Da mezzo secolo Luigi Tenco non c’è più, ma la sua arte è sopravvissuta al tragico epilogo che lo vide suicida in una camera d’albergo il 27 gennaio del 1967.

Aveva cantato sul palco di Sanremo, poco prima, e tra le mille ricostruzioni di verità mai giunte ad un'unica conclusione circa il movente del suo gesto, quel colpo di pistola pose fine ad una giovane  vita e ad un talento che avrebbe potuto regalare ancora molto alla musica italiana, leggera o d’autore che fosse stata.

Non c’è interprete in Italia che non abbia “indossato” almeno una volta una canzone di Tenco, non c’è repertorio che non abbia valorizzato i suoi versi scavati e imbrigliati a malinconiche melodie.

Vedrai vedrai”, “Lontano lontano”, “Mi sono innamorato di te”, “Se stasera sono qui”, “Ciao amore ciao”, “Ragazzo mio” sono solo alcuni dei titoli che hanno fatto storia, che hanno cantato amore e disperazione, che hanno rivoluzionato nei contenuti e nelle profondità il modo di scrivere e interpretare le canzoni, aprendo di fatto la strada ai cantautori più o meno impegnati che ne avrebbero raccolto la semina.

“Non posso essere innamorato dell’amore. L’amore è importante finché c’è. Quando non c’è non esiste”, aveva detto dichiarato nell’ultima intervista a “Sorrisi e Canzoni”.

Ornella Vanoni delle sue canzoni è stata la più accorata divulgatrice, colei che ha impresso, con la sua voce, il sentimento che quei versi nutrivano. A Cagliari, pochi mesi fa, la cantante ha rivelato la sua versione rimasta sepolta per tanti anni, riguardante la morte di Luigi Tenco.

<<Io non posso credere che una persona si ammazzi lasciando un biglietto con la scritta “Io non posso vivere in un Paese dove c’è Orietta Berti”. Non ci credo. Tenco non era un cretino. Io soltanto so com’era Luigi quella sera, poco prima di morire. Ero molto timida e Tenco era molto timido. Era a Sanremo, c’era anche Dalida e lui doveva duettare con lei. Non era il grande amore che han fatto nel film. Era l’inizio di un flirt, forse di un amore ma era l’inizio. La canzone che Luigi aveva scritto non aveva quel testo, era un testo più forte: la Rai lo ha proibito. Lui è andato lo stesso, ma controvoglia, già deluso. Tenco era un perdente. Vicino a Gino io ho sempre notato che lui era un perdente. A un certo punto gli sono andata vicino e gli ho detto: “Luigi mi raccomando in televisione bisogna tenere gli occhi aperti se no non arriva niente alla gente”. Ha aperto gli occhi aperti e sembrava un gufo. Aveva preso 4 pasticche o cinque e una bottiglia intera di vodka. Quindi era fatto, fuso. Io mi sono preoccupata. Sono corsa subito da quelli della RCA e ho detto “State vicini a Luigi perché sta malissimo”. Cosa è successo? Ha cantato da cane, ma da cane veramente. Poi è uscito e ha litigato con Dalida. Lei gli ha detto “hai cantato da cane”, lui le ha detto “hai cantato come una serva”. Poi cosa sia successo dopo non si sa. Certo era fuso. Ha parlato per ultimo con la sua ragazza, al telefono e poi si è sparato. Suo fratello pur di tirarla a lungo ha tirato in ballo la Cia. Cosa c’entra la Cia con Tenco? Adesso Luigi è un angelo, come dice De Gregori>>.

I funerali di Tenco si svolsero in una fredda mattina a Ricaldone da Recco, un paese tra le colline dove lui era stato ragazzo. I cantanti che la notte del suicidio avevano pianto e urlato non c’erano e non avevano mandato nemmeno un fiore. C’era soltanto Fabrizio De Andrè, che per primo e più degli altri compose una bellissima canzone per l’amico tragicamente scomparso.

Scrisse un giornale dell’epoca: <<Il freddo