Un presidio di forze dell'ordine ha atteso questa mattina davanti al palazzo del Consiglio regionale, sotto i portici di via Roma, l'arrivo dei manifestanti della Rete Pratobello 24, che sostiene la legge di iniziativa popolare promossa da 211mila sardi, nel giorno in cui si aprono i lavori sul ddl 45 sulle aree idonee a ospitare impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Da questo pomeriggio alle 16 e fino a venerdì i comitati territoriali contro l'eolico piazzeranno tende e daranno vita a un presidio che si stopperà per il weekend e proseguirà a oltranza dal prossimo lunedì 11 novembre. Lo conferma l'avvocato Michele Zuddas, referente della Rete, presente già questa mattina all'apertura dei lavori sulla variazione di bilancio: "Oggi è una data simbolica perché inizia l'iter di quella legge che noi non vorremmo mai vedere approvata e nemmeno discussa - sottolinea ai microfoni dei cronisti in sala stampa -, perché è una legge che consegnerebbe la Sardegna alle multinazionali e allo Stato italiano, diventeremmo effettivamente e ufficialmente colonia, questo è il sunto dell'atto politico nascosto dietro la legge sulle aree idonee".

"Noi presidiamo - spiega - perché vogliamo che la legge Pratobello segua un iter democratico, che significa dare anche valore politico al fatto che è una legge che ha raccolto 211mila firme". L'avvocato respinge seccamente le dichiarazioni rese ieri sera dalla stessa presidente della Regione Alessandra Todde su una collaborazione con i comitati per migliorare il testo del disegno di legge: "Non ha collaborato con noi, non ha collaborato con i comitati della Pratobello 24 - risponde - semplicemente perché noi non collaboreremo mai con chi vuole svendere la Sardegna. Quindi qualsiasi tentativo di associarci a chi collabora per la legge sulle aree idonee naufraga miseramente". Per Zuddas "la protesta trascende addirittura la legge Pratobello, perché si vuole porre come argine a difesa della democrazia, perché laddove una presidente disprezza l'esercizio democratico di una legge di iniziativa popolare, forse è venuto il momento di dirci chiaramente che mancano le basi politiche, ma anche giuridiche per difendere la democrazia all'interno delle istituzioni".