PHOTO
Un filo che lega i sentieri della tradizione orale. Un viaggio nel tempo per ridefinire i contorni di un sapere capace di restituire informazioni sui miti e i riti che hanno tracciato il percorso. Una raccolta di appunti che spazia nei vari argomenti che hanno il colore della Sardegna e in altri che invece rivelano aspetti di luoghi lontani. L’analisi condotta da Joyce Mattu, antropologa e ricercatrice di Ovodda, attraversa il suo ultimo libro che ha per titolo “Diosa, Bundu, Carrassegare”, un saggio storico - antropologico sulle maschere, sul ballo e altri riti della Sardegna e del mondo edito da Alfa Editrice. Joyce Mattu, cresciuta in Barbagia e a stretto contatto con i portatori di cultura, “guarda” al mondo delle tradizioni popolari con la forza naturale di chi le rappresenta: <<Il “vissuto” è la chiave che apre le porte della conoscenza e della comprensione. Cosa può saperne uno studioso di quanto sacra è la danza per un ballerino che la esegue, di quanto è viscerale il cantare per “su tenore” o dello stato di ebbrezza che vive un ragazzo quando indossa la maschera?>>. L’autrice individua i limiti di una ricerca basata sulla storia delle idee e delle citazioni acritiche senza verifiche che pretendono “spiegare” riti e credenze con teorie spesso bizzarre e studi cosiddetti scientifici: <<Sono convinta che un antropologo debba fare ricerca sul campo, immergendosi nella “verità” del racconto, vivere lo stretto rapporto soggetto-oggetto studiato. Io ho scelto di immergermi nel vissuto, di vivere la cultura praticata.>> La ricercatrice ovoddese passa in rassegna gli argomenti del “sempre” con uno spirito nuovo poiché filtrato da un diretto coinvolgimento di partecipazione. <<La tradizione continua a riemergere e a raccontarci la storia -spiega Joyce Mattu- dimostrandoci quali sono state le stratificazioni culturali che si sono succedute nel tempo. Gli elementi che la sorreggono continuano ad avere i pilastri fondamentali legati alla madre terra e non ai riti ricollegabili a Dionisio>>. I temi riguardanti le maschere del carnevale barbaricino, “s’accabbadora”, le cure della medicina popolare, le janas, la figura e la simbologia della dea madre, il don Conte del mercoledì delle ceneri, trovano linee inedite di valutazione che rimandano all’analisi che si nutre di un’infanzia che ha suggerito, di fonti bibliografiche e iconografiche che hanno descritto e di testimonianze dirette che ancora possono far vivere la memoria. Un viaggio che si apre ai confini del mondo: <<Ovunque rivolgo il mio sguardo -conclude Joyce Mattu- come ad esempio in Africa, nei Balcani, in Kurdistan, in Bretagna, mi trovo sempre a casa.>> Roberto Tangianu