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Nell’ultima settimana il caso di Gilberto Contadin, 20 anni, che ha rifiutato un lavoro da animatore a Rimini, ha acceso un ampio dibattito: sfruttamento o gavetta?
Il giovane ha denunciato sui social le condizioni dell’alloggio e lo stipendio di 650 euro mensili, scatenando migliaia di commenti e mettendo in luce un possibile scontro generazionale sul modo di intendere il lavoro.
Gilberto era partito con l’idea di vivere la sua prima esperienza professionale e di crescita personale. Ma, dopo appena un’ora dal suo arrivo, ha deciso di andarsene: lo stipendio previsto non era di circa 1.300 euro, come inizialmente pensava, ma di 650 euro, perché oltre 700 sarebbero stati trattenuti per vitto e alloggio. Alla vista della sistemazione momentanea assegnata, ha scelto di lasciare tutto e di raccontare l’accaduto su TikTok, in un video che ha superato 1,5 milioni di visualizzazioni e numerose condivisioni.
Il caso ha riportato l’attenzione sulle condizioni lavorative degli animatori turistici e sugli alloggi forniti dalle strutture, dividendo nettamente l’opinione pubblica.
Le reazioni
Molti utenti si sono schierati dalla parte di Gilberto: “Hai fatto bene, non farti sfruttare”; “Dovrebbero fare tutti come te” e ancora “Lasciamoli senza personale, così forse capiranno”
Altri, invece, lo hanno criticato duramente: “Peccato, hai perso un’occasione unica, a prescindere da stipendio e alloggio”; “L’ho fatto per 15 anni con molto meno, sono viva e vegeta”; “Alla tua età va più che bene: bisogna fare sacrifici”; “Anch’io ho fatto tirocini pagati solo con il rimborso spese, servono per fare esperienza”.
La posizione di Gilberto Contadin
Nel video, il 20enne spiega: “Non ci sto a vivere in queste condizioni: sottopagato, sfruttato e con il rischio di prendermi malattie. Mi hanno detto che sono troppo sensibile e non ho spirito d’adattamento, ma sfido chiunque a vivere un mese lì. Sono scappato. Qualcuno dovrebbe intervenire.”
La replica del datore di lavoro
In un’intervista al Corriere della Sera, il datore di lavoro ha espresso dispiacere per la gestione della vicenda: “Peccato non ci abbia contattato direttamente. Ha raccontato molte cose inesatte: è rimasto nella struttura solo un’ora. Era stato accolto dalla capo animatrice, che gli aveva chiesto di sistemarsi momentaneamente nella sua stanza e di farsi una doccia mentre preparavano quella assegnata a lui. A quel punto lui ha scattato foto della camera della capo animatrice in cui avrebbe dovuto trascorrere qualche ora. Ha fotografato il bagno comune e non quello personale. Poi se ne è semplicemente andato. Ha girato il video in stazione a Viserbella ed è partito”.
Una questione culturale?
Parte del dibattito nasce proprio da un’abitudine radicata: per molte generazioni, "per fare curriculum", accettare stipendi bassi, alloggi precari e lunghi orari di lavoro è stato normale. Quasi un passaggio obbligato per “farsi le ossa”. Oggi, però, una parte dei giovani non accetta più questo compromesso, mettendo in discussione un sistema che, per troppo tempo, è stato considerato la norma solo perché “è sempre stato così”.
Il dibattito resta aperto: si tratta di sfruttamento o di una gavetta che le nuove generazioni non sono più disposte a fare?