarda appunto le donne di età compresa fra i 50 e i 69 anni, ma non è la prevenzione ideale che andrebbe messa in atto secondo quelle che sono le linee guida riconosciute. Per una paziente che non ha precedenti né familiarità, la prima mammografia andrebbe fatta a 40 anni e dovrebbe sempre essere accompagnata da un esame ecografico e da una visita senologica. Mammografia ed ecografia vanno fatte entrambe. L'ecografia non è sempre solo un approfondimento della mammografia, si tratta di due esami complementari e diversi, alcuni tumori infatti si vedono solo in mammografia e altri tumori si vedono solo in ecografia. Questi tre esami andrebbero effettuati con cadenza annuale fino ai 70 anni, dopo di che può essere presa in considerazione l'idea di fare solo la mammografia con cadenza biennale nei casi in cui non ci sia familiarità o un precedente anamnestico della paziente stessa. Nei casi in cui invece è presente una familiarità, la mammografia, l'ecografia e la visita senologica andrebbero anticipate ai 35 anni. Sotto i 40 anni in assenza di familiarità non c'è necessità di fare mammografia, l'ecografia invece è consigliata con cadenza annuale. Perché? Per esempio, nel caso di una paziente affetta da fibroadenomi giovanili o displasia cistica, i controlli risultano importanti non perché i fibroadenomi, che sono tumori benigni, possano trasformarsi, ma perché una mammella con fibroadenomi o con displasia cistica, quindi con addensamenti e cisti, può nascondere e mascherare l'insorgere di altro. Per quanto riguarda l'autopalpazione, si tratta di una procedura che andrebbe fatta sempre, dalle stesse pazienti, come procedura complementare, ovviamente non sostitutiva di quanto detto fin qui”.

Tanti casi, ma anche un'altissima percentuale di sopravvivenza. Si può essere ottimisti oggi, dopo la diagnosi?

“Assolutamente sì. Parliamo del tumore più frequente nel sesso femminile, e uno dei due tumori più frequenti in assoluto insieme al tumore del colon-retto. Sul tumore alla mammella sono stati fatti enormi passi avanti dal punto di vista delle terapie e quindi della sopravvivenza appunto, che a 5 anni dalla diagnosi è dell'89%. Si consideri che quell'11% che non ce la fa comprende la paziente che arriva ormai in uno stadio troppo avanzato, la paziente che magari non può fare tutto il percorso terapeutico sia dal punto di vista chirurgico sia dal punto di vista medico per via di comorbidità, oppure ancora l'insorgenza di altre problematiche, quindi comunque un tasso di sopravvivenza elevatissimo che è dovuto sia alla prevenzione e quindi al fatto che per fortuna riusciamo a diagnosticare i tumori in una fase molto molto più precoce rispetto a prima e sia a terapie mediche, terapie immunologiche mirate, terapie basate su farmaci che hanno meno effetti collaterali e farmaci biologici che hanno dei bersagli mirati. Noi come chirurghi inoltre abbiamo visto un grande improvement nel poter utilizzare tecniche meno invasive che consentono spesso la conservazione della mammella oppure, quand'anche la mammella va sacrificata, tecniche ricostruttive che sono anni luci avanti rispetto a quanto era realizzabile fino a pochi anni fa. È cambiato anche il tipo di tecnica di ricostruttiva: in precedenza si operava sempre una ricostruzione retromuscolare, ora in molti casi si riesce a inserire la protesi sopra il muscolo, con un effetto estetico molto più gradevole e una conservazione, quando possibile, del complesso areola-capezzolo che comporta molti meno fastidi e, in più, unendo intervento demolitivo e ricostruttivo in un unico tempo. Io per esempio riesco nella maggioranza dei casi a portare a termine questo procedimento tramite una piccola incisione sottomammaria, senza perciò una cicatrice visibile”.

Intelligenza artificiale per prevenire il tumore al seno, cosa ne pensa?

“Se l'intelligenza artificiale interviene per mettere insieme notizie che arrivano dagli esami strumentali, dall'analisi della paziente, con degli algoritmi che possano aumentare il grado di sospetto e indirizzare verso un approfondimento diagnostico, sicuramente è utile perché questa è un'operazione che l'IA può eseguire in meno di un secondo, per l'uomo può essere più farraginoso unire e rielaborare tante informazioni. Credo che al momento comunque non si possa prescindere dalla diagnostica strumentale. L'intelligenza artificiale dovrebbe avere sempre dei dati che in ogni caso arrivano dai controlli clinici. Non bisogna dimenticare poi che la mammografia viene eseguita da un tecnico, si tratta di radiografie che poi vengono valutate sia a distanza di tempo sia di spazio da un medico radiologo, l'ecografia poi è un esame che richiede un operatore, e questi sono aspetti che ora non possono essere ancora ricalcati dall'intelligenza artificiale che può essere sicuramente di supporto nell'individuare dei setting di pazienti più a rischio”.